supermercato

Quanto è stressante fare la spesa in Germania!

Sapevo che crescere sarebbe stato difficile, mamma lo diceva sempre. Ma non avrei mai immaginato che dover fare la spesa in Germania mi avrebbe causato più ansia di un esame universitario.

A diciannove anni ho lasciato la mia bella e calda Sicilia per trasferirmi nella umida e nebbiosa Modena. Detta anche Silent Hill, per chi conosce l’omonima saga di videogiochi. Tra lezioni in università e studio in biblioteca, le uniche ore di svago erano quelle che mi concedevo per fare la spesa. Non avrei mai pensato che un momento così di relax si sarebbe ben presto trasformato in un incubo quando mi sono trasferita in Germania.

Erlangen è una cittadina tranquilla, ma i suoi supermercati no

Arrivata ad Erlangen nel (non così tanto) lontano ottobre 2018, l’aria era fresca, alcune foglie sugli alberi tentennavano nel cadere e io mi sentivo spaesata ma felice. Era una domenica pomeriggio e, non conoscendo ancora nessuno, ho chiesto al mio Buddy – Pino, un tutor che l’università mi aveva assegnato – di farmi compagnia. “Oggi i supermercati sono chiusi, è domenica!”, mi dice ridendo sotto i baffi. Un po’ delusa, ma comunque contenta di essere stata salvata dalla ricerca matta e disperatissima di un supermercato, rimando la mia gita al giorno dopo. “Good Luck”, le ultime parole di Pino. Mi sono bastate meno di 24ore per capire a cosa si riferisse.

Scrivere una lista della spesa infinita è stato il primo errore

Ore 10 del giorno successivo.  Scrivo accuratamente ogni cosa di cui ho bisogno. Pronta: zaino in spalla – vuoto – e una serie di borsette richiudibili a mo’ di palla che mamma, insistentemente, ha messo in valigia “perché non si sa mai”. Lei in fondo sapeva, non so come, ma lo sapeva. Mi dirigo verso il supermercato Aldi che mi aveva consigliato Pino dicendo che lì avrei trovato tutto senza problemi. Prendo il carrello, una delle poche scelte sagge che abbia fatto nella mia vita, e mi dirigo verso l’entrata.

Entro e vivo subito un senso di spaesamento: gli scaffali sembrano riempiti in maniera casuale. Le mandorle tostate vicino alla farina, la carta igienica vicino le uova. Devo fare il giro del supermercato ogni volta che cerco un articolo, spesso anche due. Ma non solo: mi sembra di essere entrata nel set di Malati di Risparmio: corrono tutti, perfino la signora ottantenne, ma con l’aiuto di un carrello usato come una macchinina al luna park.  Tutti sono alla ricerca delle offerte migliori prima che le scoprano gli altri. Lo scaffale con 8 rotoli di carta igenica unico velo a 3.50 € mi sfumano davanti agli occhi come BeepBeep davanti a un tranello di Willy il coyote.

Dopo un’ora abbondante e 2 km secondo il contapassi, prendo l’ultimo articolo della mia lista e vado alla cassa. L’ansia che mi sale alla vista di quella maratona d’acquisti è alta, ma a posteriori posso dire che è niente in confronto a ciò che avrei vissuto qualche minuto più tardi.

“Liebe Kunden, Kasse 3 schließt. Bitte nicht mehr anstellen”

Mi avvicino alla zona casse. Ce ne sono due aperte, ma la fila è lunghissima non solo di carrelli, ma anche di persone con decine di prodotti tra le braccia, persone che avrebbero potuto prendere il carrello, ma che amano fare gli equilibristi. Sto per scegliere la cassa due quando una luce si spegne e un’altra si accende mentre dall’altoparlante si dice che la cassa tre chiude e quella 2 apre: “Liebe Kunden, Kasse 3 schließt. Bitte nicht mehr anstellen, wir öffnen Kasse 2 für Sie”.  Nella mia testa inizia Red Light, Green Light cantata da Duke Dumont (vi consiglio di ascoltarla, ma non al supermercato) e al suono di “Liebe Kunden, ” mi lancio verso il nastro. Con non poche difficoltà inizio a sistemare la spesa. Di solito mamma segue un ordine ben preciso: le cose pesanti vanno davanti, quelle che invece si rompono le metti alla fine così staranno sopra. E ricordati le uova! Quelle vanno posizionate sempre per ultime.

