La Germania rimane il Paese europeo preferito dove andare a vivere per lavoratori qualificati stranieri
Nonostante la pandemia, la Germania si conferma come quarta meta mondiale preferita per lavorare, soprattutto per i lavoratori specializzati
La Global Talent Survey ha elaborato un questionario per comprendere l’impatto a lungo termine della pandemia sul mondo del lavoro. Il Covid-19 sta scoraggiando i lavoratori a trasferirsi all’estero e questo trend ha coinvolto anche la Germania. Nonostante ciò, il paese tedesco rimane comunque la meta europea più popolare per i lavoratori specializzati. Nella classifica generale globale del 2020 si posiziona quarto, dopo Canada, Stati Uniti e Australia, perdendo due posizioni rispetto al 2018. Anche la città di Berlino si ferma alla quarta posizione nella classifica generale, mentre si classifica seconda per chi possiede una formazione universitaria completa o ha svolto un dottorato. La Germania è la meta di lavoro più popolare per kosovari, austriaci e albanesi.
La Germania cerca lavoratori specializzati
Il paese tedesco è alla ricerca di nuova forza lavoro, soprattutto giovane e qualificata. L’aumento dell’età demografica sta spingendo il paese a cercare nuovi lavoratori da inserire subito nel mercato. Si stima che ogni anno la Germania abbia bisogno di circa 400.000 lavoratori stranieri per supplire alle richieste del mercato. A marzo 2020 era entrata in aiuto una nuova legge – il cosiddetto “Fachkräftezuwanderungsgesetz” – per facilitare l’inserimento lavorativo di persone specializzate provenienti da paesi non appartenenti all’Unione Europea. La speranza del governo tedesco è quella di trovare personale per lavori particolarmente richiesti, soprattutto nella cura degli anziani e nelle nuove tecnologie. La nuova legge non è stata esente da critiche, infatti, rimangono esclusi coloro che si trovano già in Germania e godono dello status di rifugiati, categoria fragile a rischio rimpatrio.
L’impatto della pandemia sul mondo del lavoro in Germania
Non c’è da stupirsi se il Covid-19 ha rallentato i flussi migratori. Le restrizioni sulla libertà di movimento hanno disincentivato l’arrivo di lavoratori specializzati stranieri. Oltre a ciò, la pandemia ha comportato un cambiamento nel modo di concepire il lavoro. Si sta sempre più diffondendo la modalità di lavoro a distanza, cosiddetto “smart working”, che ha indubbiamente scoraggiato il trasferimento in paesi esteri alla ricerca di un occupazione. Un altro fattore è stata la chiusura delle ambasciate che ha rallentato il normale iter per ottenere permessi di lavoro. Il personale sanitario è stato parzialmente interessato da questo rallentamento; secondo l’Ufficio tedesco per la migrazione e i rifugiati infatti, tra gennaio a settembre, sono stati approvati 4.500 visti per i lavoratori sanitari.
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Foto di copertina: ©Pixabay