Vi spieghiamo perché la Germania è destinata a vincere il Mondiale 2014

Non sembrano esserci molti dubbi a riguardo: la Germania è destinata a vincere il Mondiale 2014. All’inizio del torneo in tanti si sono affrettati ad indicare il Brasile come unico candidato al titolo. Cavolo, sei il Brasile, giochi in casa: vincerai! Due più due fa quattro. Matematico.

Ma bastava dare una rapida scorsa ai nomi convocati dal baffetto Scolari per avere già qualche dubbio. O al minimo soffermarsi sulla coppia di centravanti a disposizione, Fred e Jo, indegni anche solo di portare la borsa e le scarpette a Ronaldo con un ginocchio rotto, il panzone e la tiroide impazzita.

La Germania li ha asfaltati senza neanche accorgersene. Sette gol non si rifilano neppure a quelle squadrette di provincia in una partita pre-campionato. Neanche il giovedì contro la Primavera, si segnano gol del genere, passandosi la palla fino ad entrare nella porta vuota. Certo se Maicon avesse avuto la capigliatura di Marcelo, David Luiz e Dante, si poteva pensare che quelli in campo fossero i Cugini di Campagna e non dei difensori, ma questa è un’altra storia. E per quanto per i brasiliani sia stata un’umiliazione senza precedenti, per i tedeschi è apparsa normale amministrazione. E ciò fa riflettere su quello che davvero ora sembra inevitabile.

La squadra tedesca sembra essere uscita direttamente da una fabbrica di calciatori perfetti. Struttura fisica, tecnica, corsa, determinazione, coraggio, fanno parte in percentuali variabili di ognuno di loro e la loro amalgama è il tipico risultato tanto desiderato dai tedeschi in tutto ciò che fanno: una struttura compatta, equilibrata e vincente. Niente fuoriclasse a cui aggrapparsi nel momento del bisogno, magari capricciosi e viziati, più fotomodelli che calciatori, ma una squadra unita e senza fronzoli, dritta alla meta. Pare che una volta Mesut Özil (a prima vista il più bricconcello) abbia provato a radersi una parte del sopracciglio e che glielo abbiano reinstallato dieci minuti dopo in un complessa operazione chirurgica. Insomma niente scherzi, niente colpi di testa, tutti in riga per sei col resto di due e giù venti flessioni.

Gran parte del merito va senza dubbio a Joachim Löw, allenatore illuminato e dal ciuffo fonato che fa impazzire le donne tedesche. Dalla grande delusione della semifinale persa nel 2006 contro l’Italia (ma vaiiiii!!) l’allora tecnico in seconda della Germania ha ricostruito un gruppo giovane, che gioca un bel calcio e che se non avesse avuto l’eccezionale Spagna tra i piedi, molto probabilmente avrebbe già vinto un Mondiale o quantomeno un Europeo. D’altra parte nel ricostruire partendo da zero i tedeschi sono maestri e forse noi italiani dovremmo avere l’umiltà di osservare e imparare almeno questo da loro.

In tutti i casi ora la finale si giocherà contro l’Argentina, una cultura calcistica e una squadra completamente opposta a quella tedesca, basata sui colpi di genio di Messi e sulle altre notevoli individualità (non credo che loro facciano le flessioni). L’ultimo precedente sorride alla Germania. Nel mondiale 2010, infatti, rifilarono quattro pappine all’Albiceleste, ricordando in piccolo l’umiliazione ricevuta pochi giorni fa dai brasiliani. E poi diciamocelo, sono tanti i segnali che sembrano indicare i tedeschi come prossimi vincitori. A parte l’infortunio di Reus prima della partenza, durante il ritiro pare che non sia volato neanche uno starnuto tra i giocatori (e questo conta molto nel calcio). Neuer è così in stato di grazia che parerebbe anche un meteorite. Müller è sempre al posto giusto al momento giusto. Klose ha superato Ronaldo per numero di gol nei Mondiali. Vinci una semifinale 7 a 1 contro il Brasile e poi perdi la finale? Ti pare che Sabella, con quell’aria da Benny Hill può mai battere Joachim Löw direttamente uscito da un telefilm americano? No, la storia del calcio ha già scritto il suo copione e alla fine tutti i pezzi del puzzle combaceranno perfettamente.

Non sembrano esserci molti dubbi a riguardo: la Germania è destinata a vincere questo Mondiale.
E se lo merita.

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*Gabriele Iaconis è nato a Napoli nel 1985. È laureato al corso magistrale di Organizzazione e Gestione del Patrimonio Culturale ed Ambientale presso la Federico II di Napoli. È appassionato di lettura e scrittura e non osa immaginare un mondo senza libri. Ha pubblicato due romanzi: Un motivo in più per guardare il cielo (Boopen LED 2010) e Buenos Aires (Homo Scrivens 2012) nonché racconti in varie antologie. Vive a Berlino dal novembre 2013 e si trova benissimo. Spera di continuare a scrivere e leggere il più possibile.

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