Una lotta contro il tempo

È quasi il mio turno. C’è solo una signora davanti a me. La cassiera la saluta mentre ancora sta mettendo gli spicci nel portafoglio. Guardo la signora, ma subito il rumore del passaggio del codice a barre sulla cassa attira la mia attenzione. È già il mio turno. In pochi attimi vengo sommersa dalla mia spesa. Non c’è spazio per tutto. Inizia un secondo piano di prodotti. È una vera catasta. Metà della mia spesa è su una piccolissima parte della cassa e sta per cadere a terra. Provo ad imbustare nel mio zaino, ma sono troppo lenta. Inizio a sudare. Riempio lo zaino fino all’orlo e solo quando è pieno mi rendo conto che le borsette richiudibili di mamma sono in fondo. Vorrei dire una parolaccia, ma mi trattengo. Cercando di non suscitare l’ira della cassiera le chiedo in un tedesco arrancato se può darmi una busta. Me la dà. Sul suo volto intravedo una vena che diventa sempre più pronunciata ogni secondo che passa. È quella che spunta ogni volta che stai per perdere le staffe. Ha le sue buone ragioni: probabilmente per colpa mia sta perdendo il record settimanale di cassiera più veloce dell’Aldi in centro a Erlangen, un titolo che sicuramente esiste e viene assegnato periodicamente. Dice qualcos’altro che, presa dal panico, immagino sia “Vedi di prendere tutte le tue cose subito o quelli dietro te la faranno pagare prima o poi”. Per un attimo dedico la mia mente al fatto che quando il giorno prima avevo deciso di andare fare la spesa non sapevo che sarei stata parte di un gioco a cui non avevo chiesto di partecipare . Una volta tornata a casa, avrei scoperto di non essere l’unica vittima, ma in quel momento sono sola con il mio problema.

Fino all’ultimo respiro

Cambio strategia. Lascio stare la catasta di ciò che non ho fatto in tempo a imbustare e mi concentro sull’attualità. Mentre la cassiera passa i prodotti sotto lo scan il più velocemente possibile, io li prendo al volo gettandoli dentro i sacchetti.  Sto ancora insacchettando le ultime cose quando “vierunddreißig euro, bitte”. Cerco velocemente il portafoglio, che fortunatamente avevo preso prima dell’inizio del gioco – altrimenti sarebbe insieme alle borsette richiudibili di mamma. Pago. Mi lancia lo scontrino e di nuovo “Tschüsssss – Haloooo”. Capisco che il gioco è appena iniziato per qualcun altro e che devo lasciare la mia postazione il prima possibile, o quel qualcuno mi butterà per terra pur di stare in pole position.
Sono stremata, non è stato per niente rilassante fare la spesa. Torno a casa trascinando le buste e portando in spalla uno zaino. Sembro un boy scout alla fine di una lunga giornata di cammino alla ricerca di un posto dove riposarsi.

Supermercato che vai, cassiera che trovi. Tranne in Germania, qui sono tutte uguali

Decido che questa prima esperienza non deve spaventarmi, così nei giorni successivi vado in un supermercato più piccolo comprando solo una bottiglia d’acqua e un panino. Avevo ancora paura.

Arrivo alla cassa e osservo tutti prima di me. Li vedo i tedeschi con la gocciolina di sudore che scende dalla fronte e le cassiere che si rimboccano le maniche per superare, anche questa volta, il loro record settimanale. La vedo l’ansia da prestazione nei clienti. Davanti a me un ragazzo italiano al telefono dice “Oh mà, ti lascio che mo tocca a me. Sì sì, devo andare mà, ciao. Te devo salutà!!” e riattacca. Inizia il gioco: tizio italiano contro cassiera. Chi vincerà?

È andata bene, ma ho ancora l’ansia da prestazione

Ho trascorso un anno a Erlangen e non ho mai fatto la spesa senza ansia da prestazione, anche quando compravo soltanto un pacco di patatine. Secondo me gli autori di Squid Game avrebbero potuto prendere spunto da questo “gioco” per realizzare la loro serie tv. Glielo proporrò per la seconda stagione.

E questa è la storia di come è iniziata l’ansia da prestazione che mi accoglie ogni volta che sto per entrare al supermercato. Ancora oggi che a distanza di due anni e mezzo sono tornata in Germania, questa volta a Berlino. L’ansia è tornata, o forse non se n’è mai andata?

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