L’umanità non solo tedesca e cosa succede a Berlino quando perdi il portafoglio

Un’esperienza da raccontare, che fa piacere a tutti ascoltare e che accomuna le speranze di tedeschi, italiani e persone di tutte le nazionalità. Con l’augurio che storie così succedano il più frequentemente possibile.

Stamattina stavo correndo per non fare tardi. Ho perso il portafoglio. Mi è caduto dalla tasca interna della giacca, probabilmente a pochi metri dalla macchina che stavo per prendere con il car sharing. Me ne sono accorto quando ero ormai dall’altra parte della città, zona Berlinale, dove ero diretto per intervistare un’attrice spagnola.

Ho ripreso l’auto e sono tornato di corsa indietro cercando sia sul marciapiede che sotto le auto parcheggiate dove prima era la mia. Poi sono andato dalla polizia e in 10 minuti ho fatto la denuncia. Nel frattempo mio padre dall’Italia bloccava le carte e un caro collega giornalista mi aiutava a non buttare via la mattinata di lavoro. Tornato alla Berlinale, mentre guardavo un film, ho ricevuto una chiamata dalla polizia: portafoglio trovato.

Ho riattraversato la città fino a Charlottenburg, Kaiserdamm 1. Ho scherzato con il poliziotto alla ricezione e sono stato fatto accomodare in una stanza presto raggiunto da un altro poliziotto con in mano il mio portafoglio. Bancomat, carta di credito, patente, tessera sanitaria, tesserino giornalisti, abbonamento mensile dei mezzi, 50€… C’era tutto.

«L’ha trovato la moglie di un nostro collega.» mi dice il poliziotto. «Beh, sono stato fortunato che fosse una persona così vicina alla polizia», dico con fare complice. E lui: «Poteva essere chiunque. Qualche giorno fa camminavo al parco dello Schloss Charlottenburg quando un ragazzo corre nella mia direzione. lo sento dietro di me quando ormai mi ha raggiunto. Aveva in mano un iPhone. Il mio iPhone . L’avevo lasciato sulla panchina, ma non me lo dice, me la indica soltanto. Gli chiedo in inglese da dove venga. Eritrea, dice lui. Chiacchieriamo un po’. È in Germania da tre settimane. Aspetta lo status di rifugiato, finché non avrà una risposta non potrà lavorare e così passa le giornate a correre al parco. Un tempo voleva fare il maratoneta, io, intanto, spero di rivederlo al parco ancora a lungo».

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 Photo: © Ivan Forastiere