La pausa caffè con i colleghi tedeschi e quei silenzi che ti fanno sentire straniero
A quanti di voi sarà capitato almeno una volta di ritrovarsi tra tedeschi in pausa caffè, momenti di attesa a metà giornata o prima di iniziare il lavoro, incontri casuali tra colleghi, fine del lavoro…
Siamo italiani, amiamo questi momenti ottimi per instaurare rapporti sociali, confrontarsi sul lavoro, informazioni tecniche o un conforto personale, una battuta, una sfogo, organizzare attimi di svago insieme, una cena, una pizza, un cinema, sport, concerti o qualsiasi attività da tempo libero. Tu provi a lanciare un argomento, un amo in un mare di pensieri che potrebbero seguire nelle voci degli altri, ma ciò che ti ritornano indietro sono normalmente risposte monosillabi che chiudono ogni possibile discussione o anche solo il desiderio di perpetrarla. A volte sei più fortunato, li trovi a parlare. Inizialmente ti avvicini sperando che quel cerchio di conversazione, quasi per osmosi, finisca per coinvolgerti.
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Purtroppo le loro battute però sono in dialetto o sono modi di dire difficili da comprendere se il tedesco non lo sai – per l’appunto – come un tedesco.
Potrai avere anche il viso simpatico o esser buffo quando parli, ma il tedesco non ha certo la pazienza per poterti tradurre ogni battuta o parlare piano solo per te..e non perché sia freddo e distaccato, razzista o altro, ma perché logicamente son attimi fuggenti, pochi minuti di svago e relax… In gruppo tra tedeschi… Lo faremmo anche noi tra italiani. Finisce così che ti senti un muto, un pesce fuor d ́acqua, una statua che può fare a meno, almeno in quei minuti, di un cervello capace di pensare anche a qualcosa che non riguarda quel lavoro che vi tiene assieme in ufficio. Fuori da quelle mura conosci bene il tuo valore, sia come professionista che come individuo sociale, eppure rischi di sentire chiusa in un vicolo cieco la tua personalità.
Non cresci. Sei un automa, pronto solo a cercare di capire i tuoi compiti per poter lavorare bene, portare i soldi a casa e mantenere il tuo tanto sudato contratto di lavoro…
Se migliori la lingua – io sono qui da 4 anni e solo ora mi sento di poter affermare di avere un buon livello di tedesco – puoi attutire un minimo questo senso di estraniamento. Espatriare è anche saper accettare questo, annullarsi per un periodo di tempo dalla durata variabile, resistere con la speranza (ben riposta, dovete avere pazienza) che anche quegli anni passati da semplice esecutivo verranno ripagati da un nuovo spirito di osservazione e da una cultura – quella della nuova lingua – a suo modo affascinante e che – se vorrete – vi aprirà anche molte nuove porte nel mondo del lavoro.
*Sergio Manera: architetto pugliese, vive a Berlino da 4 anni dopo esserne stato assiduo visitatore per 19.
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