#freemama: figlia si batte per la mamma iraniana-tedesca misteriosamente imprigionata in Iran

Attivista iraniana-tedesca arrestata a Teheran. La figlia lotta per vederci chiaro: da quasi due mesi non sa più nulla di sua madre

Nahid Taghavi, attivista 66enne iraniana-tedesca per i diritti delle donne è stata arrestata nella sua abitazione a Teheran. Era il 16 ottobre 2020 quando la polizia ha fatto irruzione nella sua casa e l’ha arrestata con l’accusa di “aver messo in pericolo la sicurezza del Paese”. L’abitazione è stata perquisita e gli agenti hanno sequestrato la sua carta d’identità tedesca, il passaporto, il computer, lo smartphone e del denaro contante.

Da allora, la figlia Mariam Claren non ha ricevuto più nessuna notizia sulle condizioni di sua madre. Ogni giorno la preoccupazione aumenta sempre di più, perché Claren la sorte  a cui vanno incontro i prigionieri politici in Iran. Così i social sono diventati l’unica arma di Claren. Ogni giorno pubblica messaggi su Instagram, Twitter e Facebook per diffondere a livello globale la vicenda che lei e sua madre stanno vivendo. #freemama e #freenahid sono diventati hashtag molto popolari.

Chi è Nahid Taghavi: la vicenda nel dettaglio

Nahid Taghavi è un’attivista per i diritti delle donne. È nata in Iran, ma nel 1983 si è trasferita a Colonia, in Germania, dove ha ottenuto la cittadinanza tedesca nel 2003. In seguito alla morte del marito, avvenuta due anni dopo, Nahid Taghavi si è ritirata a vita privata. Così ha iniziato a trascorrere la maggior parte del tempo a Teheran. Qui accudiva i suoi anziani genitori e passava del tempo con gli amici e con i suoi due fratelli. Per quindici anni ha viaggiato tra l’Iran e la Germania senza problemi.

Sarebbe dovuta tornare in Germania all’inizio della primavera, ma lo scoppio della pandemia la spinse a restare del tempo in più a Teheran. A settembre, aveva iniziato a programmare il suo ritorno in Germania. Ritorno che purtroppo non è mai avvenuto.

Il 14 ottobre, Claren ha contattato la madre su WhatsApp per inviarle alcune fotografie delle sue vacanze. Ma la mamma non ha mai risposto. All’inizio Claren era tranquilla, sapeva che la madre aveva subito un intervento odontoiatrico, quindi pensava stesse riposando. Tuttavia, dopo due giorni senza ricevere risposte la figlia ha iniziato a preoccuparsi.

Capendo che la situazione stava diventando strana, Claren ha telefonato ai suoi zii chiedendo di far visita alla madre per vedere se stesse bene. La donna ha dichiarato che quando sono giunti all’appartamento, la casa era in soqquadro, il tappeto era rotto, il suo cellulare, il pc e i suoi documenti tedeschi erano spariti. I vicini hanno confermato che l’avevano arrestata. I suoi zii si sono recati alla prigione di Evin per chiedere informazioni. Gli agenti hanno spiegato che Nahid era in isolamento e che avrebbero dovuto attendere per avere maggiori notizie. Il 23 ottobre la figlia ha anche contattato l’Ambasciata tedesca in Iran per informarli della vicenda.

Da allora i fratelli e la figlia non hanno più saputo nulla. Gli zii di Claren si recano presso la prigione diverse volte alla settimana ma nessuno da loro alcuna notizia. Claren è preoccupata, sono passati quasi due mesi e di Nahid non si sa nulla.

Nessuno può accedere alla prigione e avere contatti con lei. Nessun avvocato o diplomatico tedesco, nessun familiare. La prigioniera ha solo fatto una brevissima telefonata due settimane dopo l’arresto per confermare che era viva.

Il Ministero degli Esteri tedesco ha sottolineato che le autorità stanno facendo del loro meglio per avere notizie della prigioniera. Ma, purtroppo, la doppia cittadinanza è uno status non riconosciuto in Iran. «La Germania non può ignorare questo abuso dei diritti umani e deve intervenire», queste le parole di Claren.

Una buona notizia è giunta negli ultimi giorni. Pare che Nahid abbia ricevuto i farmaci per l’ipertensione, malattia della quale soffre, lasciati dall’Ambasciata in prigione su richiesta di Claren.

La scorsa settimana la donna ha partecipato a una veglia a Francoforte in occasione della Giornata dei diritti umani. Qui ha tenuto un discorso davanti al Consolato iraniano e ha chiesto l’immediato rilascio di sua madre. «Anche se non serve a nulla, è stato d’aiuto gridare la mia rabbia», queste le sue parole.

#freemama, #freenahid: la lotta di Claren per liberare sua madre passa dai social network

«So che a volte tengono le persone in isolamento per due o otto mesi», ha affermato. La paura di Claren è che la madre non riesca a resistere alla tortura e i dubbi sul suo stato di salute la tormentano. «Non sono nemmeno sicura che sia viva», ha dichiarato.

Per diffondere la storia di sua madre e cercare aiuto ha usato i social network. Ogni giorno Claren pubblica molti messaggi su Twitter, Instagram e Facebook. L’hashtag utilizzato è #freemama, #freenahid. In un mondo digitale, il web rappresenta l’ancora di speranza di Claren.

Prigionieri politici con doppia nazionalità: merce di scambio per il governo iraniano

La Società Internazionale per i Diritti Umani (Ishr) ha affermato che Nahid è una prigioniera politica che negli ultimi anni ha lottato molto per i diritti umani in Iran.

Nahid non è l’unica prigioniera con doppia nazionalità in Iran. L’Ishr afferma che ci sono altri prigionieri, come Nazanin Zaghari-Ratcliffe (anglo-iraniana), Fariba Adelkhah (franco-iraniana) e la ricercatrice Kylie Moore-Gilbert (anglo-australiana). Il fatto che il Governo islamico imprigioni persone con doppia nazionalità fa parte di una strategia politica, secondo il portavoce dell’Ishr Martin Lessenthin. Infatti, questi prigionieri diventano “merce di scambio politico”.

A settembre i ministeri di Francia, Germania e Gran Bretagna hanno convocato i rispettivi Ambasciatori iraniani per manifestare contro questa pratica.

L’esperto iraniano Borzou Daragahi del think tank americano Atlantic Council conferma l’idea che i cittadini con doppia nazionalità diventano merce di scambio per negoziati politici o scambi di prigionieri. «Mettono la persona in isolamento, la svegliano nel cuore della notte, la interrogano per 14 ore. A volte lasciano la luce accesa nella cella per 24 ore di seguito», spiega Daragahi. Alla fine i prigionieri si trovano costretti ad a firmare l’accordo che li accusa.

Nel mese di dicembre il Ministero degli Esteri iraniano ha convocato l’ambasciatore tedesco Hans-Udo Munzel. Il Governo tedesco aveva criticato l’esecuzione del giornalista iraniano Ruhollah Sam. Nella stessa dichiarazione, Berlino ha anche affermato la necessità di rilasciare tutti i prigionieri politici in Iran. Mariam Claren ringrazia il Governo tedesco per questi tentativi, ma vorrebbe che il Governo denunciasse la sua storia pubblicamente.

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Immagine di copertina: Prigione iraniana Foto di Ichigo121212 da Pixabay