“Berlino 1981? Era unica”. Massimo Zamboni dei CCCP racconta la vita di un italiano prima del muro

“Io e Giovanni ci siamo conosciuti ad Adenauer Platz nel 1981. All’epoca Berlino Ovest aveva tantissimi localacci post-rock e pre-punk ed il nostro incontro avvenne in uno di questi, il Superfly. Ci andavo sempre per sfogarmi alle due dopo aver finito il turno nella pizzeria dove lavoravo come cameriere”. A parlarci per questa esclusiva intervista è Massimo Zamboni, ex celebre chitarrista dei CCCP e CSi,  ora impegnato tra le varie cose nella carriera solista, spesso affiancato dalla cantante Angela Baraldi, emiliana come lui. Massimo conosce bene Berlino. Qui iniziò quel rapporto con Giovanni Lindo Ferretti con cui condivise le esperienze con le due band.

Berlino 1981. “Era una città unica, gonfia di colpe e espiazioni, ancora in parte rasa al suolo dai bombardamenti di guerra, popolata da vecchi, da turchi, da una minima classe lavoratrice, occupata da giovani europei agitati da una gran voglia di prendersi in mano la propria vita. Il Muro ritagliava settori e quartieri con pochi contatti tra loro, ma molto configurati e forti. Un fascino ostile, incandescente, sotto un cielo gonfio di minacce, sopra un suolo libertario e tollerante: tutti ingredienti, questi, adatti a esaltare la vitalità, la speranza, anziché deprimerle. Stranamente si poteva dire che l’impossibilità del movimento ad Ovest riusciva a generare una senso di libertà impossibile da respirare altrove. Una volta con i CCCP suonammo al Cafè Kob. Pieno imballato, il nostro camerino ha preso fuoco durante il concerto, Fatur ha tagliato con una zappa il cavo del microfono di Giovanni, io ho rotto in un colpo solo tre corde di chitarra (record mai raggiunto da nessuno). Eravamo così: perfetti per quella Berlino”.

Le ragioni del trasferimento di allora. “All’epoca eravamo andati a Berlino per sfuggire all’idea di lavorare. Quel progetto di vita che in Italia sembrava imprescindibile ci appariva come una tagliola insostenibile. Eravamo in cerca di avventure e pensavamo che solo una città così squilibrata ci poteva dare. Quando poi cadde il muro capimmo che un’intera era era crollata, anche se non ci illudemmo che la caduta del muro fosse la caduta dei muri”.

Berlino Oggi. “Osservarla a intermittenza da trenta anni è un grande privilegio, per me. La trovo ancora una città molto accogliente, con poco traffico, dove si può vivere e convivere bene con un centinaio di etnie diverse. Si possono riempire gli angoli, mangiare per strada portando il proprio tavolo, bivaccare nei parchi e dormire sulle aiuole. La storia ha ancora un suo peso. Mi appare scolpita, non rimossa nonostante i tentativi dell’amministrazione. La DDR si è trasformata in un brand molto fascinoso. Forse è un meccanismo di espiazione, o quantomeno di ”cementificazione” della memoria”.

Un luogo, un libro, un film e un concerto che rappresentano al meglio Berlino. “Mi sono fissato nell’idea che per capire Berlino – e ancor di più Berlino est – occorra leggere Kafka, i racconti e Il Castello in particolare. Con quale preveggenza abbia potuto immaginare inconsapevolmente quel sistema di controllo è sorprendente.  Quanto ai luoghi, amo un angolo, lo Shiffbauerdam, accanto alla statua di Brecht. Da lì si vede Berlino nella sua nudità. Quanto ai film, in questi giorni pensavo a Germania Anno Zero di Rossellini… da guardare e riguardare. Ah, ma obbligatori il mio “Il mio primo dopoguerra” (il libro pubblicato nel 2005, ricco di racconti sulla sua Berlino n.d.r), e Ortodossia di CCCP!”  

zamboni