Lo si vede sempre meno, ma Paul Kalkbrenner è ancora uno dei simboli di Berlino. Ecco perché
Per i festeggiamenti dei 25 anni dalla caduta del Muro ha entusiasmato con la sua musica centinaia di migliaia di persone presenti alla Porta di Brandeburgo. Grazie a un impianto favoloso e le note delle sue tracce più conosciute come la bellissima Sky and Sand ha creato una performance indimenticabile. Probabilmente tutti ci siamo stupiti di come l’organizzazione della Bürgerfest abbia deciso di affidare la conclusione dei festeggiamenti proprio ad un DJ, consacrando ancora più la musica elettronica come la vera anima di questa città. Ma perché proprio a questo DJ? Chi è veramente Paul Kalkbrenner?
Nato a Lipsia nel 1977, si trasferisce da piccolo a Berlino Est, in particolare nel quartiere Lichtenberg, dove cresce e dal quale osserva la caduta del Muro. In un’intervista per il Faze Magazine spiega come questo evento avesse cambiato il quartiere: “Prima della caduta era molto sorvegliato perché Berlino Est doveva essere rappresentativa della DDR. Dopo invece c’erano Neo-Nazi alla stazione di Lichtenberg, ma anche club giovanili nei quali abbiamo iniziato a suonare musica techno. Mitte era lontana anni luce. Posso ancora ricordare come fino ad una certa età non ci azzardavamo a spingerci la sera fino a Friedrichshain. Là ti veniva tolta la giacca e anche le sneakers nuove che la mammima ti aveva comprato elemosinando denaro.”
In questa atmosfera della Berlino riunificata, in cui la musica techno diventa estremamente popolare, Paul inizia a fare il DJ insieme all’amico Sascha Funke, raggiungendo presto locali come Tresor, Planet, Walfisch. Intorno ai 18 anni ha una fase in cui lavora come montatore per la TV, per poi dedicarsi di nuovo totalmente alla musica: tra il 2000 e il 2001 pubblica presso l’etichetta discografica di Ellen Allien, la Bpitch Control, i suoi primi due dischi, Superimpose e Zeit. Non tarda ad arrivare neanche il terzo album, Self, particolare sia perché unisce alla tipica musica da discoteca suoni melodici, sia perché attraverso le singole tracce cerca di creare qualcosa di compatto. Che è anche un po’ la filosofia di questo DJ, che si presenta da quel momento al suo pubblico sempre con album piuttosto che con remix o EP, come se volesse offrire un prodotto a tutto tondo, completo.
E’ forse per questo motivo che Paul attira l’attenzione non soltanto del mercato musicale. In quegli anni lo contatta il regista Hannes Stöhr per chiedergli, inizialmente, di realizzare la colonna sonora per un film che parli di un dj e della scena della musica elettronica a Berlino; poi, capendone il potenziale, decide che proprio lui deve esserne il soggetto e anche interpretarne il protagonista. Nasce così nel 2008 Berlin Calling, film diventato cult che creato un nuovo immaginario intorno alla città e ha spopolato in numerosi Paesi, rimanendo in programmazione addirittura per anni nel cinema berlinese Kino Central. Qui il protagonista Ikarus e alter-ego di Paul è un DJ che arrivato alla fama internazionale affronta un periodo di crisi e dipendenza da droghe per poi ritrovare lentamente l’ispirazione per la sua musica. La colonna sonora è interamente opera di Kalkbrenner e viene pubblicata l’anno successivo nell’omonimo album che riscuote come il film un grandissimo successo, racchiudendo tracce come Aaron, Bengang e Sky and Sand.
Si può dire che la fama – quella internazionale – per lui sia arrivata proprio grazie a questo film. Da quel momento il DJ berlinese ha iniziato a suonare sempre più in mega-festival e concerti privati, abbandonando completamente i club. In un’intervista di un paio di anni fa del Tagesspiegel, in cui gli veniva chiesto se questa atmosfera più intima gli mancasse, risponde in maniera assolutamente negativa: il suo tipo di musica, che lui definisce “techno da stadio” gli permette di suonare davanti a moltitudini di persone e non doversi più preoccupare di alcune cose. “Come per esempio andare in bagno. Quando suoni in un piccolo club e ti allontani dalla consolle la pista si svuota. Nei miei concerti invece non è più un problema. Se suono per tre ore posso andare almeno un paio di volte dietro il palco, fare pipì, cambiarmi la maglietta sudata, e quando torno… sono ancora tutti lì”. E si dichiara anche piuttosto contento che tra lui e il pubblico ci sia qualche metro vuoto: quando, suonando al Maria, la gente appoggiava sulla consolle la birra o la giacca era il modo più semplice per farlo arrabbiare. Molto socievole non è mai stato: è famoso per non aver mai pronunciato una parola ai suoi show.
Purtroppo anche questi suoi concerti e apparizioni in festival negli anni si sono diradati. A Berlino mancava dal concerto al Velodrom del marzo 2013. Non c’è da stupirsi allora se quando i biglietti vengono messi in vendita si esauriscono nel giro di poche ore… Tuttavia, anche se da Berlin Calling sono seguiti già tre album, Icke Wieder (2011), Guten Tag (2012) e il recentissimo X (2014), che ha iniziato ad autoprodurre tramite la propria etichetta PK Musik, di questi quasi non c’è traccia in giro. Poca promozione, poca pubblicità. Paul Kalkbrenner, a parte i festeggiamenti per la caduta del muro, sembra quasi essere scomparso, molti lo osannano ancora per le vecchie tracce del film, non per i nuovi lavori. Forse non aiuta in tal senso che, come lui stesso ha ammesso, non farà più pezzi cantati come Sky and Sand: farà solo elettronica pura. La sola melodia può bastare a creare un pezzo forte come quello? Al momento pare di no, ma rimane comunque da vedere. Nel frattempo dobbiamo accontentarci di continuare a canticchiare i versi indimenticabili:
And we build up castles
In the sky and in the sand
Design our own world
Ain’t nobody understand
I found myself alive
In the palm of your hand
As long as we are flyin’
Oh this world ain’t got no end
Oh this world ain’t got no end
Paul Kalkbrenner
Foto copertina: “Paul Kalkbrenner, Berlin Velodrom” © Andreas – CC BY SA 2.0