Verso il tramonto sopra il Muro di Berlino
La fuga verso il tramonto di Daria Lombardi
(dal Workshop di Scrittura Creativa “Scrittori Emigranti”)
Mancavano ormai pochi secondi all’arrivo del treno, il treno che l’avrebbe trascinata via da lì e portata ad ovest per sempre. L’attesa la stava consumando. Ci aveva messo vent’anni prima di decidersi, aveva sentito storie, di ragazzi che come lei volevano raggiungere l’altra parte di cielo, quel cielo che sembrava non rannuvolarsi mai, e aveva udito gli spari dei cecchini dal suo appartamento, così dannatamente vicino al muro e dal quale non riusciva a vedere il tramonto.
Il piano non era perfetto, non lo sarebbe mai stato. L’unica cosa da fare era smettere di rimandare e passare all’azione. Eppure si trovava ancora una volta impietrita, senza potersi muovere, respirando a stento. Sentì chiaramente il ferro delle rotaie cedere sotto il peso del metallo, il grido stridulo dei freni che si consumavano e le porte aprirsi con forza, con aria di sfida. Non poteva fare altro che aspettare e farsi cullare dal movimento dei passi, finchè uno strattone improvviso le fece capire di trovarsi sul ripiano dei bagagli. Lo scompartimento era pieno di pendolari che come Peter avevano un permesso speciale per poter passare da una parte all’altra, uomini e donne abituati ad essere perquisiti costantemente. L’unica speranza di Doris era quella di passare inosservata, incastrata tra due valigie troppo strette per poter accogliere una persona. Sapeva che il viaggio sarebbe durato una ventina di minuti, ma in quello spazio claustrofobico il tempo non esisteva e i secondi si confondevano facilmente con le ore. La porta dello scompartimento si aprì più volte, nascondendosi lateralmente al passaggio di qualcuno. Ogni passo poteva essere quello deciso ed arrogante di un agente della Vopos, intento ad ispezionare ogni angolo del treno da bravo segugio dello stato.
Mentre teneva gli occhi chiusi e cercava di rimanere immobile, Doris sentì d’un tratto quella voce che le sarebbe rimasta impressa per tutta la vita, chiedere i documenti ai viaggiatori. Rimase in ascolto quando Peter azzardò un commento spensierato sul tempo, non era la prima volta che portava qualcuno dall’altro lato e sapeva bene come distogliere l’attenzione del controllore dai carichi pesanti che si trovavano sopra la sua testa. Da lassù lei invece non poteva fare nulla, la ragione cercava di implorarla a mantenere la calma, ma il cuore nel petto sembrava ribellarsi con violenza e la stoffa che foderava la valigia le toglieva il respiro stringendolesi attorno. Passò del tempo, impossibile dire quanto, ma quando poi Doris riprese a respirare si rese conto di essere ancora lì, incastrata tra le due valigie, mentre la voce del capotreno annunciava l’arrivo in stazione. Possibile che il viaggio fosse già finito? Percepì la forza della frenata spostarla in avanti per poi riportarla indietro, il movimento confuso dei passeggeri indaffarati a recuperare i propri fagotti e lo strattone di Peter che finalmente l’avrebbe portata alla libertà, alla famiglia, a quel tramonto che finalmente sarebbe tornata a rivedere.
Foto di copertina: Il Muro di Berlino vicino alla Porta di Brandeburgo, il 16 novembre 1989 © Yann Forget CC BY-SA 3.0