Io che amo il karaoke del Mauerpark, simbolo di una Berlino che fu e che in fondo ancora è
Era aprile del 2009 e, uscito dal mercatino delle pulci del Mauerpark, sentii un lungo e intenso applauso provenire da una sorta di arena ai lati del parco adiacente. Mi avvicinai e scoprii circa un centinaio di persone sedute sui vari gradoni tutte in attesa che dal piazzale ai loro piedi cominciasse l’esibizione del nuovo, aspirante “cantante” di turno nel frattempo però alle prese con la scelta canzone. Accanto a lui , accovacciato davanti al pc, scorrendo la lista delle basi musicali a disposizione, c’era un ragazzo biondo con un cappello da baseball con la visiera spostata di lato. Solo un paio di settimane dopo, a causa di un pezzo che scrissi per il settimanale Gioia, scoprii il suo nome e la sua storia, Joe Hatchiban, irlandese espatriato a Berlino con l’aspirazione di fare il cantante, ma già sul momento era chiaro che era lui l’anima di quel pomeriggio, dell’applauso sentito pochi secondi prima e di quelli che lo avrebbero seguito da lì in poi ogni 5 minuti circa fino a sera. Era lui dietro quel Karaoke, iniziato spontaneamente a marzo e costruito con due casse stereo trasportate su una bici arancione e un pc e rispettivi cavi chiusi nello zaino in spalla. Tutti applaudivano a prescindere dalla bravura del cantante, anzi, più era stonato, ma simpatico e coraggioso più lo si sosteneva. Qualche settimana prima ci aveva cantato persino Gianna Nannini.
Per me quella sorta di Woodstock dei tempi moderni era, ed è tuttora, Berlino. Gente da tutto il mondo felice di potersi esprimere senza etichette, senza timore di paragoni, sicura che verrà sostenuta da chiunque abbia intorno. Sono passati sei anni da quella mia prima volta. Da allora il karaoke ha subito varie limitazioni ed ora non è più tutte le domeniche, lo stesso Mauerpark non è detto che esisterà per sempre, vari speculatori edilizi sono pronti a mangiarselo appena si abbasserà il livello di guardia così come è successo per buona parte della città, ma quell’energia che non ha altro aggettivo se non “berlinese” ancora esiste, ancora resiste e non la si trova ancora da nessun altra parte al mondo.
Photo: ©Sara Suñé – Karaoke – CC By SA 2.0