L’influenza dell’Espressionismo e della Nuova Oggettività nell’opera di David Bowie
Tra i vari aspetti della cultura tedesca che hanno influenzato l’opera di David Bowie, un posto di primo piano va sicuramente riservato ai movimenti artistici dell’Espressionismo e della Nuova Oggettività
Come è noto David Bowie trascorse, verso la fine degli anni ’70, diversi anni a Berlino, accompagnato dall’amico Iggy Pop. Ma già prima del suo trasferimento in Germania, alcuni elementi della cultura tedesca lo avevano profondamente influenzato sia nella composizione di testi e musiche sia da un punto di vista puramente estetico. Se, nel primo caso, possiamo citare alcuni aspetti della poetica del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche come uno dei punti centrali nella composizione di molte liriche, nel secondo caso l’influenza di artisti appartenenti alle correnti degli espressionisti e della Nuova Oggettività, sia pittori che cineasti, si è fermata principalmente a un livello estetico.
Ma prima di affrontare l’influenza di questi artisti sull’immaginario visivo creato da David Bowie è bene chiarire, brevemente, la storia e la poetica che caratterizzavano questi due importantissimi movimenti artistici che in Germania hanno avuto il loro zenit.
Un ponte tra interiorità e realtà: l’Espressionismo
La data di nascita dell’espressionismo tedesco si può far risalire al 1905, anno in cui, a Dresda, nacque il movimento Die Brücke (Il Ponte). I suoi fondatori ruppero con le idilliache opere realizzate dagli impressionisti francesi così come da quelle dei neoromantici, dei razionalisti e dei realisti. Tutto quello che questi artisti volevano costruire era, appunto, un ‘ponte’ tra la realtà che li circondava e la loro interiorità, il più delle volte – come testimoniano numerose opere – particolarmente tormentata. Loro intento principale era esprimere l’alienazione che un mondo in cui il progresso tecnologico e la frenesia delle grandi città provocava nell’individuo. Tratto distintivo erano le deformazioni grottesche – a tratti disturbanti – delle immagini dipinte e l’uso di colori violenti atti a creare un’atmosfera ossessiva.
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La poetica espressionista penetrò anche in altri ambiti culturali. Dalla letteratura ai testi teatrali, così come nelle scenografie cinematografiche. Sicuramente due delle pellicole che hanno saputo canalizzare perfettamente il pensiero e lo stile espressionista furono Das Cabinet des Dr. Caligari (Il gabinetto del Dottor Caligari) diretto da Robert Wiene nel 1920 e il colossale (per l’epoca) Metropolis di Fritz Lang realizzato nel 1927. Il primo, con le sue scenografie sbilenche e allucinate è considerato il primo esempio di cinema espressionista tedesco che ha saputo coagulare tutti i principali aspetti del movimento artistico. Il secondo – ambientato in un futuro distopico con le sue architetture vertiginose è, ancora oggi, fonte di ispirazione per moltissimi film di fantascienza (pensate a Blade Runner).
Gli orrori della Prima guerra mondiale e la nascita della Nuova Oggettività
Con la carneficina della Prima guerra mondiale gli artisti sentirono la necessità di allontanarsi dagli eccessi soggettivisti della poetica espressionista per tornare al reale e al quotidiano. Nasce, nella Germania del dopoguerra, il movimento Nuova Oggettività. I pittori di questa corrente, cinici e disillusi, spesso arruolatesi come soldati durante il conflitto, usano l’arte come un’arma per condannare una società malata e corrotta. I corpi mutilati e devastati dalla guerra offrono loro la materia prima per questa invettiva.
Un esempio significativo è lʼopera di George Grosz dove emerge una tensione all’impegno politico e sociale estranea al primo espressionismo, nonostante di quest’ultimo mantenga alcuni elementi stilistici come la descrizione grottesca di alcuni aspetti della realtà. Otto Dix è un altro degli esponenti più importanti di questo movimento. Con i suoi dipinti riesce a esprimere su tela l’abbrutimento spirituale e materiale della Germania post-bellica. Oltre che nel campo della pittura, alcuni esponenti della Nuova Oggettività porteranno la poetica del movimento anche all’interno dei teatri, soprattutto per quanto riguarda la realizzazione delle scenografie per alcuni spettacoli.
