«Arruoliamo anche teste di c…». La parodia della rete sulla nuova pubblicità dell’esercito tedesco
Sia chiaro: chi scrive non potrebbe essere più lontano dalla retorica militarista e dall’idea che esistano guerre buone. Sulla mistificazione imperialista della guerra giusta o utile la pensiamo esattamente come Bertold Brecht in La guerra che verrà: ufficialmente ci sono vincitori e vinti, ma a rimetterci davvero sono sempre gli strati sociali più umili di entrambi gli schieramenti, che si tratti di guerra di trincea, di guerra fredda o del conflitto liquido e deterritorializzato dei nostri giorni. Laddove i signori delle armi, dell’acciaio, del petrolio vedono sempre aumentare le loro commesse.
Detto ciò, dando un’occhiata ai manifesti o al sito di Mach was wirklich zählt (fa’ ciò che conta davvero), nuova campagna di arruolamento della Bundeswehr (l’esercito tedesco), non si può non rimanere colpiti dal notevole tentativo di svecchiamento di un’istituzione tradizionalista per sua stessa essenza: grafica accattivante, presenza aggressiva su Facebook, slogan meditati che sminuiscono il machismo da palestra («la vera forza non la trovi sollevando due manubri»), esaltano la brotherhood da caserma («cosa sono mille amici in rete, quando puoi avere un commilitone?»), contestano la passività di chi si lamenta senza scendere in campo («le situazioni di crisi non le risolvi aspettando e bevendoti un tè»).
Ma soprattutto la campagna della Bundeswehr insiste – in modo del tutto ideologico – sulla necessità dell’uso della forza per conservare l’ordine libero e democratico: «combattiamo anche perché tu possa essere contro di noi». Una sorta di riedizione in salsa prussiana del celebre aforisma di Voltaire «non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo» (che peraltro, a quanto pare, il filosofo francese non avrebbe mai pronunciato).
Ora, una pubblicità simile non l’avremmo mai vista in Italia, dove due anni fa, in occasione della Giornata delle forze armate, apparve Grazie ragazzi, uno degli spot più noiosi e retorici mai concepiti da mente umana. Tra applausi celebrativi e musichetta trionfalistica, ci sarebbero voluti giusto un paio di carabinieri a cavallo e una bella chiesa per ritrovarci nell’immaginario in fondo a noi più congeniale: un po’ Collodi, un po’ Dio Patria Famiglia, un po’ paternalismo da maresciallo De Sica in Pane, amore e fantasia.
E però, per la sua innovatività, la campagna di reclutamento della Bundeswehr è più efficace su un pubblico di ragazzi indecisi sul percorso da scegliere dopo la scuola. Ma, proprio per questo motivo, molto più pericolosa, se può persuadere le giovani menti che il modo migliore di trovare la propria strada e rendere il mondo un posto più bello sia consacrarsi a un’istituzione fondata sull’obbedienza cieca, sulla ragion di Stato, sull’idea che democrazia e civiltà si esportino a colpi di cannone.
L’offensiva pubblicitaria dell’esercito ha comprensibilmente suscitato accese polemiche, ben condensate nella parodia di un collettivo artistico-politico berlinese, Peng!, che si è premurato di creare un dominio molto simile a quello scelto dalla Bundeswehr in modo da intercettare i giovani alla ricerca di informazioni sul servizio militare. Un’autentica controffensiva, che rimprovera ai vertici dell’esercito di minimizzare volutamente le conseguenze delle missioni all’estero, i morti, le devastazioni per far sembrare la guerra un’entusiasmante avventura e reclutare più leve possibili.
La pagina piratata, impostata con lo stesso pattern hipster-militare dell’originale, fa il verso ai manifesti ufficiali: «credi che sia cool essere un soldato?»; «prendiamo anche teste di cazzo» o «i cattivi li facciamo semplicemente fuori». Una provocazione intellettuale di estremo impatto, argomentata con una serie di dati che testimoniano come la guerra non sia affatto una faccenda da eroi, ma solo un orrore insensato: 106 soldati tedeschi morti dal 1992, 1602 in cura per problemi psichici nel solo 2014, 26% delle matricole che si dichiara apertamente di destra, 55% delle donne soldato molestate sessualmente.
La presa di posizione di Peng! è dunque molto netta: chi sceglie la carriera militare protegge gli interessi politico-economici del suo governo. Non è affatto in gioco la difesa della Germania, e la lotta al terrorismo è soltanto un paravento ideologico: in ultima istanza, si tratta come sempre dell’acquisizione di potere e risorse. Non solo: la realtà della guerra è puro orrore e le cose viste e sperimentate in battaglia trasformano e perseguitano per sempre chi torna a casa. Per chi voglia fare del bene al prossimo e cambiare la società, il consiglio finale del collettivo è molto semplice: fare davvero ciò che conta, scegliendo sul serio un lavoro utile e ricco di senso: medico, infermiere, educatore, professore, pompiere, accoglienza rifugiati. Tutto, tranne donare inutilmente la propria vita al gioco perverso dei potenti.
Photo © Facebook – Bundeswehr