strage di Duisburg

Perché dopo 15 anni bisogna raccontare la strage mafiosa di Duisburg

Il 15 agosto 2007 la strage di Duisburg costringe la Germania ad aprire gli occhi sulla presenza della ‘ndrangheta nel paese. A quindici anni di distanza Tommaso Pedicini e Cristina Giordano realizzano un podcast per riflettere su cosa è stato fatto e cosa c’è da fare in Germania per arginare la presenza della criminalità organizzata.

Sangue a Duisburg è un podcast in tre episodi realizzato da Cristina Giordano da ascoltare su Cosmo Italiano, il programma radiofonico di WDR, radio pubblica tedesca. L’autrice, insieme al caporedattore Tommaso Pedicini, ha ripercorso le tappe principali dell’evento ormai noto come strage di Duisburg con dettagli mai pubblicati, interviste e memorie d’archivio.

Sei vittime, tra cui un sedicenne, e due killer. Quella che da subito è stata definita una faida tra clan ai tempi sconvolse sia la comunità italiana che quella tedesca, e pure sembra che non sia stato fatto molto da parte delle istituzioni.

Abbiamo intervistato Tommaso Pedicini per conoscere meglio questo progetto, la sua genesi e le finalità, ma anche per avere un’opinione sulla situazione attuale in Germania per quanto riguarda la presenza delle mafie.

 

strage di Duisburg - redazione Cosmo

Redazione Cosmo Italiano – ©WDR/Annika Fußwinkel

Come e perché è nato questo podcast?

L’autrice Cristina Giordano e io come redattore, abbiamo iniziato a rifletterci già all’inizio dell’anno. Non volevamo limitarci a raccontare solo quello che era successo, abbiamo pensato che questo anniversario potesse essere l’occasione giusta per una riflessione su quella che è la percezione della presenza della criminalità organizzata italiana in Germania. Volevamo capire anche cosa è stato fatto, o non è stato fatto, da parte delle istituzioni tedesche.

Secondo te cosa è cambiato in questi anni? Le parole di Saviano nel podcast, non sono rassicuranti

No, non lo sono, come non lo sono quelle dei rappresentanti delle forze dell’ordine tedesche. Sono proprio loro a dire che la polizia ha le mani legate. Ciò che non è successo in questi anni, per ammissione della polizia e della magistratura tedesche, è stato mettere in atto una legislazione contro le mafie, tutte. In Germania sono presenti per esempio anche clan arabi o albanesi, ma ad oggi mancano ancora gli strumenti legislativi, come la possibilità di confiscare il patrimonio ai condannati per reati di mafia, o di realizzare intercettazioni più diffuse nel corso delle indagini.

Questo è quello che anche gli inquirenti italiani hanno sempre rimproverato a quelli tedeschi. Il quadro legislativo però è così e loro non possono fare altro che attenersi. Anche nel podcast i rappresentanti politici di alto livello ammettono che in Germania esiste una presunzione di innocenza molto più alta.

Mi sento comunque di sottolineare che in questi quindici anni, dal punto di vista della consapevolezza degli inquirenti, ci sono stati sicuramente passi avanti, questo include anche una maggiore collaborazione con l’Italia. L’episodio di Duisburg ha dato una bella svegliata. Per tornare alle parole di Saviano, comunque, la Germania rimane una sorta di Eldorado per le mafie che vogliano traferirsi o persino trovare rifugio dalle forze dell’ordine italiane.

La politica però ancora non si muove

Non proprio, no. Ci sono state persino delle inchieste da parte di alcuni giornali tedeschi in cui è stata messa in luce una frequentazione tra personaggi attenzionati dalle forze di polizia italiane, perché in qualche modo vicini alle mafie, e alcuni politici tedeschi. Loro però tendono a vedere queste persone semplicemente come imprenditori di successo. Un po’ si ha la sensazione che il mondo politico tedesco si concentri sugli investitori che portano ricchezza, ma non si facciano troppe domande sull’origine di questo danaro.

Non c’è la volontà di vedere, quindi?

Forse questo è troppo. Direi più che c’è molta sottovalutazione del rischio mentre si tende a sopravvalutare la ricaduta economica degli investimenti portati in Germania, anche quando l’origine dei capitali è quanto meno dubbia.

