Italiani all'estero

Gli italiani che emigrano sono fondamentali per il prestigio del nostro Paese all’estero

Una riflessione sulla ricchezza che rappresentano gli italiani emigrati all’estero

 Anna Mahjar-Barducci è una ricercatrice, giornalista e scrittrice italiana, residente a Gerusalemme. Il padre è italiano, la madre è marocchina, il marito israeliano. È autrice di “Italo Marocchina. Storie di immigrati marocchini in Europa” (Diabasis, 2009, prefazione di Vittorio Dan Segre), di “Pakistan Express. Vivere (e cucinare) all’ombra dei talebani” (Lindau, 2011; finalista del premio Bancarella della cucina 2012; tradotto in Polacco dalla casa editrice Sic!; prefazione di Oliviero Toscani) e di “La mia scuola è il mondo” (Melagrana, 2013; prefazione del Ministro Graziano Delrio). È presidente dell’associazione Expats Italiani.

Ripensare gli Italiani all’Estero: Il Soft Power dell’Italia

di Anna Mahjar-Barducci

Il politologo Americano Joseph S. Nye ha definito il Soft Power come “il potere di seduzione che uno Stato esercita sugli altri”, ovvero l’abilità di un potere politico di persuadere, convincere, attrarre e cooptare, tramite risorse intangibili quali “cultura, valori e istituzioni della politica”. Nel caso dell’Italia, il proprio prestigio culturale la avvantaggia nel suo potenziale di attrazione, ma – da solo – non è sufficiente. Per dare risultati, il soft power deve essere promosso all’estero, affinché altre nazioni subiscano il fascino di un diverso Paese. In un momento in cui l’influenza dell’Italia in politica internazionale è minima, il soft power diventa uno strumento per sviluppare il suo status, una presenza a livello mondiale e una public diplomacy funzionante, oltre a un supporto internazionale.

Gli italiani all’estero iscritti all’AIRE – Anagrafe Anagrafe Italiani Residenti all’Estero –  sono 5 milioni

A Berlino sono circa trentamila. In molti casi, questa emigrazione italiana ha creato, nei luoghi di residenza, associazioni volontarie per la promozione della cultura e della lingua italiana, ha aperto testate giornalistiche e luoghi di ristorazione. Per fare alcuni esempi tangibili: a Washington D.C. l’associazione Italians in D.C., lanciata dall’italo-bosniaco Ivan Butina, ha come mission “educare alla cultura italiana contemporanea”. Negli anni, l’associazione ha organizzato conferenze su temi socio-economici italiani con la Johns Hopkins, e presentazioni di libri di autori italiani. A New York, dentro il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, si trova la sede della Voce di New York, un quotidiano indipendente online bilingue italiano-inglese, che promuove la cultura italiana. A Tunisi, è ancora pubblicato il quindicinale di lingua italiana, Il Corriere di Tunisi, il cui primo numero venne dato alle stampe nel 1869. I luoghi di ristorazione italiana, aperti da espratriati nel mondo, sono inoltre impossibili da elencare, dato il loro numero cospicuo. Passando da ristoranti di successo a NY come “Nello” sulla Madison Avenue, alla gelateria ‘I 3 Italiani’ a Hong Kong aperta da tre imprenditori molisani, ai nuovi ristoranti di cucina italiana a Tirana. Questi sono soltanto alcuni esempi delle attività in cui gli italiani all’estero sono impegnati, senza alcun riconoscimento da parte delle istituzioni italiane.

Altri paesi, come gli Stati Uniti e la Francia, investono nel proprio soft power all’estero.

In quasi tutte le capitali mondiali, si trovano scuole internazionali americane e francesi. La Francia ha lancianto l’emittente France 24 in varie lingue come inglese e arabo, per promuovere la propria cultura, moda e le proprie politiche internazionali. Gli Stati Uniti investono annualmente centinaia di milioni di dollari in piattaforme mediatiche come Voice of America e Radio Free Europe. La Francia inoltre promuove eventi nel quadro della Francofonia, che coinvolgono paesi africani, europei ed il Canada. L’Italia però non possiede né il peso politico di Stati Uniti e Francia né le capacità economiche per introdursi culturalmente e politicamente nei paesi esteri.

Gli espatriati italiani, pertanto, sono l’unico viatico per il soft power dell’Italia.

Sono loro gli ambasciatori, che danno impulso all’Italian style nel mondo con le loro attività imprenditoriali e associative. E sono sempre loro che sostengono la penetrazione culturale italiana, favorendo la richiesta del Made in Italy all’estero, che coincide con l’export di beni e servizi.

Le istituzioni italiane però sono assenti e sembrano non riconoscere il ruolo degli italiani all’estero.

L’Italia dovrebbe favorire e creare networks con i propri connazionali nel mondo, in modo tale che il proprio soft power diventi più efficace e organizzato. Di fatto, però, i programmi politici elettorali dei partiti in Italia mostrano che questa forza a livello internazionale non è tenuta in conto, facendo sentire gli espatriati dei cittadini di serie B. In realtà – senza alcuna retorica – gli italiani all’estero potrebbero invece rappresentare la rinascita culturale dell’Italia.

[adrotate banner=”39″]

SEGUI TUTTE LE NEWS SU BERLINO, SEGUI BERLINO MAGAZINE SU FACEBOOK

[adrotate banner=”34″]

Photo: © Pixabay  CC0