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Cerchi casa a Berlino? Attenzione ai vicini. Possono renderti la vita un incubo

Trovare casa a Berlino può essere una vera e propria impresa. Ma anche fronteggiare i propri vicini di casa può essere all’origine di episodi surreali. Ve ne raccontiamo uno tratto da una storia vera.

Sono le undici di sera. Gaia ha passato una bella domenica pomeriggio con il suo ragazzo venuto appositamente dalla Svizzera. È una di quelle relazioni a distanza che si infiammano il weekend quando uno dei due percorre centinaia di chilometri per dimostrare che il proprio amore non si esaurisce con le lunghe telefonate quotidiane. Ma ora lui è ripartito e lei è nuovamente sola in quel lettone e vuole semplicemente dormire. Domani inizierà l’ennesima settimana di intenso lavoro. Gaia si rigira tra le coperte come se fossero la sua protezione dal resto del mondo, sicura che quando riaprirà gli occhi sarà per fermare il tintinnio della sveglia. Qualcuno sta suonando al citofono di uno degli appartamenti accanto. È già la terza volta nell’ultima ora «Qualcuno sta avendo visite – pensa Gaia – speriamo che non facciano casino».

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Una lunga notte

È mezzanotte. Dall’appartamento accanto si sente un ritmico martellare. Gaia si sveglia, ma non ha la forza di alzarsi. «Posso riaddormentarmi, ora chiudo gli occhi e ci riprovo». Ma i bassi della techno sembrano trapassare ogni parete e non sembrano destinati a dissolversi. Anzi, più la città si fa silenziosa, più sembrano vicini. Gaia si alza, bussa forte sulla parete, con la consapevolezza che nessuno si accorgerà del suo baccano per fare abbassare la musica dall’altra parte. È proprio dall’appartamento del suo stesso pianerottolo che proviene il casino.

«A breve senza dubbio la finiranno. Ora mi metto i tappi per le orecchie e provo a riaddormentarmi, poi domani chiamo l’amministratore e proviamo a risolvere la cosa in maniera pacifica. Dopotutto mi sono trasferita in questo appartamento solo un mese fa, non voglio presentarmi male. Prima vivevo cinquanta metri più in là sempre sulla stessa strada. Ho fatto un affare. Ho scambiato il mio vecchio appartamento (un piano terra caro e poco luminoso) con una carinissima coppia che conoscevo da tempo e che stava cercando urgentemente un piano terra come il mio. Comodo visto che a Berlino quasi nessuno ha l’ascensore e portare il passeggino su per le scale ogni giorno è una bella fatica. Mi è sembrata una ragione un po’ stupida per un trasloco e gliel’ho detto, ma loro hanno insistito. Hanno detto di non preoccuparmi, che a loro andava bene e che già la settimana dopo avremmo potuto fare lo scambio. E così eccomi qui».

Quando tocca contare su se stessi…

Gaia lavora per una società che organizza eventi e da qualche anno è anche una ballerina burlesque. Ha fatto un corso, ha imparato i movimenti, il modo di stare sul palco, i mercatini di abbigliamento vintage da frequentare per scovare gli indumenti giusti e anche un po’ a cucire, a creare pizzi e rivoli di tessuti che valorizzino al massimo la sua sensualità. Gaia sa scegliere le canzoni su cui creare la propria coreografia. Dal ritmo della musica scelta e dal tipo di perfomance che si vuole realizzare dipendono l’abbigliamento e, soprattutto, gli accessori.

Lei non voleva essere banale, non lo è mai stata, e così la sua perfomance “di diploma” è stata fatta sulle note di Battle Without Honor or Humanity di Tomoyasu Hotei, la colonna sonora dell’indimenticabile “Una contro tutti” di Uma Thurman in Kill Bill di Quentin Tarantino. Ricordate? Quella in cui l’inquadratura scende a piombo dall’alto fino a fare un giro di novanta gradi sopra la testa della protagonista. Quella scena la conosoce bene, Gaia l’ha vista decine di volte. Gaia ha una tuta gialla ed ha una katana. Quella katana ha imparato a maneggiarla e quando alle due di notte i vicini, per la seconda volta, non le aprono la porta per confrontarsi civilmente, Gaia torna veloce dentro il suo appartamento, l’idea di chiamare la polizia non la sfiora nemmeno. Non si cambia e prende in mano la situazione.

L’animo calabrese

Gaia è mezza tedesca (da parte di papà) e mezza italiana (mamma), è cresciuta tra Cosenza e Roma, ma parla benissimo entrambe le lingue. Anzi ora che sono dieci anni che abita a Berlino si trova più a suo agio con l’ordine strutturato delle frasi teutoniche che con quell’italiano che utilizza poco e nulla visto che non ha molti amici italiani. Ma quando vede che da dietro lo spioncino della porta del vicino nessuno è pronto ad aprirle, e che incuranti delle sue proteste e del suo diritto al dormire, continuano con il rave, dentro di lei un argine si rompe e tre minuti dopo eccola di nuovo lì sul pianerottolo con in mano una katana, la sua katana. Il sangue calabrese che è in lei ha ormai preso il sopravvento. Mentre strilla non vuole farsi capire. Il suo grido «Se uscite vi faccio a brandelli brutte facce di *****, io vegghiu da un posto in cui s’usa la lupara». Gaia parla per esigenze catartiche prima che comunicative. Così come lo è la zeta che disegna sulla porta dei vicini, tre celebri graffi non profondi, due orizzontali, uno obliquo, che lei stessa non vedeva dai tempi dell’ennesima replica del telefilm di Zorro su RaiDue.

La musica continua come nulla fosse. Gaia ha compreso che non si addormenterà più, l’adrenalina è tanto alta quanto il volume della musica. Il giorno dopo nessuno si lamenta di quei segni, così come il giorno dopo ancora. È passato un anno e quella Zeta ancora capeggia sulla porta dell’appartamento di quei ragazzi che nel frattempo non vivono più lì. Per loro Berlino è stata una toccata e fuga, un viverci per fare party e poi potersi vantare in giro «Io che sono stato a Berlino…». Berlino è anche questa.

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Immagine di copertina: © Youtube