Berlino ha sancito che i termini di utilizzo di Facebook violano la privacy
Facebook ha violato le norme di tutela della data protection dei suoi dati. Dalla Corte del tribunale di Berlino arriva la sentenza.
La Corte del tribunale di Berlino ha stabilito che il colosso americano Facebook Inc. ha violato la legge sulla protezione dei dati dei consumatori. I termini di utilizzo e le impostazioni predefinite sulla privacy violano le norme di tutela della data protection permettendo di usare le foto del profilo a scopi commerciali. In oltre la applicazione del social network ha un’impostazione di default che dichiara la posizione delle persone nella chat. La segnalazione è arrivata dall’associazione per la protezione dei consumatori tedesca Federation of German Consumers Organizations (VZBV). La sentenza di venerdì scorso è un’interpretazione personale del regolamento generale della protezione dei dati dell’Unione Europea. Tale regolamento è in vigore da due anni ma non viene applicato uniformemente in tutti gli Stati UE.
La segnalazione dell’associazione tedesca per la protezione dei consumatori arriva sulle pagine del Wall Street Journal.
La segnalazione è arrivata nelle aule di tribunale dall’associazione per la protezione dei consumatori tedesca Federation of German Consumers Organizations (VZBV). Ma a dare la notizia è stata la giornalista Sara Germano dal Wall Street Journal. Fa sapere che, tra le impostazioni di default del social, era preimpostato un segno di spunta per consentire ai motori di ricerca di ricevere un link alla cronologia dell’utente. Un’altra clausola specifica che gli utenti dovranno acconsentire in anticipo a eventuali modifiche delle regole di trattamento dei dati da parte di Facebook. Questa è solo una parte del reclamo. Secondo la VZBV la sentenza ha indicato che entità come la stessa potrebbero applicare legalmente il GDPR senza il coinvolgimento del consumatore interessato. Questa parte della denuncia sfida lo slogan di Facebook, secondo cui il social network “è e rimane libero” dai costi. Ma così non sembra essere per la Corte d’appello che ha eliminato la questione.
I problemi legali di Mark Zuckerberg sembrano non finire più.
Nonostante la “vittoria” parziale, con questa sentenza la Corte ha chiarito che l’associazione ha il diritto di perseguire violazioni legali della protezione dei dati da parte delle aziende, anche dopo l’entrata in vigore del regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). L’applicazione di quest’ultimo si è rivelata onerosa per le aziende, in particolare in Germania. Già lo scorso Dicembre era stata proibita la clausola che imponeva agli utenti di fornire il loro vero nome. Mentre a Febbraio 2019 il Federal Cartel Office tedesco ha disposto a Facebook di smettere di combinare i dati raccolti attraverso la sua suite di prodotti, tra cui WhatsApp e Instagram. Questa pratica era stata dichiara anticoncorrenziale. La risposta della Facebook Ink non ha tardato ad arrivare. Un portavoce della società ha sottolineato che l’impresa aveva già “completamente rivisto” i suoi termini e condizioni e la politica dei dati nel 2018. Il giovane fondatore, Marck Zuchenberg, si è trovato coinvolto in cause spiacevoli negli ultimi due anni. Sentenze che gli hanno provocato la perdita di milioni di dollari e della fiducia di milioni di utenti.
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Immagine di copertina: Pixabay