Parroco italiano a Berlino: “È una città corrotta e corruttrice”

“Berlino è un paradiso terrestre”. A pensarlo sono sicuramente in molti, tra quelli che ci vivono. Quando però a dirlo è un sacerdote – nello specifico don Giuseppe Chiudinelli, parroco italiano a Berlino – l’affermazione si vela di un’amara ironia. “Chi viene qui si perde, è una città corrotta e corruttrice. Io lo dico sempre ai giovani che arrivano e cercano disperatamente lavoro, dovete andare a Monaco, a Francoforte. A Berlino mica si trova facilmente un’occupazione”.

Negli anni don Giuseppe ha avuto occasione di conoscere la città e sa bene, avendoci vissuto a lungo, che i media italiani spesso tendono a mitizzarla. Già prima di diventare parroco a Berlino, cinque anni fa, era stato, tra il 1993 e la fine del 1999, missionario nella capitale tedesca. “E’ una bella città, ma per un prete non è certo una gran soddisfazione” – racconta energicamente don Giuseppe nell’ufficio della sua missione, a Wilmersdorf, un quartiere benestante a sud-ovest della città – “Se c’è una città atea, miscredente e diffidente dalla religione, quella è proprio Berlino”.

Effettivamente , se si pensa a quanti sono gli italiani nella capitale – 19.771, secondo i dati ufficiali del febbraio 2013 dell’Amt für Statistik Berlin-Brandenburg (Ufficio di Statistica di Berlino e Brandeburgo), più di 30.000 secondo i dati ufficiosi – i circa cento fedeli che riempiono la chiesa la domenica mattina alle dieci per partecipare alla messa in italiano, non sono poi molti. Secondo un’usanza tedesca, alla fine della messa chi vuole è invitato a prendersi un caffè e un dolcetto in una saletta attigua alla chiesa per poter scambiare quattro chiacchiere con gli altri fedeli. I più si conoscono da tempo e l’atmosfera è infatti quella di una famiglia allargata. Beatrice – una signora calabrese, ma “vera Wilmersdorferin” (abitante di Wilmersdorf), come si definisce – a Berlino ormai da 44 anni e sposata con un berlinese, pare conoscere tutti e si intrattiene con “il generale”,mentre Flavio, il coordinatore del gruppo giovani, cerca di racimolare adesioni per un brunch a Kreuzberg.

“La merenda dopo la messa è un’occasione per invogliare chi c’è a conoscersi e a inserirsi nella comunità. Il problema, però, è che i più si fanno vivi in missione solo quando sono nuovi nella città e devono avere qualche informazione pratica. Poi spariscono tutti. Anche i ragazzi che seguono il catechismo e fanno la cresima e la comunione – una quindicina all’anno – dopo non si vedono più. Questa missione è un po’ come un porto di mare”. La ragione, don Giuseppe, non la attribuisce solo alla posizione poco strategica della chiesa in cui ha sede la missione italiana. “Qualcuno c’è che si fa un’ora di viaggio per venire a sentire la messa in italiano, ma c’è anche chi preferisce non fare tutta quella strada e andare nella propria parrocchia. Il vero problema, però, è che in generale, quando arrivano a Berlino, le persone – specie i giovani- si sentono più libere dalla Chiesa cattolica e smettono di frequentare la comunità” – afferma senza mascherare una certa disillusione – “ Ma è evidente che anche in Italia gli italiani vanno sempre meno a messa”.

La missione italiana a Berlino ha avuto origine nei mesi successivi all’armistizio del 1943, quando don Fraccari giunse da Verona per dare supporto agli internati militari italiani – i soldati italiani catturati dai tedeschi dopo l’armistizio – e ai connazionali che già si trovavano a Berlino per lavorare. A lui si deve la costruzione di una “Casa per gli Italiani” per orfani e anziani nel 1948 e l’identificazione e sepoltura nel cimitero di Zehlendorf di molti internati italiani. La missione – nata dunque per rispondere a bisogni concreti della popolazione italiana in Germania negli ultimi anni della Guerra – da temporanea che doveva essere, è invece diventata stanziale, perché stanziali sono diventati gli italiani, originariamente arrivati in Germania con l’idea di tornare in Italia dopo qualche anno.

“I più vengono dalla Sicilia, dalla Calabria e dalla Puglia e lavorano nell’ambito della ristorazione. Della vecchia immigrazione – quella degli anni Sessanta e Settanta – sono pochi quelli che sono tornati in Italia”- racconta don Giuseppe con il suo vivo accento bresciano – “La maggior parte resta, anche dopo la pensione. Ormai in Germania hanno figli e nipoti e in Italia non si adattano più, perché qui funziona tutto meglio. Però molti vivono sempre facendo a pugni con la realtà, con questo Heimweh (nostalgia di casa) di sottofondo e con l’eterna idea di voler tornare”.

Negli anni, la missione ha cambiato collocazione varie volte. A causa di difficoltà finanziarie, la diocesi di Berlino è stata costretta a vendere l’ultima sede alla comunità siriano ortodossa: la missione italiana è stata trasferita nella “Heilig-Kreuz Kirche” di Wilmersdorf. “La collaborazione con la comunità tedesca è buona e c’è anche qualche tedesco che viene alla messa italiana”, afferma don Giuseppe. Assieme, italiani e tedeschi celebrano la messa di Pasqua e la processione del Corpus Domini. “I tedeschi però vorrebbero che la comunità italiana si integrasse di più. Ma il problema non è solo la lingua, che alcuni – soprattutto le donne – ancora non parlano bene, nonostante i molti anni che sono qui. Integrarsi vorrebbe dire annullare se stessi e la propria identità cristiana italiana. I tedeschi vivono la fede cattolica in maniera molto diversa e non capiscono la mentalità italiana”.

L’ampio ufficio di don Giuseppe si affaccia sul cortile della chiesa. In un angolo, l’ultimo pacco natalizio preparato per i poveri aspetta di essere recapitato. Sono una ventina le donne che si impegnano in attività parrocchiali, come la gestione del bazar dell’Avvento. La castagnata e la festa della mamma sono altri eventi che vengono organizzati per cercare di rinforzare la comunità dei fedeli. Ma le adesioni non sono tante. “Eppure basterebbe cercare su internet e la missione si trova. È che la gente non ha interesse a venire”.

A Berlino, don Giuseppe è voluto venire perché avvertiva da sempre un certo legame con la città, essendovi suo padre stato prigioniero durante la guerra. Anche la lingua gli piaceva, pur non conoscendola prima di trasferirsi: “Ma non ho intenzione di diventare vecchio qui, prima o poi tornerò in Italia. Il vescovo di Brescia, per spingermi a restare, dice che il futuro della Chiesa in Europa è qui…Ma lo è in senso negativo – aggiunge senza mezzi termini il parroco: “Il futuro è qui perché ormai si va verso l’ateismo”.

Prima di salutarci, don Giuseppe mi offre un Lebkuchen (biscotto natalizio), regalo del parroco tedesco. “Sa, a me questi dolci non è che mi entusiasmino. Il panettone, quello sì che mi piace!”.

Dove:
Missione Cattolica Italiana, Hildegardstr. 3a,10175 Berlino.

UPDATE 26 GIUGNO 2015: Don Giuseppe Chiudinelli è deceduto per cause naturali la mattina del 26 giugno 2015

la foto è © Gareth – CC BY-NC 2.0