Quei profughi siriani che a Berlino celebrano l’Hannukkah ebraica ricordandoci chi siamo davvero
Un gruppo di bambini rifugiati siriani, insieme con altri gruppi di musulmani di Berlino, hanno partecipato domenica scorsa alla cerimonia pubblica per la festività di Hannukkah davanti alla Porta di Brandeburgo a Berlino, in un luogo già di per sé carico di significati che solo pochi giorni prima aveva ospitato una manifestazione del movimento PEGIDA, “contro l’islamizzazione dell’Occidente”.
In questo clima in cui molti ebrei europei e tedeschi temono di manifestare in pubblico i segni della loro religiosità a causa della montante ondata di antisemitismo, l’idea che gli 800.000 rifugiati musulmani portino con sé una cultura islamista e antisemita contribuisce a rinfocolare le paure. A ciò risponde il messaggio “che la pace e la tolleranza sono più forti di ogni disputa” pronunciato dal Rabbi Yehudah Teichtal, leader della comunità Chabad di Berlino. Il clima di paura nei confronti di tutti i musulmani, rifugiati compresi, non ha senso. Ci si ostina a non voler comprendere che quella in atto nel Medio Oriente è in primo luogo una guerra civile e che schierarsi coi rifugiati vuol dire precisamente schierarsi a favore dei valori libertari dell’Occidente.
Era importante che questo messaggio fosse lanciato a Berlino, in una cerimonia pubblica che ha luogo ormai da 14 anni a Berlino, alla presenza del ministro della cultura tedesco Monica Grütters e degli ambasciatori degli Stati Uniti, Inghilterra, Italia, Polonia, Ucraina, Brazile e Danimarca, e in occasione di Hannukkah, la festa del trionfo della luce sull’oscurità, e della ribellione contro la tirannia.
Sempre domenica, una famiglia di origine turca ha aiutato le famiglie ebree a creare le loro Menorah nella sinagoga di Fraenkelufer. Il giorno successivo alcuni rifugiati yazidi irakeni hanno partecipato all’accensione delle luci presso l’ufficio del Comitato degli ebrei americani a Berlino. Questa è la società, tollerante, aperta, continuo stimolo di gesti di solidarietà reciproca, di cui dovremmo essere fieri di vivere.
Photo: ©Mark Nakasone CC By SA 2.0