«Io, ricercatore italiano, a Berlino posso finalmente indagare sulla rigenerazione delle fratture»
Come e perché un giovane ingegnere biomedico si è ritrovato a Berlino in un team a metà italiano per studiare fratture e rigenerazioni
«L’idea di fare un dottorato non mi era mai passata per la testa prima di venire a Berlino nel 2014 per lavorare sei mesi alla tesi magistrale che poi ho discusso all’Università di Bologna. Qui conobbi una professoressa che mi propose la possibilità di rimanere alla Charité per un dottorato di ricerca. A giugno 2015 ho così ricevuto un finanziamento da parte della Deutsche Forschungsgemeinschaft,
Il team di Edoardo e il progetto di ricerca
«Quando mi sono trasferito a Berlino non parlavo tedesco e ancora oggi non lo parlo bene. Del resto il mio dottorato è in inglese e nel mio team di otto persone siamo quattro italiani, una francese, un iraniano, una spagnola, che è anche la supervisor del mio progetto, ed un solo tedesco. È un caso raro. Complessivamente nell’istituto la maggioranza è tedesca e oltre ai quattro già citati, non ci sono altri italiani. Il team si occupa dello studio della risposta cellulare alle stimolazioni meccaniche nel tessuto muscolare-scheletrico al fine di investigarne la risposta rigenerativa agli stimoli meccanici. Lo studio è caratterizzato da un approccio sperimentale/computazionale. In laboratorio vengono condotti degli esperimenti dove culture di cellule vengono meccanicamente stimolate per osservarne la naturale risposta. Questa risposta biologica viene tradotta in un parametro di un algoritmo computazionale che simula la dinamica di ogni cellula presente nel modello in funzione dell’ambiente meccanico circostante. In questo modo possiamo usare il modello per predire come uno specifico processo biologico venga influenzato dalle condizioni meccaniche che stiamo investigando. Nel mio caso specifico lo studio è focalizzato nel processo di rigenerazione ossea in adulti ed anziani sotto particolari condizioni di stabilizzazione meccanica. Nelle ore successive alla frattura, come accade per le ferite, si crea una risposta immunologica immediata che finisce con il portare alla formazione del cosiddetto tessuto granulare. Si tratta del tessuto che si trova tra le due estremità della frattura nei primi giorni e che poi formerà il callo osseo. La stimolazione meccanica è fornita dalle due estremità di osso che rimangono e che comprimono il tessuto. Le cellule staminali che si vanno qui a interporre riescono a “sentire” l’ambiente meccanico circostante e diventano così fibroblasti, condrociti o osteoblasti in funzione alle deformazioni meccaniche percepite. È un meccanismo che permette di rigenerare la struttura originale dell’osso seguendo le stimolazioni meccaniche. La stimolazione meccanica che studio è la combinazione di compressione e piegamento che va a guidare le cellule staminali verso una corretta differenziazione cellulare in specifiche aree della frattura. Le nuove cellule formeranno cartilagine e tessuto osseo. L’uso del gesso ad esempio serve proprio a limitare queste deformazioni e stimoli meccanici all’interno di uno spettro che permetta la giusta regolamentazione nella differenziazione delle cellule staminali e la corretta produzione dei tessuti. La sfida sta nell’identificare il range migliore perché naturalmente movimenti troppo ampi rendono difficile il fatto che la frattura si chiuda nel modo corretto e deformazioni ridotte possono generare un non voluto riassorbimento osseo. È una materia complicata, ma fondamentale per andare avanti nella ricerca per una corretta medicazione delle fatture».
Trasferirsi a Berlino, le impressioni iniziali e la voglia di Italia (prima o poi)
«Venni in gita a Berlino il quinto anno di liceo con la mia classe. La città non mi lasciò nulla a differenza di quando poi ci sono tornato per la tesi. Dopo la prima settimana qui ho iniziato a capire perché tutti quelli che ci hanno trascorso una parte della loro vita la trovino attraente. Qui ho trovato amici e colleghi fantastici ma al momento sono libero da legami particolari e ho voglia di scoprire anche nuovi luoghi, senza scartare l’Italia dove presto o tardi tutti noi espatriati vogliamo tornare e che per me significa anche e soprattutto colline marchigiane, dove magari mi trasferirò quando sarò più in là con gli anni».
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Immagine di copertina: Edoardo Borgiani