«Io, Elisa Duca, artista italiana, a Berlino creo “organismi in continuo divenire”»
«Berlino mi ha accolta e mi ha permesso di diventare un’artista»
«Ho visto Berlino per la prima volta nel ’94. C’erano solo gru, cantieri e case impacchettate: uno shock per me, che avevo 16 anni e venivo dalla provincia umbra. In quel momento non mi piacque ma continuai a pensarci, e poi a venirci in pellegrinaggio». Elisa Duca, artista performativa, dal 2005 vive e si dedica alla sua arte nella capitale tedesca. «Trasferirmi qua, ha significato poter colmare il divario che in Italia percepivo tra quello che studiavo e quello che vivevo. Berlino mi ha fatto capire chi volevo diventare e mi ha permesso di metterlo in atto. Oggi mi sento berlinese e, anche se la città è cambiata tantissimo, è ancora bellissimo vivere qui».
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«Non avrei potuto fare in Italia lo stesso percorso artistico che ho fatto qua»
Elisa, classe 1978, nata a Valfabbrica, in provincia di Perugia, dopo il liceo linguistico ha studiato teatro, arte visiva e cinema al DAMS di Bologna, dove ha iniziato a lavorare come attrice in compagnie indipendenti. «In Italia la situazione era molto precaria, mi sarei dovuta accontentare di un lavoro che mi piaceva a metà. Così, dai primi anni duemila, è iniziato il mio graduale trasferimento a Berlino: prima ci ho vissuto per brevi periodi e poi, dal 2005, sono rimasta fissa qui. Mi sono avvicinata all’ambiente artistico scrivendo la mia tesi di laurea sul Volksbühne, storico teatro della capitale e poi, grazie a tante esperienze in ambiti diversi – teatro, danza contemporanea -, sono riuscita a capire che volevo dedicarmi a più discipline. La mia ricerca mi ha poi portata a creare quelle che io chiamo installazioni performative. Ho iniziato lentamente, producendo con budget molto ridotti. Dal 2013 ho avviato man mano progetti più elaborati, e dal 2015 la mia attività si è regolarizzata. Alla professione di artista affianco quella di insegnante: tengo lezioni di arte performativa sia nelle scuole che nelle università. Lo considero un vero e proprio completamento al mio fare arte, insegnando impari sempre qualcosa».
«La mia arte è finanziata dalla Germania, ma mi piacerebbe lavorare di più anche in Italia»
«Nel caso di installazioni più piccole, lavoro in maniera autonoma realizzandole in atelier. Ma per realizzare grandi installazioni, prima di tutto è necessario scrivere un progetto da mostrare all’ente che deciderà di finanziarlo o meno. In Germania ci sono tante possibilità: il quartiere, la regione, lo stato. Il fatto che qui vengano finanziati ampiamente i progetti artistici, dimostra l’alto livello di cultura della società tedesca. Ho realizzato lavori anche all’estero – in India e a Taiwan -, ma sempre dietro incarico della Germania, collaborando con il Goethe Institut. In passato, ho esposto e fatto permormance anche in Italia, a Milano e a Bologna in particolare; mi piacerebbe poterlo fare con maggiore frequenza».
«Le mie installazioni: “organismi in continuo divenire”»
«Dal 2008 spesso lavoro anche insieme al mio compagno, Robin Detje. Abbiamo iniziato in teatro, ma sempre mettendone in discussione la forma, di per sé limitativa. La nostra arte mette insieme tante esperienza diverse unendole in una forma performativa. A un certo punto l’ambiente teatrale ha smesso di funzionare. Nel 2013, con l’installazione Doppelhamlet (la dissoluzione di Amleto), siamo arrivati al limite di quello che si poteva fare in uno spazio teatrale. Da lì ci siamo mossi a lavorare in luoghi più permissivi, come le gallerie indipendenti, dove gli “organismi in continuo divenire” che creiamo possono evolvere e modificarsi liberamente. Il processo è al centro del nostro lavoro artistico. Il live act è parte integrante delle installazioni, che sono organismi in continuo divenire nel corso dei quali io stessa mi relaziono e mi modifico con gli oggetti. Il mio è anche un modo di mettere in discussione l’antropocentrismo che non funziona più nel nostro mondo di oggi, pieno di oggetti che hanno tanto da dire, oltre ad avere una propria storia. È quello che vogliamo far emergere con il progetto che portiamo avanti dal 2016, Processing. Analizziamo alcuni luoghi -quartieri, città-, raccogliamo oggetti che percepiamo essere parte della vita delle persone e li inseriamo nei nostri “paesaggi di oggetti” appartenenti alla quotidianità altrui. È anche un gioco tra quello che è estraneo e quello che invece è familiare. Alcuni esempi? Per Processing:Bangka, a Taipei, abbiamo usato delle buste della spesa a strisce bianche e rosse che vedevamo in mano a tutti gli abitanti del quartiere, prendendo un dettaglio della quotidianità ed espandendolo, come se fosse analizzato al microscopio».
«A Dresda abbiamo creato Processing: Zentralwerk, all’interno di una galleria ricavata da una vecchia fabbrica di munizioni. Lo spazio era simile ad un cantiere e l’abbiamo coinvolto all’interno dell’installazione. Il materiale color verde menta è un isolante utilizzato in fase di costruzione edile per impedire che la natura entri all’interno degli edifici. Abbiamo giocato molto sul contrasto tra organico e non organico, accostando a questo materiale edilizio mucchi di terra e fiori. Il processo, in questo caso, è continuato anche quando ho terminato la mia performance: la terra e i fiori hanno continuato ad essere organismi in divenire».
Processing: Zentralwerk, foto di Maja Wirkus.
Processing: Moabit
Il 3 maggio, presso il Kunstverein Tiergarten di Berlino, sarà inaugurato il nuovo progetto della coppia: Processing: Moabit, dal nome del quartiere situato a nord-ovest della capitale. «È stata un’esperienza un po’ diversa dal solito, per la prima volta siamo riusciti a coinvolgere il quartiere come avremmo voluto. C’è ovviamente la nostra personale percezione di Moabit, ma è integrata dagli oggetti e dalle storie degli abitanti del quartiere. Una delle cose più belle che faremo è programmata per il 25 maggio, quando nell’installazione verranno integrate le Levetzowgirls, un coro di ragazze di diverse nazionalità provenienti da un centro di accoglienza».
Vernissage: venerdì 3 maggio 2019, 19:00
Durata: 4 maggio – 31 maggio 2019
Finissage: 31 maggio 2019, 19:00
Kunstverein Tiergarten | Galleria Nord
Turmstrasse 75, 10551 Berlino
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Immagine di copertina: © Elisa Duca, foto di Anders Bigum.