Maurizio Pollini suona Chopin alla Philharmonie di Berlino
Personaggio controverso, amato con devozione e criticato con forza, Maurizio Pollini è uno dei più noti pianisti italiani nel mondo e si esibirà anche quest’anno alla Philharmonie di Berlino. Lunedì 10 marzo terrà un concerto con un programma che prevede quasi esclusivamente il suo cavallo di battaglia, ovvero l’amato Chopin. Pollini, milanese, classe 1942, ha iniziato la sua carriera da giovanissimo e già a 18 anni vinceva a Varsavia l’ambitissimo premio FrédéricChopin. Pare che l’allora anziano Arthur Rubinstein – uno dei massimi concertisti del XX secolo e anche esperto conoscitore del compositore polacco – dopo la sua prova gli riservò parole di grande stima. Nonostante la giovane età, ritenne la sua sensibilità musicale e la sua tecnica di rara quaità: «ci sorpassa tutti» disse saggiamente il maestro allora settantatreenne.
Nel corso degli anni Pollini ha poi dedicato le sue eccezionali doti tecniche e mnemoniche all’esplorazione del repertorio contemporaneo, collocandosi tra i maggiori interpreti del Novecento. Ebbe stretti rapporti con tutta l’elitè dell’avanguardia musicale, collaborando a progetti di sensibilizzazione nei confronti della musica moderna insieme a Luigi Nono e a Claudio Abbado. Impegnato con loro a portare la musica dove mai era arrivata prima, trovandosi a suonare nelle fabbriche per gli operai, dimostra di essere “uomo del suo tempo”, con passione politica e attenzione civile. Nella fabbrica poligrafica di Genova, Pollini suona davanti a quella parte di Italia calda, che sfila e occupa. Lì, senza voler rinunciare alla qualità della performance, per migliorare l’acustica della sala, decide di ricoprire le macchine di cartoni.
Scorrendo l’elenco delle sue registrazioni non c’è territorio musicale che non abbia esplorato: da Chopin a Bartók, e poi Schönberg, Berg, Nono. Dagli anni Settanta si confronta anche con il repertorio austro-tedesco: Beethoven, Schubert, Mozart. Luciano Berio (chissà, forse ad hoc proprio per lui?) sosteneva d’altra parte che: «i migliori solisti del nostro tempo – moderni nell’intelligenza, nella sensibilità e nella tecnica – sono quelli capaci di muoversi in un’ampia prospettiva storica e di risolvere le tensioni fra la creatività di ieri e di oggi, adoperando i loro strumenti come mezzi di ricerca e di espressione».
Criticato per essere metronomico, di non far respirare la frase musicale, di suonare talvolta senza cuore ma anche giudicato severamente per la sua attenzione alle vicende sociali e per le sue prese di posizione politiche. Enorme scandalo provocò Pollini nel 1973 per aver voluto leggere, poco prima di iniziare un concerto alla Società del Quartetto a Milano, una dichiarazione sulla ripresa dei bombardamenti americani su Hanoi. Il pubblico insorge, fischia, lo insulta, non solo non gli fa finire la lettura ma addirittura viene annullato il concerto e viene espulso dalla sala. Lui l’episodio lo racconta con queste parole «[…] dopo cinque secondi, la parola Vietnam suscita un boato spontaneo. Non avevo la pretesa di fare propaganda politica. Era una semplice protesta contro un efferato episodio di guerra. Rimasi di sasso per la violenza e la precisione della reazione. Nella mia ingenuità, pensavo che avrei potuto suonare egualmente». E invece questo suo discorso sul Vietnam provocò talmente tanto rumore che se ne parlò per mesi e spinse Umberto Eco ad interrogarsi, partendo dall’accaduto, sul significato dell’arte e dell’artista nel nostro tempo nell’articolo La bistecca e la politica pubblicato sul quotidiano «Il Giorno».
L’intensa attività discografica è stata ampiamente riconosciuta dai numerosi premi che ha ricevuto nel corso della sua carriera, tra i quali l’Echo Klassik, il Diapason d’Or, il Grammy Award, il Disco d’Oro. Nel 2013 riceve dall’Università Complutense di Madrid la Laurea Honoris Causa.
Piero Rattalino, storico del pianoforte, ricorda che quando vide il giovane Pollini portare come programma al concorso Chopin i quattro più impervi Studi del compositore polacco, pensò che «quel ragazzo o sarebbe diventato il più grande pianista del mondo o sarebbe finito in manicomio». La storia insegna quale di queste due previsioni si trasformò in realtà.
Quando
lunedì 10 marzo ore 20.00
Dove
Philharmonie, Herbert-von-Karajan-Str. 1, 10785.
Qualche biglietto è ancora possibile acquistarlo qui oppure si può tentare la sera stessa del concerto recandosi direttamente in biglietteria, a partire da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo.