Germania, condannata per aver deportato un rifugiato Siriano

Violata la Convenzione europea sui diritti umani: la Germania deve 8.000 € ad un rifugiato siriano per la sua deportazione in Grecia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) si è recentemente pronunciata a favore del rifugiato siriano deportato dalla Germania in Grecia nel 2018.

Nonostante il dichiarato stato di infermità mentale, le autorità tedesche hanno rimpatriato il rifugiato siriano, oggi 31enne, in Grecia, dove è stato recluso per circa due mesi in una stazione di polizia.

I giudici di Strasburgo hanno stabilito che la deportazione costituisce una violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti. La corte accusa lo Stato tedesco di non aver adeguatamente verificato se all’uomo fosse stata garantita una procedura di asilo che gli avrebbe impedito di essere rimpatriato in Siria.

La Germania è ora tenuta a risarcire il rifugiato con 8.000 € e la Grecia a pagare una sanzione di 6.500€ per le condizioni detentive imposte al richiedente asilo.

La cattura al confine austro-tedesco

Nel settembre 2018, le autorità hanno catturato l’uomo, nato in Siria nel 1993, al confine tra Austria e Germania, mentre cercava di raggiungere il fratello, residente in Germania da diversi anni. Il cittadino siriano stava tentando di entrare nel Paese con un passaporto bulgaro, acquistato per migliaia di euro, quando gli agenti di Passau lo hanno fermato e messo su un aereo per Atene lo stesso giorno.

Le autorità tedesche hanno ignorato la sua richiesta di avviare una procedura di asilo in Germania. Inoltre, senza accesso ad un avvocato, non ha potuto presentare ricorso contro la sua deportazione in Grecia. Solo successivamente, con il supporto di alcuni sostenitori, ha ottenuto lo status di rifugiato a causa di malattie mentali, che gli ha permesso di tornare in Germania, dove vive tuttora.

L’ex ministro degli Interni tedesco, Seehofer, ha sbeffeggiato l’UE

La ragione dell’immediato rimpatrio risiede nel cosiddetto accordo Seehofer: l’allora ministro federale degli Interni, Horst Seehofer, nel 2018 durante il Governo Merkel, aveva siglato un trattato per cui i rifugiati intercettati dalla polizia federale tedesca sarebbero dovuti essere deportati in Grecia entro 48 ore, senza l’avvio di alcuna procedura di asilo. Con questa misura, Seehofer ha aggirato le norme del regolamento di Dublino, che prevedono l’effettuazione di almeno un esame preliminare alla frontiera, riducendo illegalmente il numero di migranti in Germania.

Affinché un respingimento sia legittimo, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo richiede che il Paese di destinazione garantisca una procedura di asilo adeguata. La polizia federale non dovrebbe mai, perciò, procedere al rimpatrio se esiste anche solo il pericolo che il rifugiato possa essere sottoposto ad una “deportazione a catena”, che potrebbe riportarlo nel suo Paese d’origine, violando la sentenza della CEDU.

Il risarcimento: Germania e Grecia sono tenute a pagare per i danni arrecati

Il tribunale della CEDU ha condannato la Germania a risarcire l’uomo con 8.000 € e la Grecia a pagare una multa di 6.500 €, per le condizioni carcerarie, inflette al rifugiato, nella stazione di polizia di Leros, per due mesi.

La Germania non avrebbe dovuto deportare il cittadino siriano in Grecia, poiché il rischio di non garantirgli un trattamento conforme alle normative sull’asilo era chiaramente evidente.

Negli ultimi anni, il Consiglio d’Europa, inclusa la CEDU, ha ripetutamente criticato la Grecia per il trattamento dei migranti. Un nuovo rapporto del Comitato anti-tortura, pubblicato a luglio 2024, infatti, sottolinea la necessità per la Grecia di migliorare significativamente le condizioni di accoglienza dei rifugiati, al fine di evitare il verificarsi di episodi simili a quello del 2018.

L’asilo politico in Germania

Secondo la legge tedesca, un Paese è considerato sicuro se, sulla base del suo sistema democratico e del contesto politico, non si temono persecuzioni da parte dello Stato stesso e se il Governo è in grado di proteggere i rifugiati dalle oppressioni.

La Germania considera attualmente sicuri tutti gli Stati membri dell’UE, l’Albania, la Bosnia ed Erzegovina, la Georgia, il Ghana, il Kosovo, la Macedonia del Nord, il Montenegro, la Moldavia, il Senegal e la Serbia.

Tuttavia, resta comunque garantito ai richiedenti asilo provenienti da tali Nazioni, il diritto di ottenere protezione, qualora dimostrino con prove concrete di essere comunque a rischio di persecuzione.

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