L’indifferenza per la musica classica in Italia? Spesso inizia con l’invidia dei colleghi

“Di Berlino colpisce questo coraggio nell’invitare sia l’arte che l’architettura, alla contemporaneità conservandone però i grandi contenuti storici. Da questo punto di vista è un esempio per il resto d’Europa. Sarebbe bello che anche la mia città, L’Aquila, possa prenderne esempio. Se non Berlino, allora Dresda, città anche lei distrutta e ora risorta miracolosamente uguale a sé stessa e allo stesso tempo rivolta verso il futuro”

Carlo Grante è uno dei più rinomati pianisti della discografia contemporanea. Dal mese scorso ha iniziato un originalissimo progetto dedicato a tre dei maestri dell’alto romanticismo, Chopin, Schumann e Brahms. Tre concerti diversi in tre date diverse, posti ad un mese di distanza l’uno dall’altro. La serie si chiama, non a caso, Masters of High Romanticism e sta viaggiando tra Vienna, Berlino e New York (qui il programma completo). Il primo degli appuntamenti berlinesi è previsto per il 14 gennaio presso  la Kammermusiksaal, in programma ci sono 4 scherzi e 4 ballate del celebre compositore polacco.

Per Grante sarà la prima volta a Berlino. “Una grande emozione. La Philharmonie rappresenta uno dei tempi della musica classica per la sua capacità di dare nuova vita a tutto ciò che spesso erroneamente si reputa passato”. Ormai però certi repertori sembrano non essere più legati a nessuna città in particolare. “La musica classica sta vivendo un’osmosi culturale e commerciale che appiattisce le differenze e i contrasti estetici fra musicisti ed amatori che vivono e studiano in paesi dalle tradizioni diverse. Il pubblico esperto si sta assottigliando sempre più. Vienna, New York, Berlino sono città che amano la musica classica. È considerata un affare importante nello stile di vita e nel capitale conoscitivo ed estetico del cittadino. Quanto sia più l’uno o l’altro dipende ovviamente anche da come la stampa e il marketing propongono i vari eventi e dall’approccio che l’ascoltatore ha nei confronti di un recital pianistico: più entertainment o più cultura? Per l’artista la risposta è nel pubblico. Quando è attento è lui il migliore amico di chi sta suonando”.

Qual è la differenza più evidente tra suonare in Italia e all’estero?

​La differenza più grande secondo me sta nei colleghi. C’è un senso di collegialità diverso in Italia, che va da un estremo all’altro: senso di solidarietà fraterna – fra amici e parenti – o indifferenza. Quello che trovo più singolare fra la maggior parte dei colleghi italiani è la loro reciproca, o quasi, indifferenza verso i propri lavori. Spesso ci si trova a dovere evitare di parlare delle proprie esperienze perché si ha la percezione che non verranno accolte con condivisione, ma come un affronto. La “territorialità” italiana diventa spesso maniacale, incoraggia alla megalomania e non invita alla crescita comunitaria.

Che consiglio darebbe ad un giovane pianista italiano?

​I giovani pianisti non accettano consigli, per quanto apparentemente ribelli ed autonomi, seguono comunque il tracciato ideologico e la mentalità sociale dei genitori. Se questi credono nella “sistemazione” dei figli, il traguardo sarà il posto fisso.  L’Italia è la patria dei “figli d’arte”, tali soprattutto per via della chiusura di opzioni di carriera​, che incoraggiano ad approfittare delle aperture che l’attività professionale dei genitori consente ai figli attraverso contatti ed interessi reciproci, solitamente di stampo politico. Non ci si vergogna ad essere un “imbucato”, come si diceva in passato. Qualcuno che come me sente invece una forte “chiamata” e crede in una società aperta, che non è cresciuto in una “cultura del diritto” e non vede la vita sociale come una gara allo status, farà di tutto per ottimizzare le proprie risorse artistiche-professionali, cercando di evolvere e migliorarsi, trattando la vita come un’incessante scuola, proteggendo il tempo – sacro! – che si ha a disposizione.

Emigrare quindi cambierebbe poco…

Se lo si vuole fare, ci si deve lasciar dietro anche una certa mentalità. Bisogna imparare a non pretendere che il mondo che si troverà sia necessariamente assimilabile a quello che si sta lasciando. Credo però che vivere in un altro paese per almeno qualche anno sia per un giovane italiano un’indispensabile esperienza di maturazione personale e sociale.

Foto © David Peters

Carlo Grante, pianoforte. “Masters of High Romanticism”

Dove:

Kammermusiksaal, Philharmonie, Herbert-von-Karajan-Str. 1, 10785 Berlino.

Quando:

Mercoledì 14 gennaio ore 20:00

Giovedì 26 febbraio 2015 ore 20:00

Domenica 12 aprile 2015 ore 20:00

In programma mercoledì 14 gennaio: Frédéric Chopin: Ballata Nr. 1 op. 23, Ballata Nr. 2 op. 38, Ballata Nr. 3 op. 47, Ballata Nr. 4 op. 52, Scherzo Nr. 1 op. 20, Scherzo Nr. 2 op. 31, Scherzo Nr. 3 op. 39, Scherzo Nr. 4 op. 54.

I biglietti è possibile acquistarli qui. Il prezzo va dai 16€ ai 40€.

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