A Berlino, la mostra del dissidente Ai Weiwei: libertà? non in Cina

18 stanze per un totale di 3000mq di spazio espositivo: è così che Berlino ospita la più grande mostra dell’artista e attivista cinese Ai Weiwei. Quella allestita a Berlino dal 3 aprile e fino a 7 luglio al Martin Gropius Bau non è solo un’esposizione artistica, ma una vera e propria finestra sulla Cina di oggi, e per rendersene conto basta dare un’occhiata alla biografia dell’artista.

Ai Weiwei è infatti un’attivista politico impegnato nella battaglia per la tutela dei diritti umani in Cina. Idee che prendono forma nelle sue opere d’arte, connubio imprescindibile di attivismo e creatività. Non a caso la mostra è intitolata “Evidence” ovvero prove e testimonianze della politica repressiva del governo cinese. Non stupisce quindi che l’inaugurazione della mostra sia avvenuta senza la presenza dell’artista, al quale il governo cinese ha ritirato il passaporto, dopo un periodo di detenzione di 81 giorni nel 2011 senza che contro di lui fossero mosse accuse specifiche (ma la sua critica al governo era in quasi ogni sua affermazione o opera d’arte). Quel periodo di detenzione l’artista lo utilizza ora per farne ispirazione artistica come testimonia  la sua opera “81”, riproduzione della cella in cui è stato incarcerato per ben 81 giorni analoga a quella creata lo scorso dicembre negli Stati Uniti dentro la prigione di Alcatraz.

Ironiche e provocatorie sono anche tutte le altre opere. “Study of Perspective”  + reportage fotografico di vari monumenti di diverse città del mondo che hanno in primo piano il dito medio dell’artista. “Han Dynasty Vase” invece denuncia il processo di modernizzazione cinese attuale, troppe volte messo al di sopra delle tradizione, attraverso l’esposizione di  otto antichissimi vasi cinesi dipinti  con vernici laccate (proprio come quelle usate dalle case automobilistiche) che ne coprono bellezza e autenticità.

Passando di sala in sala ciò è impossibile non rimanere affascinati dal modo in cui Ai Weiwei veicoli i suoi pensieri, in questo caso politici, in particolare denunciando l’assenza di libertà, attraverso l’arte concettuale. Ma non finisce con “l’arte” intesa in senso stretto. Weiwei negli ultimi anni ha portato avanti le stesse denunce  anche “nel virtuale. Per chiedere maggiore trasparenza a quel governo cinese che tuttora non ha fornito né i nomi né il numero preciso (più di 70mila in ogni caso) delle vittime della catastrofe del terremoto dello Sichuan nel 2008, da anni Ai Weiwei porta avanti un  blog dal nome Citizens’ Investigation in cui raccoglie quelle informazioni che dall’alto non arrivano. Ecco quindi che nel corso degli anni nomi su nomi si sono aggiunti e si è cercato di scavare a fondo dietro l’intera vicenda, a partire dalla scarsa qualità dei materiali utilizzati per gli edifici della zona. Reale e virtuale: Ai Weiwei è un artista totale che non si pone limiti né campi di interesse. Il suo unico interesse? Invitare il suo spettatore  a riflettere sulle condizioni di un Paese, la Cina, di cui troppo spesso ci si dimentica essere un regime.

Ai Weiwei – Evicence

fino al 7 luglio

Martin-Gropius-Bau

Niederkirchnerstraße 7,

10963 Berlino (fermata metro Potsdamer Platz)

Orari: Dal mercoledì a lunedì dalle 10 alle 19, Martedì chiuso (dal 20 maggio ogni giorno dalle 10 alle 20 )

Ingresso: 11 Euro, ridotto 8 Euro

AL MARTIN GROPIUS BAU E’ DI SCENA ANCHE LA MOSTRA DELLE FOTO DI WOLS, LEGGI QUI

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