Il trattamento psichiatrico che Freud raccomandò a Hitler che avrebbe potuto cambiare la storia
La diagnosi di Sigmund Freud ad Adolf Hitler, quando questi aveva soli sei anni, avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi
Da bambino, Adolf Hitler soffriva di incubi molto vividi in cui si sentiva perseguitato da mostri malvagi, vedeva se stesso cadere in abissi profondi o veniva picchiato per punizione fino a desiderare la morte. Questi incubi lo tormentavano al punto da fargli desiderare addirittura di morire. Un comportamento non esattamente comune in un bambino di sei anni. Secondo una ricerca condotta a Londra dallo scrittore Lawrence Marks e dallo storico John Forrester, il costante ripetersi di questi episodi, convinse il dottor Bloch, medico di famiglia, del fatto che il piccolo avesse bisogno dell’aiuto di uno specialista. Si appellò, pertanto a niente meno che al neurologo e fondatore della psicoanalisi, l’austriaco Sigmund Freud. La diagnosi non tardò ad arrivare: Hitler necessitava di un immediato trattamento e ricovero presso un ospedale di salute mentale per bambini. Klara, la madre, si mostrò da subito completamente d’accordo, ma il padre non acconsentì. Alois Hitler, era un uomo molto intransigente, e pretendeva che il figlio continuasse a studiare per poter così un giorno lavorare come impiegato alle dogane. Non solo, lo maltrattava con punizioni tanto fisiche quanto mentali. Per questa ragione il Adolf tentò la fuga più volte durante l’infanzia. Tuttavia, pur di evitare tali violenze venissero scoperte, Alois impedì sempre il ricovero del figlio. La prima crisi mentale di Hitler avvenne tra il 1907 e il 1908, quando all’età di diciotto anni fu respinto per ben due volte all’Accademia delle Arti di Vienna. Hitler non superò mai questo rifiuto, e ne scrisse anche nel suo libro di battaglia Mein Kampt. Di fronte a tale fallimento, iniziò a sviluppare manie persecutorie, sentendo che c’era una cospirazione indirizzata contro di lui, che gli impediva di realizzare i suoi sogni.
Dalla nevrosi alla psicopatia. Nella mente di Hitler: il rapporto psichiatrico della Cia rimasto nascosto durante l’Olocausto
Il rapporto molto stretto ed intenso, quasi incestuoso, che Hitler aveva con la madre si interruppe a 18 anni quando quest’ultima morì di tumore. Con un’infanzia ed una giovinezza così complesse era normale che sviluppasse una doppia personalità, espressione tipica di un soggetto contraddittorio e complesso. Da una parte remissivo, dall’altra sanguinario e distruttivo. I suoi incubi non lo abbandonarono fino a che divenne il leader del partito nazista. Non superò mai la fase del complesso di Edipo: un attaccamento ossessivo verso la madre e di rancore ed odio verso il padre, che rimase come il nemico da affrontare e sconfiggere, che egli riversò nei confronti dei più deboli e, in particolare, nella persecuzione e nello sterminio del popolo ebreo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’Ufficio dei Servizi Strategici degli Stati Uniti ordinò allo psichiatra Henry Murray di analizzare la mente di Hitler per scoprirne i punti deboli. Era il 1943, la Germania sconvolgeva tutta Europa e sembrava impossibile sconfiggerla. Ne conseguì un rapporto di 250 pagine dal titolo “Analisi della personalità di Adolf Hitler”. Il documento riportava anche previsioni sul suo comportamento futuro. Murray rilevò che Hitler aveva vari problemi mentali. Tra questi nevrosi, schizofrenia, isteria e paranoia. Il dittatore tedesco venne descritto come una persona dispettosa, incapace di accettare qualsiasi critica e molto compulsivo. Un’estrema paura della sconfitta che portò lo psichiatra a concludere che se Hitler avesse perso la guerra, si sarebbe suicidato. «Presenta una forte coazione a sacrificare se stesso e tutta la Germania, a morire, spingendo tutta l’Europa con sé nell’abisso», scrisse Murray. Lo psichiatra arrivò inoltre ad ipotizzare che il leader nazista aveva problemi di identità sessuale, con tendenze masochiste passive e omosessualità repressa. Infine, un altro specialista, il professore dell’Università di Cambridge Joseph MacCurdy, determinò che Hitler aveva il “complesso del messia”. Secondo l’esperto, infatti, il leader nazista era caduto in una rete di delusioni religiose che lo aveva indotto a credere che gli ebrei riflettessero l’incarnazione del male, mentre lui, l’incarnazione dello spirito del bene.
Come sarebbe il mondo oggi se il padre di Hitler avesse accettato la diagnosi di Freud
I rapporti psichiatrici di Freud e della Cia, rimasero nascosti per anni dopo la fine dell’Olocausto. Leggendo questa storia è impossibile non chiedersi che cosa sarebbe successo se il padre di Hitler avesse accettato di far trattare il figlio, o meglio che cosa non sarebbe successo. Cosa sarebbe accaduto se quel bambino avesse ricevuto un trattamento psicologico adeguato? Non si può non immaginare che, probabilmente, la storia dell’umanità avrebbe intrapreso un corso molto diverso e gli orrori, la crudeltà e le atrocità della Seconda Guerra Mondiale, non si sarebbero mai verificati. Purtroppo, però, si tratta solo di supposizioni e non sapremo mai quanto diverse potrebbero essere oggi le pagine della Storia.
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Immagine di copertina: Hitler, © blitzquotidiano