Perché nonostante l’economia voli i tedeschi sono cupi e pessimisti
Una, tante Germanie
Qual è la vera Germania? Quella in cui si vive bene e si chiacchiera spensierati in birreria? In cui si va al lago in auto nuove di zecca? Oppure quella che soffre per la disfatta della nazionale di calcio, che tentenna di fronte agli scandali che si sono abbattuti sulla sua industria? Insomma, è quella sicura di se e dei propri mezzi o quella che si sente fragile a causa dell’ instabilità politica e di un’integrazione difficile?
La Germania tra pessimismo e perfezionismo
“Il pessimismo affligge facilmente i tedeschi”, scrive l’Economist. Il settimanale inglese sottolinea come la letteratura tedesca sia intrisa di cupezza sin dai suoi albori. Si pensi al primo romanzo tedesco, “l’avventuroso Simplicissimus”, che narra le avventure di un contadino che vaga tra i resti del Sacro Romano Impero, devastato dalla Guerra dei Trent’anni. E che dire di uno dei suicidi più noti della letteratura, quello del giovane Werther raccontato da Goethe? A questo radicato tratto di pessimismo si accompagna un’altrettanto pervasiva tendenza al perfezionismo. Le minuzie si caricano di significato e diventa abitudine diffusa sbuffare per un ritardo quasi impercettibile. Il perfezionismo si profila dunque come croce e delizia dei tedeschi. Da una parte, esso rappresenta la chiave del successo dell’industria tedesca. Dall’altra, è innegabile che fare di ogni difetto un abominio determini una propensione inestinguibile al pessimismo.
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Quali sono i recenti sviluppi che preoccupano i tedeschi
L’Economist suggerisce alcuni tra i fattori che concorrerebbero ad impensierire i tedeschi. Un primo elemento è rappresentato dalla piega presa dalla Wilkommenskultur. “La cultura del benvenuto”, ispirata dalla decisione della cancelliera Angela Merkel di aprire le frontiere ai rifugiati nel 2015, tende sempre più a degenerare in scetticismo. Le difficoltà legate all’integrazione e alla convivenza di culture diverse, i diffusi casi di criminalità connessi al fenomeno migratorio contribuiscono a creare un clima di ansia e di disillusione. Incisivi, inoltre, secondo l’Economist, sarebbero lo scandalo delle falsificazioni delle emissioni che ha coinvolto l’industria automobilistica tedesca e la recente instabilità politica. La lunga negoziazione, che si è risolta nella stipulazione della storica alleanza Cdu-Csu, ha acuito il già diffuso senso di precarietà. Hanno di certo pesato anche le polemiche suscitate dall’uscita della nazionale tedesca dalla Coppa del mondo e le dimissioni del centrocampista Mesut Özil, dopo le critiche ricevute per degli scatti che lo ritraevano accanto al presidente turco Erdogan.
Per la Germania è tempo di non cedere più al pessimismo
Il connubio pessimismo-perfezionismo deve essere adeguatamente ponderato, pena il rischio di scadere nell’auto-denigrazione. L’economia della Germania avanza. Le sue infrastrutture sono all’avanguardia. La disoccupazione decresce e aumentano le esportazioni. La qualità della vita è tra le migliori al mondo, precisamente la quarta secondo l’indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite. L’incertezza politica sembra essersi tradotta in un durevole equilibrio. Anche la situazione migratoria fa registrare significativi miglioramenti. Ad aprile del 2018, il 26% dei rifugiati entrati in Germania dal 2015 risultava occupato. La prospettiva di un’ armonica integrazione appare meno utopica se si tiene conto del sempre più frequente radicamento nella vita pubblica di persone con origini straniere. Non essere sufficientemente consapevoli di questi traguardi potrebbe contribuire all’indebolimento degli equilibri economici internazionali. “I pessimisti non investono”, chiosa l’Economist. Per il bene del proprio Paese e per la tenuta dell’ordine internazionale liberale, i tedeschi, più che ripiegarsi su se stessi, dovrebbero brindare ai propri successi.
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