Massimo Mannozzi:«Da Pelé ai Queen, al mio Bacco a Berlino venivano a mangiare proprio tutti»

A tu per tu con Massimo Mannozzi, Cavaliere della Repubblica tedesca dal 1995

«Il mio ristorante divenne ben presto un punto di riferimento a livello internazionale, perché si mangiava come in Italia ed era frequentato dai personaggi più importanti dell’epoca: di volta in volta Herbert von Karajan, Romy Schneider, Jack Nicholson, Willy Brandt, Helmut Kohl, Freddie Mercury e i Queen, Depeche Mode, Pelè, Daniel Barenboim, Rod Stewart, Sofia Loren, Gina Lollobrigida, Claudia Cardinale, Ornella Muti, Adriano Celentano. Venivano tutti a mangiare da me!». Ne ha di ricordi Massimo Mannozzi, storico punto di riferimento a Berlino per l’ottima cucina italiana del suo ristorante Bacco, che quest’anno chiude dopo quasi cinquant’anni di attività (ma Mannozzi continuerà la sua attività in Versilia, a Lido di Camaiore, dove gestisce il Bacco Hotel). Il ristorante, nato nel 1968 e situato in Marburger Straße, a due passi dal Ku’damm, ha ospitato grandi personalità della politica e della cultura internazionale e il suo proprietario, nominato nel ’95 Cavaliere della Repubblica tedesca, è da sempre considerato una personalità di spicco della comunità italiana in Germania. Massimo Mannozzi ci racconta una storia straordinaria: nata – come spesso succede – da un grande amore, e  fatta di sacrifici, dedizione e successo.

Jack

Massimo Mannozzi con Jack Nicholson – Photo © Bacco

Pelè

Massimo Mannozzi con Pelè – Photo © Bacco

Queen

Photo © Bacco

Com’è cominciato tutto?

La mia passione per la cucina è nata a 16 anni, quando lavoravo a bordo di una nave genovese come mozzo, perché non volevo andare a scuola. Mi piacque subito, perché si ammalò un addetto alla cucina e misero me, ultimo arrivato, a pelare le patate e lavare le pentole. Mi piaceva stare a guardare come il cuoco cucinava e imparai proprio da lui. Alla fine rimasi 16 mesi su quella nave e decisi di iscrivermi nel ’59 alla scuola alberghiera a Grado, perché ormai era chiaro: volevo fare il cuoco. Ero tra i migliori della classe perché avevo già un po’ di esperienza professionale alle spalle e mi venne proposto di andare a fare la stagione estiva in Svizzera. Quando arrivai lì, incontrai una ragazza di Berlino, che poi divenne mia moglie, in uno dei bar frequentati dai lavoratori degli alberghi. Per questo mi sono trasferito a Berlino, per amore».

Come fu l’impatto con la Berlino degli anni ’60?

Sono arrivato a Berlino nel ’61, dopo aver già lavorato come addetto alla cucina a Düsseldorf e cameriere a Kassel. All’inizio abitavo in Uhlandstraβe, ma anche dopo la caduta del Muro sono sempre rimasto in zona ovest. Noi stranieri eravamo ben accolti, non c’era razzismo e si stava bene. A est ci andavo solo ogni tanto, e c’era tanta povertà. Ancora oggi si sentono gli effetti della divisione tra le due parti della città, esistono ancora notevoli differenze.

Da cameriere a ristoratore in proprio: è stata una lunga strada?

A Berlino ho iniziato a lavorare come cameriere al Berliner Kindl, un ristorante sulla Kurfürstendamm, poi sono andato a lavorare al ristorante Pinocchio. Una sera in giro per locali io e mio fratello vedemmo un negozio di un elettricista in affitto e l’indomani riuscimmo ad ottenerlo per dare inizio a un’attività che avevo sempre sognato fin da giovane. Feci venire dall’Italia il falegname per prendere le misure e mi feci mandare tutto l’arredamento con il treno. Chiamammo il ristorante Bacco e andò subito molto bene, fin dall’inizio, perché facevamo un’ottima cucina, c’era un cuoco toscano molto abile. Ma, quando lui era assente, io ero sempre pronto a “rubargli” il posto in cucina.

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Photo © Massimo Mannozzi

Lei ha conosciuto tante celebrità. Ci racconti qualche aneddoto.

Una volta venne da noi Adriano Celentano. Era il 1974, lui indossava un pellicciotto di coniglio e gli scattarono una foto. Venne da me il Presidente dell’Associazione Italiana Pellicceria che voleva a tutti i costi quella foto perché, proprio in quel periodo, Celentano faceva una campagna pubblicitaria contro l’uso delle pellicce. Per quello scatto mi offrì addirittura 50 milioni di lire!.

Adriano

Photo © Bacco

E Sofia Loren invece?

Quando nel 1993 vinse il Premio Bacco (riconoscimento annuale da lui stesso ideato e assegnato all’attore italiano più rappresentativo tra quelli in gara alla Berlinale, n.d.a), la Loren chiese se fosse d’oro oppure no e, nel ritirarlo, disse: «ma è veramente bello! Lo metterò in mezzo ai due Oscar».

Sophia

Photo © Bacco

Com’è il suo rapporto con Berlino?

Se dovessi descrivere Berlino in tre parole direi che è libera, sicura e gradevole. Adoro le immense aree verdi della città, i laghi, i fiumi, i canali. Berlino è tra le città più alberate al mondo e ha più ponti di Amsterdam e Venezia messe insieme. Se la trovo cambiata? Beh, prima Berlino era un’isola e noi eravamo un po’ coccolati come nuovi arrivati. Oggi, dopo la riunificazione, è una città molto più grande, ricca e cosmopolita quindi è inevitabile che ci sia più banditismo e criminalità, ma d’altra parte ci sono anche moltissimi giovani ed è una città sempre aperta alle grandi trasformazioni. Ora torno in Versilia a gestire l’hotel e a godermi un po’ di sole toscano, ma mai, in tanti anni, Berlino mi ha fatto venire nostalgia di casa. Perchè mi ha sempre dato tutto ciò di cui avevo bisogno.

Foto di copertina © Massimo Mannozzi

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