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La storia della statua a parete dell’uomo che mostra i genitali su un palazzo di Berlino

Un artwork trasgressivo della dimensione di 5 piani ricopre una facciata della sede del giornale tedesco TAZ. Un’opera provocatoria a tutti gli effetti

Friede sei mit Dir, in italiano La pace sia con te, è il nome dell’opera dello scultore tedesco Peter Lenk che dal 2009 decora la facciata del palazzo dello storico giornale tedesco TAZ. La scultura ritrae alcune persone più o meno conosciute che erano involontariamente oggetto di un articolo del giornale berlinese Bild. A fare da protagonista è la caricatura dell’ex caporedattore di Bild, Kai Diekmann, rappresentato con un pene lungo cinque piani per ironizzare su una causa che intraprese contro un giornalista che ironizzava su una sua operazione chirurgica subita al pene. L’articolo sosteneva che Kai Diekmann avesse deciso di sottoporsi ad un’operazione per ingrandire i genitali utilizzando pezzi di cadaveri umani.

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La polemica di Kai Diekmann contro l’editore di immagini Friede Springer

Nel 2002 Kai Diekmann aprì una causa con l’editore di immagini Friede Springer per aver pubblicato un articolo dal titolo «Sex-Schock! Penis kaputt?» (in italiano: Shock sesso! Pene rotto?) in cui raccontava di un’operazione fatta per ridimensionarsi gli attributi utilizzando pezzi di cadaveri. L’ex direttore di Bild non prese bene la notizia e decise di querelare l’autore dell’articolo. La vicenda si concluse con il rifiuto del Tribunale Regionale di Berlino per le accuse di violazione della privacy e diffamazione avanzate da Kai Diekmann. Secondo il tribunale il reato di diffamazione non sussisteva a causa della natura della sua posizione come direttore del giornale Bild.

Il dibattito sulla libertà artistica tra Kai Diekmann e l’autore dell’opera

Kai Diekmann chiese allo scultore Peter Lenk e al giornale TAZ, dove ha sede l’opera, che l’opera fosse abbattuta perché offensiva ed inopportuna. Il caporedattore di TAZ, Ines Pohl, rimase molto sorpresa e turbata dalla statua e molti degli abbonati alla rivista minacciarono di rescindere il loro abbonamento se non fosse stata abbattuta. La redazione del giornale però si oppose alla scelta della direttrice, criticando che se demolita sarebbe stata una violazione di libertà artistica. A distanza di quasi 10 anni l’opera è ancora presente e meta per molti turisti.

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