L’influenza su David Bowie delle opere degli artisti appartenenti alla corrente della Nuova Oggettività
Il 14 giugno del 1974 David Bowie aprì il Diamond Dogs Tour al Forum della città canadese di Montreal. Il tour, che si svolse solo in Nord America, seguiva la pubblicazione del concept album Diamond Dogs una messa in musica del famosissimo romanzo di George Orwell 1984. Nelle intenzioni dell’artista l’opera sarebbe dovuta essere un musical basato, appunto, sul romanzo dello scrittore britannico. La vedova di Orwell, però, non concesse i diritti ma Bowie non rinunciò e realizzò comunque Diamond Dogs, ispirandosi sempre a 1984, cambiando alcuni aspetti che avrebbero potuto costargli una denuncia.
Nacque così questo concept album in cui Bowie interpreta Halloween Jack – naturale evoluzione di Ziggy Stardust – emblematico personaggio che vive nella post-apocalittica città di Hunger City. Un luogo degradato e distopico, controllato in maniera onnipresente da poteri occulti che ricordano, appunto, il Grande Fratello orwelliano. E proprio per il mastodontico tour che seguì la pubblicazione dell’album, Bowie pescò a piene mani dall’immaginario stilistico espressionista e della Nuova Oggettività.
La scenografia del tour era la ricostruzione della città di Hunger City che costò una cifra di 280.000 dollari, un importo immenso per l’epoca. Con il Diamond Dogs Tour si lasciò alle spalle la semplicità che aveva caratterizzato i precedenti tour dove lo spettacolo vero e proprio era semplicemente la performance dell’alter ego del cantante – Ziggy Stardust – e i suoi numerosi cambi d’abito. Il progetto prevedeva la costruzione di quattro sagome raffiguranti altrettanti edifici, attraversati da passerelle ed elementi praticabili. Grazie a questi espedienti Bowie poteva interagire con gli elementi scenografici.
Per la creazione dell’immaginaria città il musicista si ispirò ad alcuni film espressionisti oltre che a dipinti di artisti della Nuova Oggettività. È chiaro il riferimento alla distopica e futuristica città che appare in Metropolis di Fritz Lang, così come alle allucinate scenografie de Il gabinetto del Dottor Caligari di Robert Wiene. Ma è innegabile che Bowie sia stato pesantemente influenzato anche dal dipinto Metropolis di George Grosz, realizzato nel 1917 e oggi conservato al Museo Nacional Thyssen Bornemisza di Madrid.
Nice shot of the Hunger City stage set from the same account. #theyearofthediamonddogs pic.twitter.com/DMnv3F4kDc
— David Bowie News (@davidbowie_news) April 19, 2020
Per il progetto del Diamond Dogs Tour Bowie non riprese solo l’aspetto visivo degli artisti e cineasti citati. Da Grosz, infatti, l’artista britannico recuperò anche alcune innovazioni scenotecniche che il pittore aveva introdotto nella sua collaborazione con il regista – anch’esso tedesco – Erwin Piscator. Si tratta di alcuni elementi che Bowie fuse con gli elementi scenografici e comprendevano passerelle praticabili, nastri trasportatori e scene sovrapposte e simultanee. L’impianto scenico degli spettacoli del Diamond Dogs Tour rappresentò una grande novità per l’epoca, una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda i concerti di musica rock e pop. Un sentiero tracciato da Bowie che, nel corso degli anni, seguiranno decine di artisti come, ad esempio, i Pink Floyd con i monumentali concerti del The Wall Tour del 1980/1981.
L’influenza dell’espressionismo nell’opera di David Bowie
Non è un mistero che, durante la sua permanenza berlinese dal 1976 al 1978, uno dei luoghi preferiti da Bowie fosse il Brücke Museum. Nel museo, che sorge nel quartiere di Dahlem, sono esposti alcuni dei più importanti dipinti appartenenti al movimento espressionista. E proprio i quadri di questa corrente artistica influenzarono profondamente il musicista britannico che trasmise la sua passione anche all’amico Iggy Pop.
