Quel successo del vuoto a rendere (Pfand) in Germania che in Italia rimpiangiamo

Che la Germania sia un modello di efficienza è noto a tutti. Un campo in cui proprio non ha rivali è quello della gestione dei rifiuti: già dagli anni ‘90 esiste il vuoto a rendere, o pfandsystem

In Italia esisteva, fu introdotto negli anni ’60, poi, complice il boom economico e la cultura dell’usa e getta, abbiamo preferito metterlo gradualmente da parte fino a farlo scomparire completamente ad inizio anni ’90. In altre parti d’Europa, Germania su tutte, si è andati nella direzione opposta ed oggi il sistema del vuoto è un modello da cui noi stessi dovremmo prendere esempio.

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Come funziona quando si compra una bibita in bottiglia – di vetro, plastica o latta – oltre al prezzo d’acquisto, si paga una somma (il pfand appunto, letteralmente cauzione, pegno) che varia dagli 8 ai 25 cent e che viene restituita al momento della riconsegna del solo contenitore. Peraltro, dal 2006 ogni rivenditore di una determinata bevanda è costretto ad accettarne il vuoto, anche quando la bottiglia è stata acquistata altrove.

I vantaggi. Il vuoto a rendere, oltre ad avere un impatto positivo sull’ambiente, diminuendo la quantità di rifiuti da smaltire, è anche uno strumento che garantisce efficienza economica e responsabilizzazione sociale. Basandosi sul meccanismo della cauzione, fa sì che il costo “ambientale” della bottiglia ricada sul consumatore solo nel caso in cui quest’ultimo adotti un comportamento ecologicamente non virtuoso. Quando invece lo scopo della pfand è soddisfatto, cioè la bottiglia torna a chi l’ha prodotta, a pagare è proprio il produttore dell’imballaggio, secondo il principio comunitario “chi inquina paga” (e di responsabilità estesa ). Si tratta quindi di un incentivo ad assumere comportamenti per così dire eco-friendly. Ma non finisce qui. C’è anche un altro aspetto positivo: nelle grandi città, come Berlino, si è da tempo diffusa l’usanza di lasciare le bottiglie vuote per strada e in metro. E facile così vedere persone bisognose (i pfandsammler) che le raccolgono e collezionano per poi inserirle nell’appostito macchinario e ricavarci dei soldi.

Il quadro europeo Il sistema Tedesco risulta essere perfettamente in linea con la politica europea che vede in cima alla cosidetta “piramide delle attività di gestione dei rifiuti” la prevenzione, ed a seguire il riutilizzo e riciclaggio. Nello specifico, la direttiva sugli imballaggi del 2004 impone standard di riciclaggio (dei contenitori da bevande) del 50% per il metallo, 22,5% per la plastica e 60% per il vetro; standard che la Germania ha ampiamente superato, raggiungendo nel 2013 percentuali complessive del 71,8% per il riciclo e arrivando fino al 97,7% per il recupero.

Il progetto di legge italiana. Ad inizio 2016 in Italia, grazie ad una proposta di legge già passata alla Camera, si è ritornato a parlare di vuoto a rendere per la plastica. Come riporta Ideagreen: “La legge idealmente, vuole innescare un circolo virtuoso coinvolgendo i cittadini in prima persona. I consumatori possono raccogliere imballaggi e riconsegnarli direttamente al produttore, coinvolgendo il consumatore finale nella restituzione dell’imballaggio (bottiglie, lattina o altro). In altre parole, il consumatore viene incentivato a restituire l’imballaggio là dove lo ha comprato, utilizzando il sistema del «vuoto a rendere della plastica», affinché lo stesso imballaggio, invece di essere destinato alla raccolta differenziata dei rifiuti, sia restituito al produttore originario La proposta ufficiale vede il ritorno della cauzione con un sovrapprezzo di 0,25 euro a bottiglia che saranno restituite insieme al reso del contenitore vuoto”, Purtroppo da allora nessun passo in avanti è stato compiuto e dubitiamo che sia fatto prima della legislatura. A rimetterci siamo tutti noi.

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 Photo: © CC 00