Der Atem, il film sui racconti notturni dei berlinesi
Ambientato interamente a Berlino, il film-documentario di Uli M Schueppel è dedicato alle storie degli abitanti della città
Alla 69esima edizione della Berlinale il regista tedesco Uli M Schueppel ha presentato nella sezione “Panorama” il suo nuovo film-documentario: Der Atem (in italiano Il respiro). La pellicola è la terza parte della trilogia Gesänge, film incentrati rispettivamente su i concetti di spazio, tempo e corpo. Il cast è formato da Eva-Maria Lemke, Alexander Jacoby, Sarah Klute e Sophia Chapman.
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Der Atem: la trama
Berlino, notte fonda. Gli abitanti della città raccontano le vicende che li hanno segnati maggiormente: c’è chi ha perso la madre in un incidente d’auto, chi ha picchiato sua moglie in un momento di collera, chi si prostituisce e sta aspettando il prossimo cliente e chi addirittura era presente all’attentato che colpì la città il 19 dicembre 2016. In totale sono 26 i racconti che Schueppel decide di inserire nel suo nuovo video-documentario.
Considerazioni sul film
Di notte, quando sono a letto, nel buio della mia camera, sento due occhi che mi fissano, mi scrutano, mi interrogano, sono gli occhi della mia coscienza
Sono queste le parole del celeberrimo attore napoletano Antonio De Curtis (in arte Totò) che riteniamo possano descrivere al meglio la pellicola di Uli M Schueppel. Perché ambientare un documentario di notte? perché la notte è un momento di raccoglimento, di riflessione in cui l’oscurità ci permette di scrutare dentro noi stessi. Nel film i berlinesi si fondono completamente con la città, quasi con l’avere lo stesso “respiro”. Bisogna sottolineare che Berlino non è la protagonista della pellicola, tant’è che la città viene ripresa più all’interno di abitazioni, ristoranti, lavanderie e mezzi pubblici che all’esterno. In ogni caso, pur essendo un film con una tematica molto forte, riteniamo che la pellicola abbia una narrazione (purtroppo) molto lenta. Il tutto viene intensificato dal fatto che la pellicola è girata interamente in bianco e nero, intensificando maggiormente il tutto non solo a livello emozionale, ma soprattutto visivo in un modo quasi esasperato. Chapeux invece per quanto riguarda la fotografia e l’effetto in analogico della pellicola.
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