Quinzaine di Cannes, delude Fai bei sogni di Marco Bellocchio
Tratto dal successo editoriale di Massimo Gramellini, il film Fai bei sogni di Marco Bellocchio ha aperto la Quinzaine des Réalisateurs di quest’anno. Il racconto autobiografico del vicedirettore de La Stampa, orfano di madre, poteva sembrare per i temi affrontati una sceneggiatura perfetta da mettere nelle mani del regista di I Pugni in tasca. Ma così non è stato. Non è infatti di sicuro tra i suoi film più riusciti, anzi forse il contrario.
Un romanzo di formazione tra presente e passato. Il racconto parte dall’infanzia di Massimo (Valerio Mastandrea) e dai ricordi che ha di sua madre, da subito dipinta con qualche problema. Il regista lascia facilmente intuire che la morte precoce non sia effettivamente dovuta a cause naturali come viene raccontato al figlio. L’intuizione però è offerta solo allo spettatore perché il film, così come fa il romanzo, narra del lungo percorso di vita che condurrà Massimo a scoprire le reali cause della morte della madre e di come questa scomparsa abbia segnato la sua formazione e la sua carriera. Come Gramellini, Bellocchio segue quindi un percorso di flashback. Nonostante ciò, il film è un racconto abbastanza lineare in cui i salti nel passato sembrano servire non tanto a evidenziare momenti particolarmente significativi del modo in cui il protagonista vive e interiorizza la perdita materna, quanto a farcelo vedere di volta in volta mentre cresce, potendo tagliar corto e passare dall’infanzia direttamente alla sua carriera giornalistica.
Un film con pochi guizzi. Pochi sono i momenti in cui la narrazione acquista un ritmo altrimenti quasi totalmente assente. Tutto il percorso lavorativo di Massimo risulta poco interessante e frutto della casualità. Persino quando la sua carriera lo porta in una zona di guerra, quale era la ex Jugoslavia, è il cinismo di altri a guidarlo. É un protagonista costantemente passivo, carattere che forse si addice al tono di recitazione di Mastandrea, ma che alcuni guizzi ci fanno supporre potesse regalare qualcosa di meglio. Sebbene Bellocchio in passato abbia saputo guidare al meglio attori dal talento di Filippo Timi, Toni Servillo, Sergio Castellitto o Alba Rohrwacher, questa volta l’unico che sembra dare un peso specifico al proprio personaggio, sebbene si tratti di un breve dialogo, è Roberto Herlitzka nel ruolo di un prete, insegnante del giovane Massimo. Inutilmente sprecato invece il personaggio di Bérénice Bejo e inesistenti le poche altre figure femminili, così come il monocromatico padre (Guido Caprino). Ombre sbiadite quasi quanto il ruolo di Barbara Ronchi nei panni della madre. In breve, Fai bei sogni purtroppo rimane sostanzialmente un insieme di momenti mal amalgamati, per lo più noiosi e che sembrano essere il frutto del lavoro di un regista poco interessato a suscitare l’interesse dello spettatore.
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