L’assurdo ed ingenuo articolo del Wall Street Journal su Hitler nel 1933

Emerge dal passato un clamoroso errore di calcolo da parte del giornale statunitense

Nella storia ci sono alcuni punti di svolta decisi. Il gennaio 1933 è sicuramente uno di questi: fu in quel mese che Adolf Hitler venne nominato Cancelliere della Germania. Da lì a poco, Hitler avrebbe iniziato a costruire la sua dittatura che in soli sei anni avrebbe trascinato l’intero mondo in guerra, dopo solo vent’anni dal 1918 e dalla Prima Guerra Mondiale. Ci si è chiesto spesso come è stato possibile che la Germania, uno dei paesi più avanzati del mondo, abbia ceduto alla follia nazista. Come è stato possibile che la classe politica e la borghesia tedesca abbiano affidato il loro destino nelle mani di un partito del genere? Sicuramente, Hitler fu sottovalutato nel ’33 e considerato manovrabile dalla classe politica più esperta. A sbagliare le loro valutazioni non furono però solo i tedeschi ma buona parte della classe dirigente occidentale. In questi giorni, per esempio, è emerso il clamoroso errore di valutazione del Wall Street Journal (WSJ), uno dei più noti quotidiani statunitensi. Il 2 febbraio 1933, il WSJ titolava un suo articolo: “Berlino guarda ad Hitler con calma”.  Il sottotitolo spiega, almeno in parte, questo inquietante entusiasmo: “L’incremento del valore delle azioni riflette la fiducia nel fatto che Lui non distruggerà gli affari nazionali”. Rileggere l’articolo porta alla mente alcune affermazioni che al giorno d’oggi vengono pronunciate in riferimento ai cosiddetti politici populisti, come Donald Trump o Matteo Salvini. Non è un caso che l’articolo sia riemerso su Twitter nei giorni successivi al fallito impeachment del Presidente americano. Scriveva infatti il WSJ: “Solitamente c’è un’ampia discrepanza tra i discorsi dei politici quando sono all’opposizione e le azioni di un partito quando prende il potere”. Si credeva che: “Hitler non sarà in grado di cambiare la costituzione”. Le parole del quotidiano americano erano davvero superficiali se si pensa che neanche un mese dopo, il 28 febbraio ’33, Hitler avrebbe promulgato quello che è passato alla storia con il nome di “decreto dell’incendio del Reichstag”. Con tale decreto, il Partito Nazista sospese gran parte dei diritti civili garantiti dalla costituzione del 1919 della Repubblica di Weimar.

Come si spiega un errore del genere?

L’articolo del WSJ continua citando le aziende che stavano crescendo grazie al nuovo governo. Per un’amara ironia della sorte, tra le aziende citate c’è anche l’I.G. Farben, la compagnia chimica che avrebbe sviluppato il gas Zyklon B anni dopo, usato nei campi di concentramento. In quei mesi del 1933, il WSJ non fu l’unico a commettere errori. Inanzittutto, furono i politici di centro-destra a sbagliare tutto. Per una serie di congiure di palazzo e giochi di potere, von Papen e Alfred Hugenberg, segretario del Partito Popolare Nazionale Tedesco (DNVP), convinsero l’anziano presidente Von Hindenburg a nominare Hitler Cancelliere. Questi politici pensavano di poter controllare l’isterico Fuhrer e credevano che il suo supporto popolare si sarebbe presto sgonfiato. Nonostante dopo l’incendio del Reichstag i politici comunisti e altri oppositori politici (ebrei, sindacati etc.) venissero già arrestati e picchiati, il partito di Hitler aveva solo il 33% dei consensi nel gennaio 1933. Alle elezioni del marzo ’33, dopo mesi di violenze, il consenso non andò oltre il 44%.

«Hitler non era inevitabile, ma la caduta della Repubblica di Weimar sì»

Con queste parole, il professor Michael Sturmer, ex consigliere del cancelliere Helmut Kohl e tra i massimi storici tedeschi, smentisce una delle maggiori banalità pronunciate sull’epoca nazista. L’ascesa del Fuhrer non era inevitabile. La Repubblica di Weimar era debole sin dalla sua creazione nel 1919. La Germania uscì a pezzi dalla Prima Guerra Mondiale e non si riprese mai veramente. Nel 1923, l’inflazione incontrollata distrusse l’economia tedesca: il pane arrivò al (ridicolo) prezzo di 1 milione di marchi. Dopo pochi anni di timida ripresa, il crollo di Wall Street del 1929 incendiò l’economia globale portandola nella più grande Depressione della storia. Inoltre, non va dimenticato che per tutta la durata della repubblica di Weimar (1919-1933), la borghesia tedesca sviluppò una folle paura del movimento comunista. L’esempio dell’Unione Sovietica era recente e la nobiltà della Germania aveva a mala pena accettato il passaggio alla repubblica nel primo dopoguerra. Von Hindenburg addirittura sognava che Hitler restaurasse la monarchia. Due dei maggiori capi comunisti, Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg vennero assassinati dalla stessa SPD (il partito socialdemocratico) per paura di ulteriori agitazioni. In un tale contesto, non deve allora stupire che un giornale borghese e capitalista come il WSJ vedesse con favore ad un politico in grado di riportare la stabilità nella potente e ricca Germania. Anche oggi, Wall Street vola mentre Donald Trump allontana i musulmani dagli USA. Mettere gli affari prima di tutto è una strategia miope e la storia ci insegna questo.

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Immagine di copertina: Pixabay