Expo 2015: Franceschini ci mette la faccia a Berlino, ma che figuraccia per l’Italia
Dalla prima esposizione allestita a Londra nel 1851, le varie Expo hanno sempre rappresentato una grande opportunità per i paesi ospitanti: un’occasione di apertura verso l’estero, di condivisione di innovazioni scientifiche e tecnologiche, di inaugurazione di spazi di discussione ed espressione di idee. Un’opportunità, se vogliamo, di progresso umano.
Expo Milano 2015, “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”, promette di onorare questa tradizione, e, semmai, di fare molto di più.
«Sarà un evento unico e straordinario». Durante l’incontro con la stampa a Berlino, il 23 marzo, il Ministro dei Beni Culturali e del Turismo Dario Franceschini descrive così la manifestazione più attesa d’Italia. E lancia quella che ha tutta l’aria di un’esperienza mistica, più che di una fiera internazionale: «Expo Milano non sarà la solita Expo, ma un nuovo concetto espositivo, i cui 20 milioni di visitatori saranno direttamente coinvolti all’interno del complesso mondo del cibo e ne conosceranno i molteplici canali».
Da qualche mese, in effetti, il Ministro Franceschini si sta impegnando a livello internazionale per promuovere Expo 2015 – e, già che c’è, anche l’Italia. E, come accade in questi casi, in previsione dell’evento si sta investendo «soprattutto su ciò che è propriamente italiano, con iniziative importanti che si concentrano non solo sull’importanza del luogo, ma anche sulle varie peculiarità del Bel Paese».
Sarà. Eppure l’intervento di Franceschini ricorda tanto una réclame delle vecchie agenzie di viaggio: pare quasi che poco vi sia da celebrare, dell’Italia, se non le cittadine e gli scorci, i promontori e le coste, i centri storici e le campagne. Non una parola, invece, su quello che dovrebbe essere il programma culturale dell’evento, di cui, in teoria, il Ministro è rappresentante. Anzi, a proposito di Expo, l’invito di Franceschini è di visitare Roma che «è talmente bella, che è stata scelta come set del prossimo film di 007».
I padiglioni, comunque, continuano a trovarsi a Milano e non a Trastevere. E quando appunto, finalmente, si chiede a che punto sia la corsa contro i famosi ritardi nella costruzione delle infrastrutture, il Ministro ride e risponde: «Ma sì, niente paura, noi italiani siamo sempre in ritardo!».
Incredibile sentirlo dire proprio da chi dovrebbe rappresentarci. Nel frattempo, a meno di due mesi dal via, solo il 18% delle opere risulta terminato, e i ritardi maggiori riguardano proprio Palazzo Italia, edificio da 13 mila metri quadri, cuore dell’Expo made in Italy.
Chissà perché, invece di plaudire al savoir-faire di Franceschini, molti italiani non hanno organizzato dimostrazioni di protesta contro il provincialismo di una certa politica nostrana che all’estero ci rende bersaglio di ridicoli humour e rumors. Rappresentiamo ormai un’Italia fraintesa, che al di là delle coste, pure “#verybelle”, non conosce più la gloria di un passato culturale che sicuramente merita un futuro.
Tra le fila Franceschiniane, comunque, c’è ancora chi si sente rassicurato dalla presenza di Renzi, che «prima di essere Presidente, era Sindaco di Firenze e nessuno meglio di lui sa cosa vuol dire investire sulla cultura».
Sarebbe davvero singolare, a questo punto, se il pathos intellettuale e culturale cui si appellano i ministri restasse estraneo proprio alla sfida Expo. Se il sistema politico sente di non volere alcun cambiamento, viceversa l’Italia ha bisogno di un’iniziativa, politica o meno che sia, che offra una sferzata vera di riscatto e ispirazione. Di seguire una via fatta di più sobrietà e patriottismo, se si vuole, e più rinunce – anche, eventualmente, all’umorismo tutto all’italiana. Ma è un riscatto che solo in parte, per ora, ci si può aspettare da Expo 2015.