«Addio Istanbul, città magica in cui io, italiana, non mi sento più di vivere»
di Eleonora Masi*
“Sii selettivo nelle tue battaglie. A volte avere pace è meglio che avere ragione” ha scritto uno dei miei amici su Facebook qualche giorno fa.
Mi ha colpita molto. Il tentato golpe (o qualsiasi cosa sia) non c’era ancora stato, ma la mia tensione durava da mesi. Per la prima volta in vita mia, mollo. Sono all’aeroporto pronta a prendere il volo che mi riporterà a Bari. Quando ho iniziato a svuotare l’armadio sabato mattina dopo una notte che mai dimenticherò, ho capito che quello era il momento che covavo, da lucida non ce l’avrei mai fatta, avrei trovato altre ragioni per restare.
Sono i giorni più tristi di cui ho ricordo. Il vero atto di coraggio è andarsene, perché mi sento in colpa, come se avessi abbandonato il timone quando la nave affonda, ma la Turchia in cui mi sono trasferita due anni fa non esiste più, e in poche ore mi è stato tolto molto del bello che era la mia vita ad Istanbul. Me ne vado perché non voglio perderlo tutto, perché è troppo prezioso, perché so o spero che un giorno potrò tornare. Perché sarà sempre il posto che ho sentito casa dopo quello in cui sono nata.
Perché nonostante ora non si vedano e come me hanno paura di essere diventate una minoranza, ho conosciuto gente meravigliosa, i sognatori più caparbi di sempre. Uno di loro la scorsa settimana mi ha chiesto: “ma se siamo il 99% e solo quell’1% rovina tutto il bello che vogliamo creare, cosa possiamo fare secondo te?” E io gli ho detto che non lo so se siamo il 99%, che in quel 99% ce ne sono troppi che sostengono segretamente quell’1% e lo rafforzano.
Io ora ho bisogno di gioia, di spensieratezza, di silenzio, e qui non ho più saputo trovarle.
Gorüşürüz, Istanbul
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*Eleonora Masi: blogger, è una delle autrici di Un’Italiana ad Istanbul, blog in cui si raccontano vita quotidiana e attualità del Bosforo
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