La storia di Otto Warburg il biochimico gay ed ebreo accusato di aver collaborato con i nazisti
Otto Warburg, il biochimico gay di origine ebraica accusato di collaborazionismo con il regime nazista
Ore prima che la Germania nazista invadesse l’Unione Sovietica nel 1941, il leader delle SS Heinrich Himmler convocò a Berlino i suoi subalterni per discutere delle sorti di Otto Warburg, un biochimico gay di origine ebraica. L’obiettivo dell’incontro non era per decidere come “sbarazzarsi” di lui. Al contrario, i nazisti credevano che questo scienziato potesse salvare il Reich, liberandolo da una minaccia che temevano tanto quanto ebrei, omosessuali e comunisti: il flagello del cancro. In Germania, infatti, tra il 1876 e il 1910 i decessi per cancro aumentarono del 287%. Dal Führer (sua madre morì di cancro nel 1907) ai leader nazisti, tutti temevano la malattia e adottarono diverse misure per prevenirla e combatterla.
La battaglia nazista contro il cancro
Il regime nazista promosse diverse misure per contrastare la malattia: tentò di limitare il consumo di sigarette e incoraggiò le donne a seguire un percorso di monitoraggio per la prevenzione del tumore al seno. Cercò, inoltre, di eliminare pesticidi e conservanti artificiali negli alimenti. Nel suo laboratorio, Warburg fece scoperte fondamentali su come funzionava il cancro. I nazisti lo lasciarono quindi libero di portare avanti le sue ricerche sul cancro, e ciò gli permise di condurre una vita agiata durante il Terzo Reich. “Mentre i nazisti si facevano strada in tutta Europa”, scrive il giornalista Sam Apple, “radunando e uccidendo ebrei, Otto Warburg si svegliava ogni mattina in una casa elegante colma di oggetti d’antiquariato. Andava a cavallo con il suo compagno e trascorreva le sue estati vicino al Mar Baltico. Secondo un episodio raccontato dal giornalista, un giorno Warburg insultò e cacciò fuori alcuni nazisti che erano in visita presso il suo istituto perché secondo lui “emanavano odori sgradevoli”.
Otto Warburg: un ebreo tra i nazisti
Otto Heinrich Warburg nacque l’8 ottobre 1883 a Friburgo in Brisgovia. Suo padre, il fisico Emil Warburg, era il presidente del Physikalische Reichsanstalt. Warburg studiò con il premio Nobel Emil Fischer e conseguì la laurea in chimica nel 1906. Studiò poi sotto la guida di von Krehl ottenendo la laurea in medicina nel 1911. Durante la Prima Guerra Mondiale prestò servizio nella Prussian Horse Guards. Suo padre era un caro amico di Albert Einstein. Infatti, quando Warburg insistette per arruolarsi nell’unità di cavalleria tedesca durante la Prima Guerra Mondiale, Einstein lo convince a dimettersi, sostenendo che Warburg era troppo brillante per rischiare di morire in guerra. Nel 1918 fu nominato professore presso la Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft (Berlino-Dahlem). Successivamente, nel 1931 assunse la carica di Direttore del Kaiser Wilhelm Institute di Dahlem. Nel 1934 Warburg fu nominato membro straniero della Royal Society di Londra. Ottenne altri riconoscimenti della sua attività scientifica tra cui la nomina come membro delle Accademie di Berlino, Halle, Copenaghen, Roma e India.
Il Nobel per la “scoperta della natura e del funzionamento dell’enzima respiratorio”
La sua notorietà era dovuta soprattutto ai suoi studi sul metabolismo della cellula e sul cancro. Nel 1931 gli fu conferito il Premio Nobel per la sua “scoperta della natura e del funzionamento dell’enzima respiratorio”. Warburg dimostrò come le cellule cancerose siano in grado di vivere e svilupparsi anche in assenza di ossigeno. La sua scoperta aprì nuove strade nel campo del metabolismo cellulare e della respirazione cellulare. Il biochimico era noto anche per la sua smisurata arroganza e la “leggendaria” vanità. Pare, infatti, che quando gli fu conferito il Premio Nobel nel 1931, egli commentò dicendo “era ora”. In un’altra occasione, Warburg convocò uno scienziato a Berlino per discutere la sua ultima teoria. “Non voglio la tua opinione, voglio un pubblico” disse poi al collega. Quando a un altro collega fu chiesto di classificare l’arroganza di Warburg da 1 a 10, il collega ci pensò un attimo prima di rispondere “20”. Nel 1965 Warburg venne nominato Dottore Honoris Causa all’Università di Oxford. Continuò le sue ricerche fino all’età di 86 anni. Non si sposò mai e morì a Berlino nel 1970.
