Il laboratorio di cucina di Berlino in cui ogni chef è un rifugiato

La politica di apertura di Berlino non è un segreto: nella capitale tedesca i rifugiati sono stati accolti con molteplici iniziative di integrazione, al contrario di ciò che (non) è stato fatto in altri Paesi, europei e non.

Dopo aver raggiunto il culmine tra 2015 e 2016, l’afflusso di richiedenti asilo verso la Repubblica Federale Tedesca si sta gradualmente riducendo. Come riporta The Guardian, Berlino è ricca di iniziative volte a promuovere l’integrazione, molte delle quali fanno del cibo esotico il fulcro di un processo di incontro culturale. In alcuni ristoranti della capitale tedesca si preparano piatti tipici siriani, libanesi e così via, permettendo ai rifugiati stessi di portare in tavola le specialità culinarie tipiche dei propri Paesi di provenienza e di spiegarne la storia ai clienti. Oltre a questo sono stati avviati dei gruppi di cucina coordinati da rifugiati in possesso di certificazione apposita: in questi corsi il focus viene mantenuto sulla cucina come mezzo di integrazione.

Il ristoranti in cui le pietanze vengono servite da rifugiati

Nel quartiere berlinese di Neukölln il ristorante Alagami serve tabbouleh e hummus. La novità? Sono i rifugiati stessi a portare in tavole le pietanze. I cibi esotici sono solo un pretesto per creare un ponte tra culture diverse. In effetti quale strumento è migliore del cibo per favorire l’incontro e il dialogo? Noi italiani lo sappiamo bene. Rifugiati provenienti da Afghanistan, Siria e Nord Africa espongono agli avventori berlinesi la storia dei piatti, cercando di far conoscere la ricchezza della propria cultura. L’impiego rappresenta per i rifugiati una possibilità di integrazione, il possibile inizio di una nuova vita sul suolo tedesco. Oltre al ristorante Alagami, anche il caffè Sharehaus Refugio di Kreuzkölln (tra i quartieri di Kreuzberg e Neukölln) e alcuni stand della Markthalle Neun adottano una simile politica.

I gruppi di cucina in cui ogni chef è un rifugiato

Per quanto riguarda l’idea dei gruppi di cucina, il successo che l’iniziativa sta riscuotendo è arrivato anche alle orecchie di esperti di gastronomia come Jörn Kabisch, che si è iscritto al gruppo Über den Tellerrand, il cui mantra potrebbe essere riassunto con la formula “il cibo è un modo per incontrarsi”. Nell’ambito di serate di collaborazione culinaria, si lavora insieme sui piatti e sulle differenze culturali, allo scopo di insegnare qualcosa non soltanto a proposito delle pietanze, ma anche delle persone partecipanti. Si tratta di un tentativo di accogliere la diversità e farla diventare un punto di forza, anziché un ostacolo.

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Foto di copertina © Pagina Facebook Sharehaus