L’influenza dell’estetica espressionista è riscontrabile, infatti, prima che nell’opera di Bowie, proprio in un disco di Iggy Pop. Stiamo parlando della copertina di The Idiot, primo frutto della collaborazione berlinese tra il Duca e l’Iguana, registrato proprio nella capitale tedesca e, che, anche a livello di sound, risente della particolare aria che si respirava nella Berlino divisa dal Muro. Inoltre, lo zampino di Bowie, andava al di là dello semplice ‘dare un consiglio’ nei confronti di un amico musicista. Aveva, infatti, invaso ogni aspetto della produzione dell’album.
L’iconica posa di Pop, infatti, non è un’idea originale, ma rispecchia la passione di Bowie per i quadri espressionisti che aveva ammirato. In particolar modo la prima fonte di ispirazione è stato un dipinto di Erich Eckel intitolato Roquairol esposto, neanche a dirlo, al Brücke Museum.
Eckel realizzo un’altra opera intitolata Roquairol. Si tratta, però, non di un dipinto, ma di una xilografia, oggi conservata al Metropolitan Museum of Art di New York. In questo caso Bowie si servì dell’opera come punto di partenza per l’artwork di uno dei suoi dischi più famosi e innovativi. Stiamo parlando di ‘Heroes’ secondo album della Triologia Berlinese, registrato interamente agli Hansa TonStudio di Berlino, contenente l’omonimo singolo, forse una delle canzoni più conosciute dell’artista britannico.
Lo stile espressionista non influenzò solo il Bowie musicista
Oltre che uno dei più innovativi e leggendari musicisti di tutti i tempi e un eccellente attore Bowie fu anche un dotato pittore. E sicuramente lo stile espressionista giocò un ruolo fondamentale nella realizzazione di quasi tutti i suoi dipinti. Basti vedere un dipinto realizzato da Bowie nel 1977, nel pieno del suo periodo berlinese. Lo stile con cui il bambino pallido fermo sulle scale del condominio in Hauptstraße 155 – dove Bowie e Pop abitavano a Berlino – è reso sulla tela è sicuramente debitore nei confronti delle inquietanti figure nelle opere di esponenti espressionisti come Oskar Kokoschka o proto espressionisti come Edvard Munch.
Vicini alle opere di Egon Schiele – uno dei più disturbanti pittori del movimento espressionista – anche alcuni ritratti di Iggy Pop realizzati da Bowie sempre negli anni trascorsi a Berlino.
Fondamentali sono per Bowie anche i lavori dell’artista Francis Bacon appartenente a quel movimento artistico denominato neo-espressionista. L’artista si accanisce sulla figura umana, la deforma e la violenta in una ricerca dell’ Io interiore dell’essere umano che molto ha ereditato dall’estetica degli espressionisti. Tra le più famose opere di Bacon sicuramente da annoverare una serie di studi sulle teste umane. Anche Bowie si cimentò con una serie dedicata a questa parte anatomica, realizzando ben 47 lavori, denominati DHead. Come Bacon prima di lui, anche a Bowie non interessa l’ indagine anatomica e scientifica del corpo ma vuole indagare l’Io più profondo dell’essere umano. Da Bacon, inoltre, Bowie riprende la deformazione grottesca – e a volte orribile – dei suoi soggetti.
L’importanza degli artisti espressionisti nel percorso e nella crescita artistica di David Bowie è spiegato dall’artista stesso durante un’intervista rilasciata a Uncut Magazine nel 1999: “Fin dalla mia adolescenza ero ossessionato dal lavoro angosciato ed emotivo degli espressionisti, sia artisti che registi, e Berlino era stata la loro casa spirituale. Questo era il nocciolo del movimento Die Brucke, Max Reinhardt, Brecht e dove avevano avuto origine Metropolis e Il gabinetto del Dottor Caligari. Era una forma d’arte che rispecchiava la vita non per evento ma per umore. Era lì che sentivo che il mio lavoro stava andando”.
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Immagine di copertina: David Bowie – Copertina di ‘Heroes’ (1977) Screenshot da YouTube