Erwin Piscator, il drammaturgo che portó il teatro proletario in Germania
Dopo la rivoluzione di Novembre del 1918, la caduta della monarchia e la costituzione della Repubblica di Weimar, in Germania si vide lo schieramento di molti intellettuali al fianco del proletariato
Nel 1919 Arthur Holitscher e Friedrich Natteroth formarono la Lega per la Cultura Proletaria al cui interno, per la prima volta in Germania, si sviluppò anche il teatro proletario. Uno dei teatri annessi alla Lega per la Cultura fu la Tribune inaugurata a Berlino il 20 settembre 1919. Vennero messi in scena alcuni spettacoli che non ottennero il successo sperato portando alla vendita della Tribune a un imprenditore che la trasformò in un’impresa puramente commerciale. La Tribune, pur nei suoi intenti di essere un teatro proletario, non riuscì pienamente a esserlo. Uno dei motivi era stato sicuramente il prezzo troppo alto dei biglietti per permettere agli operai di poter partecipare alle rappresentazioni. È solo con l’attività di Erwin Piscator, poco tempo dopo, che in Germania si assiste all’affermazione di un vero e coerente ‘teatro proletario’ e rivoluzionario, scevro dai motivi espressionisti e dalle incertezze che avevano caratterizzato i precedenti ‘esperimenti’ della Tribune.
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Lo scopo fondamentale del teatro di Erwin Piscator era portare gli ideali rivoluzionari al pubblico analfabeta
Il ‘nuovo’ teatro di Erwin Piscator era caratterizzato da una più definita autonomia politica data anche dal collegamento con le organizzazioni politiche del proletariato. Il suo impegno politico comportò una volontà di fare del teatro una sorta di ‘teatro didattico’, basta leggere le sue parole per capire la sua concezione della messinscena che avrebbe dovuto essere portata sul palco: «bandimmo radicalmente la parola ’arte’. Coi nostri spettacoli volevamo intervenire negli avvenimenti del giorno, fare della politica». Era un teatro che non voleva far avvicinare gli operai all’arte, ma voleva, concretamente, fare propaganda. Erwin Piscator, dichiaratamente filosovietico, si rifaceva ai registi russi e al teatro Agit-Prop. Scopo fondamentale di questo teatro didattico era portare al pubblico analfabeta gli ideali rivoluzionari. Spesso gli spettacoli non erano recitati da attori professionisti, ma da operai iscritti al Partito Comunista con scarsi mezzi scenografici e in luoghi solitamente non deputati all’azione teatrale come le fabbriche o anche improvvisando per le strade. Lo scopo di questi spettacoli non era quello di attirare le masse o di intrattenere il pubblico borghese, ma volevano fare breccia, con le loro idee, nelle menti e nei cuori dei membri dell’intera classe operaia. Inoltre i gruppi Agit-Prop si distinguevano dai contemporanei collettivi teatrali socialisti. Infatti negli esperimenti messi in scena dalla Tribune le rappresentazioni erano recitate da attori professionisti e interpretate nei teatri ufficiali (e quindi borghesi) sfruttandone i mezzi scenici e finanziari, cosa che i gruppi Agit-Prop volevano assolutamente evitare. Non era di sicuro il teatro borghese, con le sue comode ‘sedie di velluto’ il posto adatto per insegnare la rivoluzione.
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Erwin Piscator e la fondazione del Proletarisches Theater
Fu così che Piscator, insieme a Hermann Schuller, fondò, in diretta collaborazione con le organizzazioni della classe operaia, il Proletarisches Theater definendolo «Teatro Proletario. Teatro degli operai rivoluzionari della Grande Berlino». Nel programma di questo teatro si poteva leggere che il «Proletarisches Theater intende riunire i compagni in una organizzazione cooperativistica, retta e amministrata dai suoi spettatori».
Il 14 ottobre 1920, a Berlino, si poté assistere alla prima prova sul palco del Proletarisches Theatre con una serata intitolata Contro il terrore bianco – per la Russia sovietica, uno spettacolo presentato come opera collettiva del Proletarisches Theater. Anche la scelta della scenografia per questo spettacolo era sintomatica del nuovo corso che Piscator voleva dare al teatro proletario. Sullo sfondo campeggiava un’enorme carta geografica che, nelle loro intenzioni, voleva rendere evidente il significato politico del luogo dell’azione: «non si trattava più di un semplice ‘scenario’, ma era già raggiunta una prospettiva sociale, politico-geografica oppure economica […] Partecipava agli eventi scenici, diveniva in certo modo un elemento drammatico. Con ciò interveniva nella rappresentazione anche un nuovo momento: quello pedagogico». Era questo lo scopo ultimo di Piscator. Se prima di lui il teatro, anche quello che si professava ‘proletario’, inscenava drammi che avrebbero colpito lo spettatore solo sul piano ‘sentimentale’ adesso lo scopo era colpire anche la ‘ragione’ dello spettatore.
Se i teatri precedenti si erano rivolti principalmente a lavoratori che, in qualche modo, avevano già una certa coscienza di classe. Erwin Piscator, con l’attività del Proletarisches Theatre, voleva risvegliare la coscienza di classe e far penetrare le idee rivoluzionarie nelle menti delle masse che ancora erano politicamente incerte o indifferenti.
