Una canzone, una fermata: Heerstraße e Stripped dei Depeche Mode

E’ il 1983. La polizia di confine della DDR è impegnata a costruire nuove torrette di controllo nella striscia della morte compresa fra le due parti del Muro di Berlino; pochi mesi dopo un Boeing 747 della compagnia aerea coreana KAL è abbattuto da un caccia militare sovietico mentre sorvola per errore i cieli dell’URSS. Muoiono tutti i 269 passeggeri a bordo.
La tensione internazionale sta raggiungendo il suo massimo picco quando un gruppo di ragazzi provenienti da Basildon, in Inghilterra, decide di trasferirsi permanentemente a Berlino, la città simbolo di due blocchi mondiali contrapposti. E non si tratta di ragazzi qualunque, ma della già famosa band dei Depeche Mode.
Il loro non è un trasloco del tutto volontario: Gareth Jones, il loro producer, è già arrivato in città da qualche tempo e consiglia ai ragazzi di venire a vedere come si sta a Berlino… chissà che l’aria tedesca non possa aiutarli a completare il loro terzo album, “Construction time again”.

Le individualità dei vari componenti dei Depeche Mode stanno emergendo prepotentemente, in particolare quella del compositore Martin Gore: è lui la forza trascinante del gruppo, ancor più di Dave Gahan (molto riservato e timido), di Andy Fletcher e Alan Wilder. E così il consiglio di Jones viene accettato immediatamente da Gore (complice anche la sua relazione con una ragazza di Berlino, Christina Friedrichs) e, a ruota, da tutti gli altri. I Depeche Mode saranno più o meno stabilmente di casa in città fino al 1987, passando le loro giornate facendo la spola tra l’abitazione della coppia Gore/Friedrichs (in Heerstraβe, nel profondo Ovest) e gli Hansa Tonstudio, proprio a ridosso del muro di Berlino e vicino a quel che rimaneva della Potsdamer Platz devastata. In quasi 4 anni di “cittadinanza onoraria”, i Depeche Mode collezioneranno 3 album (il già citato “Construction time again”, “Some great reward” e “Black celebration”), getteranno le basi per un quarto (“Music for the masses”) e si renderanno partecipi e attivi della vita notturna berlinese, passando dalla famosissima discoteca Dschungel ad alcuni dei gay club più in voga della città dove, a detta di Gore, si potevano trovare le vibrazioni e la musica migliori.

Berlino cominciò inesorabilmente ad influenzare non solo la musica, ma anche le abitudini e l’umore dei quattro inglesi: le atmosfere cupe presenti in “Black Celebration” entrarono a far parte anche dell’aspetto di Gore e Gahan che iniziarono ad andare in giro sempre e solo vestiti di nero, meglio ancora se con giacche di pelle. Raggiunti i massimi livelli di cupezza, in quel periodo Martin Gore era solito farsi intervistare disteso in mezzo alla strada mentre affermava convinto che “collassare è piacevole”.
Proprio a “Black celebration” e al 1986 è legato un divertente aneddoto: a tarda notte, dentro gli studi Hansa, mentre Martin Gore strimpella nudo al pianoforte (un suo marchio di fabbrica del periodo berlinese, a quanto pare…), Dave Gahan e il regista Peter Care stanno impazzendo per trovare delle location dignitose per il video di “Stripped”; scocciato da ore di lavoro senza risultati, Gahan propone una pausa di distrazione: “Potremmo andare qua sotto a distruggere qualche auto…”, scherza.
Alla fine invece andrà proprio così: gran parte del video sarà girato sotto gli studi, con la band impegnata a prendere a mazzate delle vecchie auto ospitate in un vicino sfasciacarrozze e a trasportare degli enormi schermi su cui vengono proiettati i loro volti. Scorrendo il video, dopo circa 1.20 minuti, sullo sfondo si vede distintamente una porzione di Muro di Berlino, “guest star” involontaria delle riprese.

Gran parte della stampa non prese bene il video: fu interpretato come un’incitazione alla violenza, perdipiù girato in una città che di violenza non ne aveva decisamente bisogno. I Depeche Mode dovettero specificare che la loro intenzione non era decisamente quella e che il brano in realtà parlava di emozioni, di quanto sia necessario spogliarsi di tutto quello che si ha addosso per farle riemergere.
Polemiche a parte, la band di Basildon è solo una delle tante che si sono legate indissolubilmente alla Berlino divisa, città a cui la musica e migliaia di fan in tutto il mondo devono tantissimo.

la foto dell’articolo è © Michael Putland

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