Gerda Taro, la leggendaria fotografa tedesca che firmò molti scatti di Robert Capa
Gerda Taro è ricordata per essere stata la prima fotografa donna impegnata in prima linea. E la prima, purtroppo, ad aver perso la vita in guerra. La sua vita, breve ma intensa, è contraddistinta dal suo impegno antifascista e dal legame con il fotografo Robert Capa
Gerta Pohorylle, più conosciuta come Gerda Taro, è la prima fotoreporter donna ad aver documentato la frontiera di guerra e ad aver perso la vita sul campo. Nata a Stoccarda nel 1910 da una famiglia borghese ebrea galiziana. Nel 1929, poco prima dell’inizio dell’era nazista, si trasferì con la famiglia a Lipsia. Durante l’ascesa di Hitler e del partito nazista Gerda si schierò apertamente con la sinistra. Al punto che nel 1933 venne incarcerata per una campagna contro il governo nazista. Una volta rilasciata lei e la sua famiglia sono stati costretti a dividersi in varie parti di Europa. La fotografa arrivò a Parigi nel ’34 per sfuggire al dominio di Hitler. Un anno dopo incontrò Endre Friedmann, più noto come Robert Capa, di appena 2 anni più giovane e fotografo; aveva francesizzato il suo nome in André e già raggiunto una certa notorietà. Capa passerà alla storia come il più importante fotografo del 20 esimo secolo. I due divennero assistenti e amanti. Per un periodo Capa e Taro lavorarono usando film fotografici simili, rendendo difficile distinguere gli scambi di una o dell’altro. Gerda Taro verrà ricordata per essere stata la prima fotografa donna impegnata in prima linea e la prima, purtroppo, ad aver perso la vita in guerra. Durante un trasferimento il camion su cui viaggiava si scontrò con un altro mezzo e lei, cadendo, venne travolta da un carrarmato. Trasportata all’ospedale di Brunete ancora in vita, morì dopo poche ore il 27 Luglio 1937. La sua scomparsa venne accolta con grande partecipazione in tutto il mondo, in particolare dalla comunità artistica parigina. Il Fronte Popolare francese le organizzò un lungo corteo funebre per trasportare la sala fino al cimitero di Père-Lachaise dove sarà sepolta. La pietra tombale fu disegnata per lei da Alberto Giacometti, ma i nazisti, una volta occupata Parigi, non persero l’occasione di sfregiare la sua tomba distruggendola. Morta per la libertà e la fotografia. Oggi la sua lapide porta solo il suo nome, Gerda Taro, e le due date 1911-1937.
Immagine: Screenshot da Yotube
La storia d’amore e professionale tra Gerta Pohorylle e André Friedmann è tra le più note del 20esimo secolo. Ecco la storia di due giovani ragazzi che hanno cercato di immortalare la realtà dei crudi anni ’30 dello scorso secolo
No, non è iniziata con una fotografia la storia d’amore tra i due fotografi di guerra più famosi dello scorso secolo. Nel 1934 Gerta Pohorylle, una rossa minuta con un sorriso accattivante e un modo sicuro di sé, arrivò a Parigi. Nello stesso anno André Friedmann, un fotografo ungherese in esilio a Parigi, venne incaricato di scattare foto per un opuscolo pubblicitario di una compagnia di assicurazioni sulla vita svizzera. Alla ricerca di potenziali modelli, si avvicina a una giovane rifugiata svizzero, Ruth Cerf, in un caffè sulla riva sinistra e la convince a posare per lui in un parco di Montparnasse. Poiché non si fida completamente del giovane trasandato, Ruth porta con sé la sua amica Gerta. Inizia così la relazione più iconica nella storia della fotografia, con una trama intricata e complessa di politica radicale e coraggio che, negli anni successivi, ha assunto le ombre di un mito moderno. Friedmann e Pohorylle iniziarono a collaborare e dopo un periodo passato nel sud della Francia si innamorarono. Di ritorno a Parigi, Gerta suggerì di passare entrambi per assistenti del noto (ma inesistente) fotografo americano Robert Capa. L’assonanza del nome con quello del celebre regista Frank Capra e l’aura che circondava i fotografi d’oltreoceano permise a Friedmann-Capa e Gerta-Gerda Taro di ottenere maggiore attenzione. Le loro foto erano firmate indifferentemente Capa o Taro: questo rende ancora oggi difficile distinguere quelle dell’uno da quelle dell’altra. Capa e Taro viaggiarono e lavorarono da pari a pari. Le loro visuali sul mondo erano così allineate da essere spesso imprescindibili l’una dall’altra. Sebbene Taro lavorasse spesso all’ombra di Capa, gettò un’ombra tutta sua e si fece un nome indipendente da quella del suo partner. La coppia non era solo legata da un amore autentico ma anche da un forte impegno antifascista.
Immagine: Screenshot da Youtube
“La ragazza con la leica” – Helena Jackeczek, Premio Strega 2018
Il romanzo di Helena Janeczek “La ragazza con la Leica” ha vinto il Premio Strega 2018. La scrittrice dopo un’incessante ricerca ha ricostruito la vita di Gerda Taro. La storia valorizza le conquiste della Pohorylle, sia dietro al nome di Capa che sotto il suo stesso pseudonimo Taro, collegando le sue lotte e sacrifici a quelle di altre donne che sono state ingiustamente dimenticate dalla storia. Janeczek mette insieme una foto del suo soggetto, morto in Spagna nel 1937, attraverso testimonianze immaginarie di amici e amanti della vita reale. Evita lunghe descrizioni “fotografiche” dando la priorità alla voce, al dialogo e al monologo interiore. Ovvero a tutto quello che le immagine non riescono a dire. Il luogo stesso delle azioni rimane un mero insieme di impressioni di fondo. Un momento l’azione è a Barcellona, poi a Parigi, poi a Roma, poi a Belgrado. Mentre il romanzo può essere disorientante, lo stile di Janeczek ha probabilmente senso come riflesso della natura caotica e peripatetica della sua protagonista. Taro, ci viene detto, era una donna ossessionata da “transizioni, fasi, capitoli” e “dall’urgenza di voltare pagina”. Se il tentativo di rappresentare queste tendenze viene spesso a scapito del flusso narrativo, il romanzo nel suo insieme è un audace tentativo di catturare la vita di una donna rivoluzionaria il cui impegno per la libertà si è tenuto saldo contro i dogmi del suo tempo.
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Immagine di copertina: Screenshot da Youtube