Burkini? A Berlino non crea problemi. E il modello multikulti batte il laicismo francese

Berlino conferma ancora una volta la sua fama di città tollerante e pluralista, anche in fatto di burkini: la polemica estiva sul discusso costume da bagno, che ha diviso la Francia e altri Paesi europei, Italia e Germania comprese, non sembra toccare più di tanto la capitale tedesca: a Berlino il presunto scontro tra tradizione e modernità, tra asservimento islamico del corpo femminile ed emancipazione occidentale lascia piuttosto freddi cittadini e bagnanti nelle piscine: «Per me fa lo stesso se una donna decide di fare il bagno nuda o in burkini», dichiara Christina, 26 anni.

La priorità? L’igiene. In molti sottolineano come il burkini vada incontro alle esigenze della tradizione islamica, consentendo alle donne musulmane di avere accesso a luoghi come piscine o spiagge, così come ad attività sportive acquatiche, senza dover rinunciare alla loro cultura e senza infrangere le norme d’igiene. L’unico divieto è indossare i propri vestiti abituali, usati durante le attività quotidiane. «In acqua niente leggings o veli, né magliette o pantaloni di cotone», spiega alla Berliner Zeitung Tomas Lacke, direttore dell’azienda che gestisce le piscine comunali a Berlino. Secondo Lacke il burkini non rappresenta un ostacolo dal punto di vista dell’integrazione: «Il problema non è il burkini, ma i frequentatori che pretendono di immergersi nelle piscine con addosso i loro vestiti di tutti i giorni. Purtroppo ne abbiamo molti: dall’anziana signora berlinese che preferisce non scoprire il corpo e si immerge vestita, ai gruppi di adolescenti che sopra il costume da bagno indossano pantaloncini di cotone per esibire le firme davanti agli amici. Solo una piccola percentuale di questi sono donne musulmane che si immergono vestite», chiarisce Lacke.

Il rischio laicismo in Francia. Dopo il divieto emesso dal comune francese di Villeneuve-Loubet e da altre cittadine del dipartimento territoriale della Costa Azzurra, la Francia e l’Europa hanno rivolto la loro attenzione alla questione burkini. Parola che si è aggiudicata il primato fra i trend topic dell’estate 2016, suscitando un accesissimo dibattito mediatico e portando alla luce la complessità di un tema così controverso. Giudicato incompatibile rispetto ai “valori europei” e valutato come potenzialmente pericoloso per motivi di sicurezza, il costume da bagno pensato in modo da coprire interamente il corpo, volto escluso, è stato bandito da diverse spiagge della Costa Azzurra. Questo fino all’episodio culmine dello scorso 24 agosto, quando alcuni agenti della polizia municipale hanno costretto una donna sulla spiaggia di Nizza a liberarsi del suo burkini: la polemica si è riaccesa, e in molti hanno difeso il diritto delle donne di poter indossare liberamente qualsiasi tipo di abbigliamento ed evidenziato natura fortemente discriminatoria del provvedimento. Alla fine è stato lo stesso Consiglio di Stato francese a sospendere il divieto di burkini e a dichiararlo lesivo per le libertà fondamentali dell’individuo, mentre l’ONU ha dichiarato in un comunicato: «Questi decreti non rafforzano la sicurezza ma, al contrario, alimentano intolleranza religiosa e discriminazione dei musulmani in Francia, in particolare le donne. La parità di genere non si ottiene regolamentando i vestiti che le donne decidono di indossare».

Il modello berlinese. È un pomeriggio estivo di fine agosto, e anche a Berlino il termometro segna più di 30 gradi. Al Nord, dove mare e spiagge sembrano un miraggio, ci si arma di costume da bagno e ci si gode un po’ di relax nelle numerose piscine comunali, sparse per i quartieri della città. Le piscine sono affollatissime e i frequentatori rappresentano un’ampia gamma di nazionalità e culture diverse. Anche qui, soprattutto nei quartieri di Neukölln, Kreuzberg, Wedding, ad alta presenza turca e musulmana, è impossibile non notare alcune donne in burkini che si godono l’acqua fresca e il pomeriggio assolato. La sensazione, però, è che nessuno sembri davvero badare alle differenze. In una piscina comunale berlinese appare infatti del tutto normale condividere una giornata estiva con famiglie o gruppi di persone di altre culture. Incontrare donne con il corpo coperto a pochi metri da donne in topless non rappresenta una situazione anomala, così come a bordo piscina si potrebbero incontrare una famiglia tedesca e una turca, entrambe forse alle prese con i loro bambini, ognuno nel rispetto del proprio costume e senza che questo urti le reciproche sensibilità culturali. In una città che – secondo i dati di Euro Islam – conta circa 160mila persone di religione islamica, la tolleranza sembra quasi sfociare in una benefica indifferenza, che guarda al lato pragmatico e democratico della convivenza fra culture e che sembra dimostrarsi l’atteggiamento più produttivo per vincere la sfida del multiculturalismo.