«Tutti i sacrifici che io napoletana di 33 anni ho fatto per diventare pediatra a Berlino»

Rachele Pelella ha 33 anni e lavora come medico a Berlino. Il suo percorso è stato lungo e travagliato, ma alla fine ce l’ha fatta.

Una lunga preparazione in Italia, e un percorso di formazione in Germania. Rachele Pelella, classe 1985, ha deciso di lasciare il calore napoletano per iniziare una nuova vita a Berlino. Adesso è al terzo anno del corso di specializzazione in Pediatria, ed è soddisfatta della sua scelta, per quanto sia stata difficile.

La laurea in Italia

«Mi sono laureata in Medicina e Chirurgia alla Seconda Università di Napoli, oggi chiamata Luigi Vanvitelli. Come regalo di laurea i miei amici di corso hanno pensato bene di farmi un set di valige da viaggio. Un regalo profetico. Dopo l’abilitazione sono entrata come tanti nel tunnel dei concorsi di specializzazione. Se pensate che entrare a Medicina sia difficile, vi sbagliate di grosso. Il difficile è uscirne con una laurea e una specializzazione. Dopo aver provato un paio di volte il concorso in Italia, lavorando nel frattempo come volontaria nel reparto di pediatria dell’Ospedale SS. Annunziata di Napoli, mi sono resa conto che entrare nei corsi di formazione era qualcosa di utopico. Quindi ho deciso di perseguire questo mio sogno in Germania.»

 

La scelta di vivere in Germania

«La Germania non era una delle mie prime opzioni in verità: troppo lontana per cultura e stile di vita. Tuttavia, mi sono decisa a partire spinta da un mio amico e da mio fratello, cardiochirurgo emigrato in Inghilterra. La Germania era ed è ancora, anche se in misura minore, uno dei Paesi europei a maggior richiesta di personale sanitario straniero. Ho deciso quindi di mettere a frutto quei tre anni di tedesco studiati mal volentieri al liceo, e imparare seriamente la lingua. Inizialmente l’idea era quella di seguire un corso a Napoli e provare a inviare candidature dall’Italia, ma comparando costi e benefici era chiaro che sarebbe stato più conveniente e divertente farsi una vacanza studio a Berlino. Mi ero già innamorata della città durante la gita dell’ultimo anno di liceo, quindi andarci a vivere – anche se per poco tempo – mi sembrava un’ottima idea. Avrei dovuto restarci solo un mese; alla fine ci sono rimasta ben otto. Gli otto mesi più spensierati e divertenti della mia vita.»

La svolta

«Sono ritornata in Italia a lavoricchiare come sostituta in alcuni studi di pediatra di base, mandando nel frattempo curriculum in Germania. Dopo tanti no, la svolta. Ricevo l’invito a un colloquio da uno dei primari di un ospedale di un piccolo paese della Bassa Sassonia. Sto parlando di Vechta, cittadina sconosciuta a più del 90% dei tedeschi. Parto con un piccolo bagaglio a mano e un biglietto di sola andata. Alla domanda “quando potrebbe iniziare?”, il mio “anche adesso” deve aver colpito positivamente i miei primari perché nel giro di un’ora ottengo un alloggio e un contratto da ospitante, che si sarebbe trasformato di lì a poco in un posto da specializzando a tempo indeterminato. Lo spirito di intraprendenza e la capacità di arrangiarsi sono doti molto apprezzate dai tedeschi.»

Vivere in un paesino sperduto della Bassa Sassonia

«Mi sono ritrovata in un Paese straniero da sola. I mesi iniziali sono stati molto difficili e non sono bastati i pacchi da casa a farmi soffrire meno la nostalgia di Napoli. Lavorare in un team quasi esclusivamente tedesco è stata una delle cose più complesse della mia vita. Pensate che prima di me l’unica specializzanda straniera è scappata dopo tre settimane! Il carico di stress era enorme. Parlando poi con altri colleghi italiani con percorsi simili al mio, è saltato fuori questo sentimento comune di inadeguatezza, in parte provocato dalla barriera linguistica.»

 

Le differenze nella formazione tra Italia e Germania

«Il percorso formativo qui in Germania è diverso da quello italiano. La formazione è molto più basata sulla pratica che sulla teoria. Dopo i cinque anni iniziali segue un anno di praticantato, in cui i giovani medici vengono addestrati a cavarsela nelle più comuni situazioni di reparto e di pronto soccorso. Al medico specializzando viene richiesto già dalle prime settimane capacità decisionale, intraprendenza, oltre che sangue freddo per superare i primi turni di notte. I tedeschi non sono più preparati degli italiani, ma hanno molto più spirito pragmatico. E poi gli accessi venosi, il vero incubo di noi medici stranieri. Perché se in tutto il resto del mondo è competenza del personale infermieristico, qui no. Dei due anni a Vechta, uno dei quali passati nel reparto di primo livello di terapia intensiva neonatale, ho un buon ricordo. Avevo quattro bravissimi primari sempre pronti ad insegnare. Le ore di lavoro intenso e l’amicizia con una coppia di insegnanti tedeschi in pensione, che mi hanno “adottata”, sono state le uniche ragioni che mi hanno spinto a resistere e a continuare a vivere in una cittadina dove alle sei di sera non si trova anima viva, e l’unico cinema del paese rappresenta la sola opzione di svago.»

Alla fine … Berlino

«Il mio sogno era quello di vivere a Berlino, per questo dopo aver completato i due anni di formazione mi sono messa alla ricerca di un nuovo posto. Oggi vivo nella capitale tedesca, lavoro in un ospedale in Brandeburgo, faccio la pendolare, ma va bene così, perché questo posto è davvero stimolante. Ai colleghi che vogliono intraprendere la formazione in Germania, faccio il mio migliore in bocca al lupo e consiglio di seguire i propri sogni, scegliere la branca medica che più li entusiasma e non spaventarsi delle difficoltà. I sacrifici pagano sempre.»

 

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