Otto Warburg non fu l’unico ebreo a cercare una cura per il cancro
“Il 14 gennaio 1907 una donna sulla cinquantina si presentò nel mio ufficio (…). Lamentava dei dolori al petto (…). Dopo un esame attento, ho potuto determinare con certezza la presenza di una neoplasia maligna, un tumore canceroso”. Eduard Bloch descrisse così il suo primo incontro con Klara Hitler, la madre di Adolf Hitler. Eduard Bloch nacque a Frauenberg (comune della regione Renania-Palatinato in Germania) nel 1872, da famiglia ebrea. Studiò medicina a Praga e poi prestò servizio come ufficiale medico nell’esercito austriaco. Dopo aver lasciato l’esercito nel 1901, Bloch aprì uno studio medico privato a Linz. Sposò Emilie Kafka da cui ebbe una figlia di nome Trude (nata nel 1903). Durante la sua carriera, Eduard Bloch si guadagnò la reputazione di medico buono e compassionevole disposto a visitare i suoi pazienti nelle loro case. Questo includeva Klara Hitler e suo figlio Adolf Hitler.
La grande devozione di Hitler verso la madre
Dopo la sua emigrazione forzata dalla Germania nazista, in una delle sue testimonianze Bloch descrisse così la madre di Hitler: “Era una donna semplice, modesta e gentile. Era alta, aveva i capelli castani che teneva ben intrecciati e un viso lungo e ovale con occhi grigio-azzurri meravigliosamente espressivi. Dal punto di vista della personalità, era sottomessa, riservata, tranquilla, una devota frequentatrice della chiesa, impegnata nella gestione della casa e, soprattutto, assorta nella cura dei suoi figli e figliastri”. Klara era molto legata ai suoi figli e figliastri, in particolare ad Adolf. In uno dei pochi riferimenti agli affetti umani registrati nel Mein Kampf, Adolf scrisse: “ho onorato mio padre, ma ho amato mia madre”. “Il suo amore per la madre era la sua caratteristica più sorprendente”, scrisse in seguito il dottor Bloch. “Anche se non era un “cocco di mamma”, ha aggiunto, “non ho mai assistito a un attaccamento più stretto”. Sia sua sorella, Paula, sia il dottor Bloch in seguito diedero testimonianza della paziente devozione con cui Hitler si prese cura della madre morente. Nonostante le cure del dottor Bloch, la salute di Klara peggiorò rapidamente durante l’autunno del 1907. Il 21 dicembre 1907, all’età di quarantasette anni, la madre di Hitler morì. Sebbene avesse assistito a molte scene di pazienti sul letto di morte durante la sua carriera di medico, ha ricordato il dottor Bloch, “non ho mai visto nessuno così devastato dal dolore come Adolf Hitler”. La morte di mia madre fu «un colpo terribile», scrisse Hitler nel Mein Kampf. La sua scomparsa lo fece sentire molto solo. Portò con sé la foto della madre anche durante i suoi ultimi giorni nel bunker. Pare, inoltre, che tenesse un ritratto della madre nelle sue stanze a Monaco, Berlino e all’Obersalzberg (la sua residenza alpina vicino a Berchtesgaden). A causa del cancro, Hitler aveva perso l’unica persona per la quale avesse mai provato affetto. Sua madre potrebbe, infatti, essere stata l’unica persona che lui avesse mai realmente amato.
Hitler e il “cancro ebraico”
Rudolph Binion, l’autore di Hitler Among the Germans (1976), ha sostenuto che lo iodoformio era “assolutamente inefficace e costoso e che la soluzione caustica causava un’agonia insopportabile al paziente a cui veniva somministrata, di solito sotto forma di garza imbevuta di idoformio applicata direttamente sulla pelle sopra il tumore”. Binion ha poi suggerito che “la madre di Hitler non sarebbe mai potuta sfuggire all’avvelenamento fatale da un simile trattamento applicatole da un medico ebreo nelle sue ultime settimane di vita e … l’esperienza di Hitler della sua agonia fu la fonte inconscia del suo odio mortale per gli ebrei”. Binion ha proseguito sostenendo che fu per questo motivo che Hitler nei suoi discorsi iniziò ad usare frasi come “cancro ebraico” e “veleno ebraico” per descrivere gli ebrei.
Ron Rosenbaum, l’autore di Explaining Hitler: The Search for the Origins of his Evil (1998), rifiuta questa teoria sostenendo che Hitler in seguito avrebbe inviato a Bloch una cartolina per esprimergli la sua “eterna gratitudine” per tutto ciò che aveva fatto per sua madre. Bloch in seguito dichiarò che Hitler “non gli portava rancore” perché sapeva che aveva fatto il possibile per curare sua madre. La storica austriaca Brigitte Hamann nel suo libro Hitler’s Vienna: A Dictator’s Apprenticeship (1999) ha confermato questa versione.
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Immagine in copertina: Otto Warburg (ottobre 1931) © Bundesarchiv, Bild / Georg Pahl / CC 3.0 da Wikipedia