In Germania la Zeit si augura i matrimoni gay. In Italia si manifesta contro. È il 2015 per entrambi i paesi?
Nei giorni scorsi, sfogliando il n° 22 di die Zeit – settimanale che potremmo definire di sinistra liberale, ma vicino al mondo protestante -, ci si poteva imbattere in un editoriale firmato da Stefan Schmitt che si rallegra del referendum irlandese e auspica anche in Germania “matrimonio per tutti“, anche perché “in fin dei conti si tratta di matrimonio civile, non dell’omonimo sacramento religioso”. L’articolo vede nello storico risultato irlandese un’enorme occasione di dibattito politico anche per la Germania, dove peraltro già vige dal 2001 una legge sulle unioni civili (Eingetragene Partnerschaft gleichgeschlechtlicher Paare).
Ma la Lebenspartnerschaft, malgrado le progressive modifiche subite nel corso degli anni, a detta di Schmitt “non accorda alle coppie omosessuali tutti i diritti di cui godono le coppie etero sposate”, favorendo inevitabilmente il riproporsi della medesima, cruciale questione: “perché due legislazioni diverse? Può lo Stato fare una differenza in base all’orientamento sessuale?”. Nella Costituzione tedesca non esisterebbero, contrariamente all’opinione di alcuni giuristi, validi appigli a un simile indirizzo, dal momento che “gli autori del testo costituzionale non si sono affatto arrogati il diritto di esprimere un giudizio su cosa sia esattamente una famiglia e su chi possa contrarre matrimonio. Non sono dei paragrafi a determinare tali aspetti, ma la società stessa”.
Resterebbe così, come controargomento conservatore, solamente la biologia: gli omosessuali non potrebbero mai formare una vera famiglia, in quanto per natura incapaci di avere figli. L’autore liquida la tesi – non senza un brivido di raccapriccio – come “infondatamente normativa” e “non al passo coi tempi, per quanto riguarda le possibilità della medicina riproduttiva”. D’altra parte, definire il matrimonio solo mediante la procreazione condurrebbe a conseguenze piuttosto paradossali, escludendo dagli aventi diritto anche tutte le coppie etero che non possono o non vogliono avere figli.
Chi prova, edificato da cotanto equilibrio di analisi e spirito progressista, a volgere il suo sguardo alle vicende italiche, corre il serio rischio di incorrere in uno shock culturale. Come tutti sanno, l’Italia, insieme a pochi altri Stati europei, ancora non garantisce alcuna forma di riconoscimento alle coppie omosessuali, nonostante le associazioni e una rilevante parte della società civile da lungo tempo invochino al riguardo un serio dibattito parlamentare e un decreto di legge.
Ebbene oggi, a Benevento, nel cuore antico del Meridione clericale, si tiene per la prima volta il Campania Pride. La semplice idea che la cittadina possa ospitare una parata contro il pregiudizio omofobo, che rivendichi, tra le altre cose, l’estensione del matrimonio civile alle coppie gay, la possibilità di adozione e l’accesso alla procreazione medicalmente assistita, ha suscitato nelle scorse settimane l’indignazione di alcune associazioni cattoliche locali, culminate nella creazione di una pagina Facebook, “No al gay pride a Benevento“, e in una veglia di protesta delle “Sentinelle in Piedi“.
Oggi pomeriggio è prevista anche una contro-manifestazione, cui aderiranno militanti di Forza Nuova, per quanto l’evento sia formalmente apartitico, e gruppi ultracattolici dal nome vagamente esoterico come “Il Cammino dei tre sentieri”. Dopo il referendum irlandese, il Vaticano aveva ribadito che i matrimoni gay costituiscono “una sconfitta per l’umanità“. Con toni ancora più concilianti, alcuni esponenti cattolici beneventani hanno parlato di un peccato che “grida vendetta al cospetto di Dio”. Le relazioni omosessuali vengono definite “gravi depravazioni“, atti “intrinsecamente disordinati”, “che non possono essere approvati in nessun caso”. Si invita infine alla preghiera, soprattutto in favore di “coloro che potrebbero essere scandalizzati da simili spettacoli”.
Ecco, mettendo a confronto un tale scenario con l’illuminato editoriale di die Zeit e, più in generale, con l’atmosfera di pluralismo e libertà che si respira a Berlino, si ha un esempio molto concreto di ciò che una volta Ernst Bloch definì “contemporaneità del non-contemporaneo” (Gleichzeitigkeit des Ungleichzeitigen): quella paradossale circostanza per cui, nello stesso momento storico, possono coesistere culture, visioni del mondo e dimensioni sociali lontanissime, addirittura appartenenti a epoche differenti come il Medioevo e il Postmoderno.
Si stenta a crederci, ma Benevento non è affatto un caso isolato. Le realtà più becere e reazionarie assumono un’influenza crescente nel nostro malconcio Paese, come dimostrano gli episodi sempre più frequenti di razzismo, xenofobia e omofobia. L’unico antidoto possibile, come sempre, è appoggiare e proteggere sul nascere ogni forza coraggiosa e progressista, in attesa che la ruota della Storia si sincronizzi per tutti sul presente.
Photo: Christopher Street Parade Berlin © chtfj21 – CC BY SA 2.0