Come nell’ Agit-Prop sovietico Piscator fece recitare principalmente operai, una scelta dettata dal fatto che i proletari non solo condividevano con Piscator le idee del movimento rivoluzionario ma avrebbero anche lottato per questa ideologia. Un altro aspetto che può far ben comprendere il corso di questo nuovo teatro allestito da Piscator è il fatto che i critici borghesi non erano ammessi alle rappresentazioni. Ma il Proletarisches Theatre era sotto le mire della polizia che non concedeva i permessi per le rappresentazioni. «In seguito alle rappresentazioni del Teatro Proletario di Per quanto ancora questa sporca giustizia borghese, è stato votato un ordine del giorno che protesta nei termini più espliciti contro le misure prese dal presidente della polizia contro il Teatro Proletario. Gli spettatori di questo teatro sono sdegnati dal fatto che a qualsiasi teatro o cinematografo[…] viene concesso il permesso di esercizio, mentre si mira a sopprimere, col rifiuto di questo permesso, il Teatro Proletario» aveva scritto lo stesso Piscator. Nell’aprile del 1921 il Proletarisches Theatre vide calare definitivamente il sipario dopo solo un anno ma, secondo Piscator, ormai «il teatro si era ormai conquistato un primo posto fra i mezzi di propaganda del movimento proletario».
Grazie all’attività di Piscator era stato il teatro in sé ad aver subito una profonda e radicale trasformazione come istituzione culturale
L’opera di Piscator inseriva il teatro all’interno della società, non era più solamente un luogo dove sedersi e guardare uno spettacolo, allontanandosi dalla vita reale o da tutto ciò che accadeva all’esterno dell’edificio dove il dramma era messo in scena; la linfa vitale di questo teatro era la situazione sociale, la contemporaneità, il suo scopo ultimo era riuscire a educare le masse perché poi agissero nella società, cambiandola. Il risultato ottenuto dalla breve (ma fondamentale) storia del Proletarisches Theatre di risvegliare l’istituzione teatrale dal suo stato di ‘apatia sociale’ è evidente nelle parole di Piscator «dopo un lungo letargo che lo aveva isolato dalle energie vitali dell’epoca [il teatro] era divenuto nuovamente un fattore dello sviluppo sociale». Il pubblico assisteva non più a una semplice opera teatrale, ma ad uno spaccato di vita reale in cui tutti potevano riconoscersi. Nel 1923 prende in gestione il Teatro Centrale in cui proseguì, anche se in maniera diversa, il lavoro già iniziato con il Teatro Proletario. Qui tenne la regia di tre lavori: I Piccoli Borghesi di Gor’kij, Giorno Verrà di Rolland e La Potenza delle Tenebre di Tolstoj. «In questi tre lavori percorsi, per così dire, uno stadio di evoluzione che avevo già superato nel Teatro Proletario. Le messe in scena erano fortemente naturalistiche, e miravo al massimo realismo nelle scene e nella recitazione». Solamente dopo un anno, nel 1924, Piscator lascia il Teatro Centrale per arrivare al teatro Volksbuhne di Berlino.
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L’esperienza alla Volksbuhne e il teatro epico
Nel 1924 Piscator esordisce alla Volksbuhne con il dramma Bandiere di Alfons Paquet. «Per la prima volta avevo a disposizione un teatro moderno, il teatro più moderno di Berlino, con tutte le sue possibilità» aveva scritto Piscator. Sfruttando i mezzi tecnici messi a disposizione dalla Volksbuhne, Piscator realizzò spettacoli grandiosi, con scenografie che nessuno aveva utilizzato fino a quel momento: «ebbi dunque la possibilità di sviluppare un tipo di regia che, anni più tardi, da un’altra parte, venne proclamata ‘teatro epico’. Di che cosa si trattava? In breve di un ampliamento dell’azione e di una messa in luce dei suoi motivi profondi, di una trasposizione, cioè, che andasse al di là del disegno puramente drammatico”. Piscator rimase alla Volksbuhne fino al 1927, anno in cui fondò il Piscator-Buhne. In questo luogo mise in scena spettacoli con scenografie gigantesche, caratterizzate dall’uso di sofisticati macchinari. Nello spettacolo Le Avventure del Prode Soldato Schwjk, ad esempio, proiettò spezzoni di cartoni animati appositamente disegnati dal pittore George Grosz (con cui aveva condiviso l’appartenenza al gruppo dadaista), servendosi di nastri trasportatori e scene sovrapposte.
La rivoluzione di Piscator non passava solo per il palcoscenico ma voleva travolgere l’edificio teatrale stesso
In questi anni insieme all’architetto della Bauhaus Walter Gropius progettò un ‘teatro totale’ in cui lo spettatore si potesse trovare totalmente coinvolto. La volontà di Piscator era quella di modificare non solo la funzione dei testi teatrali per renderli ‘didattici’ e propagandistici ma voleva mutare anche la forma stessa del ‘luogo’ teatro ritenendola superata per i mutamenti sociali avvenuti nella sua epoca. Non bastava attualizzare i testi, era necessario cambiare anche i luoghi dove gli spettacoli venivano inscenati e instaurare un nuovo rapporto del teatro con il suo pubblico. «La forma teatrale che domina ancora nella nostra epoca è quella superatissima dell’epoca dell’assolutismo: il teatro di corte. La suddivisione in platea, palchi, gallerie riflette gli strati sociali del feudalesimo. Questa forma doveva necessariamente venire in contatto con gli scopi del teatro, nel momento in cui l’arte drammatica da un lato e dall’altro i rapporti sociali subivano un mutamento».
Gli spettacoli di Piscator donarono una nuova vitalità al teatro; catturarono lo spettatore al loro interno per impartirgli una ‘lezione politica’. Sono stati divulgatori di una ‘propaganda’ che voleva cambiare la coscienza del pubblico. Una volta uscito dal teatro lo spettatore doveva essere spinto ad intervenire attivamente nella vita. Nel 1939 Piscator emigrò in U.S.A. dovè fondò il Dramatic Workshop, scuola di arte drammatica dove studiarono Judith Malina (fondatrice del Living Theatre), il drammaturgo Tennessee Williams e due tra i più grandi attori del XX secolo, Tony Curtis e Marlon Brando.
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