Berlino è ancora cool?
Da molto tempo ormai si sente parlare di gentrification, del fatto che Berlino stia perdendo a poco a poco il suo fascino, che “non è più come una volta”, che non è più così “cool”. Su un quotidiano tedesco, pochi giorni fa, è stato addirittura pubblicato un articolo che sosteneva che la capitale della Germania non sia più da considerarsi come la città del momento. In effetti, l’impressione che si ha di Berlino è quella di una metropoli in continua trasformazione. In cui alcuni locali storici chiudono e altri di nuovi ne vengono aperti. In cui si smantellano case per costruirne altre, più moderne. Dove quartieri considerati poveri in pochi anni possono diventare oggetto del desiderio di investitori stranieri e non.
La perenne mutazione è però una caratteristica intrinseca dell’esistenza: nulla è e potrà mai rimanere tale e quale per sempre. E la tendenza è solitamente quella di andare verso un miglioramento. Ovviamente ciò non sempre è possibile e anzi, spesso e volentieri quello che in principio appare come un passo in avanti può in seguito rivelarsi come uno nella direzione contraria. Ma anche questo, tuttavia, è un aspetto che contraddistingue l’umanità. Il tentare, lo sbagliare, il capire l’errore e il provarci di nuovo con una consapevolezza diversa. Basta guardarsi alle spalle per trarre insegnamento dalla storia e notare come la linea del tempo non sia piatta, ma piuttosto caratterizzata da onde che scandiscono ascese e discese. Momenti postivi e gloriosi, altri bui e tristi. Roma, di questo, ne sa qualcosa. E persino il paesino più sperduto, negli anni, ha sicuramente cambiato pelle più volte. Non c’è da stupirsi quindi se pure a Berlino stia accadendo lo stesso e con la velocità tipica del mondo contemporaneo.
In quale direzione si stia andando però, è ancora difficile da prevedere. Sicuramente tutti avremo, prima o poi, la nostra personale risposta. Così come personale è la prospettiva da cui viene vista la città oggi. C’è a chi piace e a chi meno. C’è chi non ci vivrebbe mai e chi di Berlino si è innamorato al primo sguardo. Del resto Pirandello ci ha aiutato a capire come l’impressione che si ha delle cose sia puramente soggettiva e che ognuno di noi, vedendo una realtà differente, fa si che ne esistano migliaia. Con la conseguenza che, non essendoci accordo, non ne esista di fatto nessuna.
Affermare con certezza che il mutamento camaleontico che sta interessando Berlino la stia rendendo meno “cool” è quindi una constatazione molto superficiale e fuorviante. Non c’è da stupirsi del potere dei media di influenzare il pensiero delle masse e di creare mode e tormentoni. Più che fare una lucida analisi sulla città, chi tenta di stabilire cosa è “figo” e cosa no, sembra infatti lavorare su chi crede che il proprio fascino dipenda dal luogo in cui si vive o in cui si è vissuto. Qualcuno ha creato il mito, ora altri cercano di distruggerlo. E quel che è più curioso, è che da questo giochino ci sono persone che traggono ispirazione per prendere una scelta. C’è chi ha deciso di trasferirsi a Berlino per diventare (a suo modo di vedere) più fascinoso agli occhi degli altri e chi magari sceglierà di andarsene o di optare per un’altra meta per il motivo opposto. Sarebbe da scommetterci, che se la seconda ipotesi dovesse verificarsi concretamente e con numeri considerevoli, a rallegrarsi del cambiamento ci sarebbero gli abitanti storici della città. Per loro, l’idea di “cool” non è difatti prettamente la stessa di quella che ha spinto orde di persone a trasferirsi qui negli ultimi anni. Anzi, un esodo di massa in direzione contraria sarebbe forse la panacea ideale per farli tornare a godere appieno dei propri spazi.
Chi lo sa, quindi, se il giornalista autore dell’articolo citato sopra e che ha sentenziato la fine dei fasti della capitale tedesca non sia proprio un berlinese armato di quell’intenzione. Se così fosse, ci si auspica sia riuscito a far presa sul minor numero di menti possibili. Non perché non si rispetti la sua visione, ma perché tutti possano trovarsi nelle condizioni ideali per costruirsi autonomamente la propria realtà, senza filtri. Che non è altro che così, come voi la vedete e non come vi viene raccontata. Se vi pare.
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