Si può “resistere a Berlino”?
Ciò che segue è un racconto che ho scritto in occasione di una rassegna letteraria berlinese dal tema “resistere”. Il testo si intitola “Resistere a Berlino”.
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Resistere a Berlino significa non potere dormire fino a tardi ed essere svegliati immancabilmente da una luce del sole così potente e intensa che non bastano le spesse serrande a tenerla fuori dalla finestra e non c’è niente da fare. Se non hai gli occhiali da sole qui sei perduto.
A Berlino resistere significa perdere ore al supermercato sopraffatti dalla varietà di scelta di frutta e verdura, indecisi se siano meglio i pomodori taglia pugno provenienti dall’Olanda o quelli formato ciliegino dalla Spagna al gusto di acqua minerale.
A Berlino resistere significa dovere diventare esperti di vino per non sentirsi a disagio in situazioni conviviali, conversando sull’irresistibilità degli chardonnay della zona di Francoforte e facendo giustamente un po’ gli schizzinosi davanti all’ultima produzione di Falanghina dei vigneti Astori di Benevento, troppo acida a tuo avviso e non più meritevole di essere importata.
A Berlino resistere significa dovere rispondere continuamente alle telefonate dei tuoi amici tedeschi che ti chiedono sorprendentemente di vedersi per una birra la sera stessa e tu non sai mai cosa dirgli perché da bravo italiano hai l’agenda piena di impegni fissati da mesi e il concetto di spontaneità hai seri problemi a definirlo.
A Berlino resistere significa fare colazione in bar affollati da tedeschi che iniziano parlando della tua squadra del cuore e, poi, improvvisamente cambiare completamente discorso e domandarti se a casa vada tutto bene e che se hai un problema loro sono lì a disposizione, magari con una bella battuta ficcante ogni tanto per risollevarti davvero il morale. Evviva il senso dell’umorismo tedesco!
A Berlino resistere significa dovere dire di no a tutti gli amici e conoscenti che ti vorrebbero a casa loro come coinquilini, veri e propri adulatori che ardono all’idea di potere condividere con te la loro passione per il veganismo o il nudismo dentro casa e davvero tu non sai come fare, perché se é vero che trovi perfettamente normale che in un appartamento ci possano essere due frigoriferi a seconda dei propri orientamenti alimentari, dall’altro ti attira anche l’idea di un letto accanto alla stufa e non vedi l’ora di andare a prendere ogni due giorni il carbone in cantina, almeno un po’ di moto lo fai visto che a Berlino sei costretto a girare sempre in automobile.
A Berlino resistere significa dovere a avere a che fare con “quei rompicoglioni” dei non fumatori, sono dovunque, gente che ha reso la città un vero e proprio mortorio. Non c’è locale in cui ormai si possa accendersi una bella sigaretta e così si passano le serate a rollare tabacco per una collezione di pacchetti sfusi da fumarsi tutti di un fiato appena fuori dal locale, al caldo, senza il ristoro dato dall’aria condizionata.
A Berlino resistere significa dovere dire addio a tutte le bellissime giacche a vento firmate, pagate un occhio della testa quando in Italia si pensava di non poterne fare a meno, ed invece eccoci qui a novembre tutti in maniche corte e calzoncini.
A Berlino resistere significa dovere avere a che fare con vicini di casa premurosi fino alla nausea, di quelli che pur di lasciarti dormire durante il giorno e nei weekend, i loro party a base di space techno li organizzano solo in mezzo alla settimana, fino all’alba.
A Berlino resistere significa mettere in conto che c’è selezione all’entrata, che non è che tutti quelli che provano a fare gli artisti hanno poi davvero l’opportunità di definirsi tali, c’è sempre da qualche parte qualcuno chi ti controlla e ti giudica. Se organizzi un vernissage per presentare una mostra che effettivamente fa schifo, comunque ci sarà chi te lo dirà in faccia vietandoti di dire “faccio l’artista” quando in verità gli unici tuoi fan sono in famiglia e anche i tuoi migliori amici in fondo sanno che quel lavoro da cameriere o aiuto cuoco che hai accettato è più di un passaggio temporaneo della tua vita.
A Berlino resistere significa dovere imparare a cambi improvvisi di significato all’interno della stessa frase quando il tuo interlocutore ti parla in tedesco, non è facile confrontarsi con una lingua così fluida, poco logica e ricca di parole che si prestano ad un numero altissimo di accezioni, dove per dire sono le otto e mezzo si dice che sono le mezzo nove e il cinturino dell’orologio è una parola composta di sole tre lettere, Uhrarmband, che se tradotte e lette di seguito sarebbero Orologio-braccio-nastro.
A Berlino resistere significa vivere in una città che non è la propria, significa vivere fuori dall’Italia, lontani dalla famiglia che ci ha cresciuto e dagli amici con cui siamo cresciuti.Resistere significa avere tatuato sulle proprie spalle un occhio sempre aperto che ci informi su cosa succeda dall’altra parte, cosa facciano i nostri politici, dove e quando è stato l’ultimo alluvione o terremoto, come l’ultimo in Sardegna ad esempio, soffrire per una distanza che però non è abbastanza per impedirci di commuoverci, di tifare Italia con tutto il cuore ad ogni mondiale o europeo, di innamorarci di altri italiani che sono qui (sempre che i tedeschi non vadano bene), giovani e meno giovani venuti a cercare un futuro che anche in Italia sarebbe stato di resistenza, ma di quei tipi di resistenza di cui purtroppo, nonostante ne abbiamo avuto abbastanza, abbiamo spesso il pensiero e la speranza di riabbracciare poi un giorno, quando resistere sarà una parola che non ci apparterrà più.
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