Moonage Daydream è un’esperienza visionaria che vi trascinerà nell’universo di David Bowie
Moonage Daydream, la nuova opera di Brett Morgen su David Bowie, non è nè una biografia, nè un documentario ma è un’esperienza emotiva e visionaria che vi trascinerà dentro la mente del Duca Bianco
Pochi giorni fa, agli inizi di agosto, l’emittente tematica britannica Sky Arts ha decretato David Bowie come “l’artista più influente degli ultimi 50 anni”. Una nomina che non dovrebbe stupire più di tanto, visto l’impatto e l’influenza che il cantante – ma anche attore, pittore, scultore e chi più ne ha più ne metta – ha avuto nella scena culturale del XX e XXI secolo. Bowie è una delle figure più complesse da raccontare ma Moonage Daydream, l’ultima fatica del regista Brett Morgen, lo fa (quasi) alla perfezione. Non è un semplice film biografico o un didascalico documentario in cui si raccontano le sue opere, ma è un vero e proprio viaggio emotivo che penetra la superficie e porta gli spettatori direttamente dentro la mente di Bowie.
Il lavoro di Morgen è stato letteralmente titanico. Unico cineasta ad aver avuto il permesso dagli eredi di Bowie a girare un film su di lui e il completo accesso agli archivi privati. Un mare magnum di materiale inedito, con centinaia di ore di filmati, foto e audio in cui Morgen ha navigato per 4 anni prima di riuscire a finire Moonage Daydream. Il film uscirà nelle sale tedesche il 15 settembre 2022 e la colonna sonora verrà pubblicata il giorno dopo.
“Da dove è venuto? È una creatura da una potenza straniera? Un maniaco? È pericoloso? Intelligente? Stupido? È gentile con i suoi genitori? È reale? Pazzo? Sano di Mente? Uomo? Donna? Robot? Che cosa è?
“Dio è morto e gli stessi uomini devono diventare déi a loro volta”. Moonage Daydream si apre con questa citazione dello stesso Bowie, pronunciata nel 2022, in cui viene ripreso il pensiero di Nietzsche, filosofo tedesco con cui l’artista britannico flirterà non poco durante la sua carriera. Da subito Morgen mette in chiaro la poetica che caratterizzerà tutto il film e che si può descrive con l’espressione ‘caos controllato’. Che potrebbe sembrare un ossimoro, ma è una perfetta sintesi della carriera di Bowie. È lui stesso, infatti, ad affermare che “Caos e tempo sono le cose più difficili da controllare. E io ci ho provato”. Ecco che, subito dopo, si è travolti da un caleidoscopio di immagini con, sparata a tutto volume, la martellante Hallo Spaceboy (nella versione remix dei Pet Shop Boys) dall’album 1.Outside, disco della rinascita pubblicato nel 1995 dopo una serie di album non proprio brillantissimi.
Morgen salta a piè pari gli inizi della carriera di Bowie e ci presenta la prima (di tante) ‘reincarnazione’ di Bowie: Ziggy Stardust. Un semidio – anzi, un Superuomo per rimanere vicini al pensiero nietzschiano – venuto dallo spazio. Morgen, attraverso filmati di repertorio non solo mostra stuoli di fan urlanti e disperati ma percorre il ‘messaggio’ che Ziggy voleva portare all’umanità e questo proponendo numerose interviste dove, per lo più, gli viene chiesto il perchè si vestisse da ‘donna’ o quale strano tipo di creatura fosse. Una domanda che non trova una facile risposta e che, molto probabilmente, non ha neanche senso dare.
Il regista utilizza un montaggio serratissimo, al cardiopalma, inserendo, oltre ai video di Bowie, spezzoni lisergici creati ex novo, con nebulose spaziali e colori acidi che trascinano dentro la ‘narrazione’ lo spettatore. Ma completa il tutto anche con foto e spezzoni di tutte le opere o i personaggi che hanno contribuito a creare lo sfaccettato universo bowieano: dal già citato Nietzsche al cinema espressionista tedesco delle origini, passando per i T-Rex di Mark Bolan, per l’esoterista Aleister Crowley arrivando ai Beatles e al mimo Marcel Marceau. ‘I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano’ dice una famosa citazione. E Bowie la riflette completamente.
Si passa poi alla fase più ‘oscura’ di Bowie ma, paradossalmente, quella in cui è riuscito a produrre alcune delle sue opere più originali e creative (almeno a giudizio del sottoscritto). Si tratta di quel periodo che, idealmente, parte dal 1974, anno di pubblicazione di Diamond Dogs, geniale opera basata sul romanzo 1974 di George Orwell, e che arriva fino al 1979, quando venne pubblicato l’ultimo album della celebre Trilogia berlinese, Lodger.
Sono gli anni in cui Bowie cambia pelle e veste i panni dell’algido Thin White Duke, l’esile Duca Bianco perfetta incarnazione del Superuomo profetizzato da Nietzsche. Ma sono anche gli anni in cui l’artista precipita in un vortice di cocaina ed esoterismo, una spirale che rischiò di distruggere Bowie fisicamente e mentalmente. Morgen propone moltissimi filmati inediti di questa fase – i fan di lunga data sanno che registrazioni video di questo periodo sono molto rare – che faranno la gioia degli ammiratori di Bowie. Emozionanti i video dei live dell’Isolar Tour I e II così come le interviste fatte al musicista all’interno del suo appartamento berlinese – il trasferimento nella capitale tedesca da Los Angeles gli salvò letteralmente la vita – al primo piano di Hauptstrasse 155.
Si passa poi al periodo che in molti considerano il più ‘faceto’ della carriera dell’artista, cioè gli anni ’80 del successone commerciale di Let’s Dance e dei tour faraonici come il Serious Moonlight Tour o il Glass Spider Tour. Anche qui Morgen non descrive questa fase in maniera didascalica, ma approfondisce il percorso umano di Bowie, con una serie di filmati dei suoi viaggi in vari Paesi asiatici alla scoperta di nuove culture.
L’unico neo di Moonage Daydream è non aver approfondito la carriera di Bowie dagli anni ’90 in poi
Inspiegabile, però, come Morgen in Moonage Daydream salti a piè pari il periodo degli anni ’90, dedicandogli pochi minuti. Se si pensa che è una delle decadi più interessanti, una vera e propria rinascita dopo una serie di scivoloni artistici, con la pubblicazione di album del calibro di 1.Outside o Earthling. Così come, ugualmente imcomprensibile, è la scelta di non affrontare praticamente tutti gli anni 2000, anche in questo caso proponendo solo pochi minuti di approfondimento con spezzoni di video degli ultimi due singoli pubblicati, Lazarus e Blackstar, buttati lì un po’ a casaccio, senza una vera e propria contestualizzazione. Questi sono gli unici punti a sfavore di Moonage Daydream.
Per il resto Morgen ha realizzato forse l’opera più completa per poter capire il complesso universo concepito da Bowie. E lo fa concentrandosi solamente sull’artista, senza proporre ricordi o testimonianze di amici musicisti o di conoscenti di Bowie e, soprattutto, non fermandosi a proporre solamente i brani più famosi dell’artista. Moonage Daydream è, insomma, la poetica bowieana allo stato puro ed è, probabilmente, come lui stesso avrebbe realizzato un’opera autobiografica raccontando la propria carriera.
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Immagine di copertina: La locandina di Moonage Daydream di Brett Morgen