A Berlino secondo te com’è la situazione?

Non saprei dire di Berlino in particolare. Ma il fatto che l’associazione italiana contro le mafie Mafia Nein Danke, sia nata proprio a Berlino, a pochi giorni dalla strage di Duisburg, la dice lunga. Allora come oggi nella capitale c’è una enorme concentrazione di interessi. Il mercato immobiliare di Berlino costituisce una grossa fetta di torta da spartirsi, con capitali in movimento che attirano l’attenzione.

Comunque non saprei dire se Berlino ha un problema più grande di altre regioni, come la Ruhr, zona ad alta presenza di clan della ‘ndrangheta ma in ogni caso si sbaglierebbe a pensare che ci sia una grande diffusione di riscossione del pizzo, come in molte regioni italiane. Penso comunque che ci sia una grande presenza di capitali di origine poco chiara, magari ripuliti di volta in volta e poi investiti a Berlino in attività legittime. Qui torniamo al problema di partenza, manca una strumentazione legislativa che permetta agli inquirenti di svolgere indagini.

Come avete fatto le ricerche per realizzare il vostro podcast?

L’autrice, Cristina Giordano, si è mossa per tempo. Noi comunque avevamo la fortuna di avere i nostri archivi interni, di quella che un tempo si chiamava Radio Colonia. La redazione italiana era ben fornita perché noi siamo stati sul posto dal 16 agosto 2007, il giorno successivo alla strage. Siamo poi tornati a sentire Nicola Gratteri, al tempo procuratore di Reggio Calabria, con cui abbiamo avuto occasione di parlare più volte negli anni, abbiamo ascoltato Saviano, abbiamo parlato di nuovo con i poliziotti che si sono occupati del caso a suo tempo e che facevano parte della task force italo tedesca. Di alcuni abbiamo solo riportato le parole, perché nel corso degli anni sono venuti a mancare. Avevamo inoltre le testimonianze della comunità italiana che era presente al tempo.

È stato un lavoro lungo a cui ha collaborato anche il giornalista calabrese Paolo Toscano, che seguì le indagini e i processi nel 2007.
Abbiamo messo insieme i fatti, per chi non conosce la vicenda, e approfondito alcuni temi. Non è escluso che tra qualche mese possiamo realizzare delle puntate proprio su cosa è successo dopo, per continuare a parlare della mafia in Germania.

Hai avuto la sensazione che qualcuno non abbia detto tutto?

C’è una cosa che viene fuori dalle testimonianze di alcuni poliziotti tedeschi e dal lavoro di Paolo Toscano, che ha seguito tutti i processi a Strangio, condannato in via definitiva. La sensazione è che fossero coinvolti più killer di quelli poi individuati specialmente a giudicare dal numero di colpi sparati. Questo punto però non è mai stato chiarito e probabilmente non lo sarà mai perché parliamo di un processo ormai concluso.

Secondo te cosa ha rappresentato la strage di Duisburg all’epoca e cosa rappresenta tutt’ora?

Spero che non sia stata una tragedia caduta nel dimenticatoio, l’incidente di una mafia che non voleva farsi vedere. Spero che nel nostro piccolo il nostro podcast possa servire a non far dimenticare. Per quanto poi quell’episodio non ha spostato di molto la consapevolezza delle infiltrazioni mafiose in Germania e infatti dal punto di vista legislativo non sono mai stati fatti i passi necessari.

Per chi ancora non conosce il vostro lavoro, puoi raccontarci cosa è Cosmo, di cosa si occupa e a chi si rivolge?

Siamo Cosmo Italiano, redazione italiana della radio Cosmo WDR, radio pubblica tedesca. Siamo nati nel 1961 come radio Colonia  per i gastarbeiter italiani, lavoratori immigrati in Germania.

Attraverso varie trasformazioni siamo arrivati fino ad oggi; abbiamo una trasmissione che va in onda alle 21:00 dal lunedì al venerdì sulle frequenze di Cosmo. I nostri podcast vengono caricati anche su tutte le principali piattaforme. Ogni giorno approfondiamo un tema di interesse per gli italiani che vivono in Germania.

Puoi trovare tutti i podcast di Cosmo Italiano su Spotify

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Immagine di copertina: Foto di Roland Weihrauch dpa/lnw