Sono tutti buoni con la democrazia degli altri
di Fausto Tamburi
Ieri è stato un gran giorno per la democrazia greca. Finalmente i cittadini si sono potuti liberamente esprimere su un accordo che condizionerà ogni aspetto delle loro vite. Era difficile aspettarsi un risultato diverso, del resto: chi voterebbe in favore di tasse, una più alta età pensionabile, il licenziamento dei pubblici dipendenti, la fine delle esenzioni fiscali?
Ciò che colpisce non è tanto la scelta degli elettori greci, ma il coro in favore del “no” dell’opinione pubblica italiana e l’esaltazione del referendum come un trionfo della democrazia. Se è facile capire le motivazioni che spingono il non esperto a parteggiare per la Grecia alla mercé della troika, è sorprendente come tutti si dimentichino di sottolineare che la crisi di Atene non riguarda solo con la democrazia greca. Per quanto assurdo possa sembrare per noi cittadini di stati nazione abituati ad associare l’idea di democrazia e quello di Stato sovrano, il problema della Grecia riguarda non solo I greci. Riguarda anche noi, cittadini italiani, ed i 35 miliardi che abbiamo prestato alla Grecia. Riguarda i tedeschi ed i loro 55 miliardi. Riguarda i cittadini dei 28 paesi europei.
Il debito pubblico greco è pari a 317 miliardi di euro. La popolazione dell’UE è pari a 506 milioni di abitanti. Ciò vuol dire che il debito greco ammonta a 629 euro per cittadino europeo. Ora, non tutto questo debito è stato concesso dai cittadini europei. Prendiamo allora solo i 100 miliardi prestati dall’ESM/EFSF, fanno circa 200 euro a testa per ciascun cittadino europeo. Ma bisogna aggiustare questa cifra a seconda del contributo di ciascun paese al fondo salva stati, quindi diciamo 680 euro per i tedeschi, un po’ meno per I francesi e così via. Per l’Italia sarebbe all’incirca 580 euro a testa.
Visto che Tsipras, forte della vittoria del “no” chiede un haircut del 30% (pari appunto ai 100 miliardi prestati dal’UE), ciò equivale ad un costo di 580 euro per ciascun cittadino italiano.
Siamo sicuri che dovremmo esultare per la vittoria del “no”? Per quale motivo la scelta del popolo greco dovrebbe decidere delle sorti dei soldi dei contribuenti del resto del continente? Descrivere il referendum di ieri come una vittoria della democrazia significa guardare solo una minuscola parte della democrazia europea. La Grecia non ha solamente il diritto di decidere sovranamente del proprio destino, ma ha anche degli obblighi che la legano agli altri paesi dell’Unione Europea. E a decidere su quegli obblighi devono essere non i cittadini greci, ma quelli dell’Europa tutta. Se i greci fanno un referendum, é un bene per la democrazia greca. Ma se il referendum greco decide dei soldi dei contribuenti di 27 paesi che un referendum non lo hanno fatto, é un male per la democrazia di 27 paesi.
Ma c’è anche un ultimo problema di legittimità che la simpatia per Atene spesso ci fa trascurare. Quei 100 miliardi corrispondono a più di 2/3 del PIL greco del 1999. Il che vuol dire che se si dovesse tagliare il debito greco di 100 miliardi, la Grecia, con questo dramma, sarebbe magicamente diventata quasi due volte più ricca di quanto non fosse prima di adottare l’Euro. Ma allora, perché la Grecia sì e la Bulgaria no? O il Portogallo, la Romania, l’Ungheria. Perché non regalare invece 100 miliardi al Benin? Alla Siria devastata dalla guerra civile? Qual è la legittimità di questo “regalo”? Cosa rende la Grecia meritevole del nostro aiuto disinteressato al confronto con le decine di stati falliti di cui a malapena ricordiamo il nome?
La crisi greca, se ancora ce ne fosse bisogno, mette in evidenza tutte le contraddizioni di vivere in un’unione di stati sovrani. E forse quella di un referendum europeo sulla Grecia non sarebbe un’idea così peregrina: “desideri che ciascun cittadino europeo regali 580 euro allo Stato greco?” Trovarsi di fronte ad un quesito del genere renderebbe più facile ricordarsi che la vicenda greca riguarda da vicino anche noi. E ricorderebbe a tutti non solo i diritti, ma anche i doveri di un’Unione.
© Guido van Nispen CC BY SA 2.0