Tra Est e Ovest di Berlino: la doppia vita del celebre direttore d’orchestra Otmar Suitner
E i “fortunati”? Quelli che avevano un passaporto straniero, magari un lavoro di prestigio, e quindi la possibilità di muoversi tra l’Est e l’Ovest di Berlino? Che vita è stata la loro?
Questa non è solo la storia di un austriaco nella Repubblica Democratica Tedesca, di un uomo importante, che fu direttore stabile dell’Opera di Stato della parte est della città divisa, ma è anche la storia (quasi moderna) di una famiglia “patchwork” ai tempi della DDR.
Anni complicati
Otmar Suitner vive nel pieno degli anni difficili della Germania del dopoguerra ma è, appunto, un “fortunato” per così dire, uno che, con un regolare passaporto austriaco, può viaggiare. E lo fa, infatti. Non solo per lavoro, con le sue orchestre in teatri lontani, ma anche per amore, tra l’est e l’ovest di Berlino. In entrambe le parti della città Otmar Suitner aveva una donna, che volle e potè non lasciare. Con la moglie Marita risiedeva all’est, vicino al teatro in cui lavorava, la Staatsoper Unter den Linden, e ogni fine settimana faceva visita all’altra donna e al figlio avuto insieme.
Otman Suitner
Suitner nasce nel 1922 ad Innsbruck, studia pianoforte nella sua città natale, poi inizia lo studio della direzione d’orchestra al Mozarteum di Salisburgo. Dà avvio abbastanza giovane ad una carriera fortunata e arriva nel 1964 alla Staatsoper di Berlino. Lavora lì fino al 1971, e poi di nuovo dal 1974 al 1991. Giunto nella capitale tedesca si trova alle prese con una situazione caotica: il teatro era stato gravemente danneggiato durante la Seconda Guerra Mondiale e solo da pochi anni era stato rimesso in piedi. Inoltre, dei 150 musicisti dell’orchestra della Staatsoper, la Staatskapelle, solo 37 erano rimasti all’Est. Gli altri, dopo la costruzione del muro, sono scappati tutti all’Ovest. Questa epidemia di musicisti spaventerebbe molti, ma non ferma il giovane Suitner. Con i pochi rimasti, con questa scarna orchestra, inizia un’opera imponente, costruisce con loro un repertorio dalle dimensioni colossali, nel quale oltre ai classici trovano posto anche un certo numero di anteprime mondiali.
In quanto cittadino austriaco Suitner gode di una certa libertà artistica e personale
Egli la utilizza con intelligenza, avendo sempre a cuore il bene della musica. Il suo passaporto straniero, infatti, gli concede un certo spazio decisionale ma anche di fare proposte per il tempo “azzardate”. Riesce a far mettere in cartellone opere non proprio ben viste dalla DDR e organizzare delle messe in scena del tutto innovative.
Suitner ama particolarmente l’opera del Bel Paese, sua madre è non a caso italiana, ma i suoi cavalli di battaglia, i compositori che gli fanno battere il cuore, sono Mozart, Strauss e Wagner. Ed è proprio con il Tannhäuser di Wagner che si reca a Bayreuth dove conosce una giovane studentessa di storia del teatro. Si chiama Renate Heitzmann ed è molto più giovane di lui. E’ un uomo d’altri tempi, Suitner, un “cavaliere” che approccia le donne, sua indiscussa passione, con eleganza e baciamano. Non appena vede la giovane se ne innamora perdutamente e questa volta non è come una delle tante scappatelle che la moglie Marita gli concede. Vuole entrambe: non riesce a rinunciare a nessuna delle due. Da lì in poi la vita di quest’uomo e di queste due donne è un tentativo continuo di mantenere in piedi un difficile triangolo d’amore. Fino a che tutti questi compromessi diventano quasi normali, anche vivere all’Est con la moglie e avere l’altra donna con il figlio nell’Ovest.
Vita artistica e vita privata
Il figlio però, Igor Heitzmann, conosce poco il padre. Lo vede, sì, tutte le domeniche a pranzo con la mamma e spesso con la moglie, e ogni tanto si ferma a dormire da loro, ma in realtà non sa molto di lui. Il loro rapporto è fatto di telefonate affrettate e cartoline con parole fugaci scritte dai camerini dei più grandi teatri del mondo, alla fine delle quali, non senza un certo senso di colpa, si firma “dein Rabenvater”, il tuo padre snaturato.
Suitner fu un uomo di prestigio e di alta levatura artistica, ebbe talmente tanto successo che fu uno dei pochi ad essere premiato sia dalla DDR che dal papa, Paolo VI. Nel 1963, gli consegnarono il Nationalpreis della DDR nella classe dell’arte e della letteratura e, dieci anni dopo, l’Order of St. Gregory. Igor invece, fin da bambino, dichiarò a gran voce di non avere talento musicale, non voleva studiare la musica, cercava di evitare in ogni modo le orme paterne. Vide dirigere il padre per la prima volta quando ormai era adulto e nell’osservarlo sul palco si chiedeva se quelle mani che si agitavano e sulle quali erano puntati gli occhi di tutta l’orchestra fossero davvero quelle di suo papà.
Nel 1990 in seguito ad una diagnosi di Parkinson, Otmar Suitner posò la bacchetta. Non sopportava che quel tremore, all’epoca appena accennato, potesse compromettere un’esecuzione musicale rigorosa. Nello stesso periodo, a ridosso della caduta del muro, le due famiglie si riunirono.
Nach der Musik
Igor Heitzmann, ora regista e tuttora a Berlino, ha deciso di girare un documentario nel quale, con dolcezza, racconta non solo la storia artistica del padre ma anche la storia privata, intima del direttore austriaco.
Il risultato è Nach der Musik: un viaggio di musica e di amore tra l’Est e l’Ovest della Berlino della DDR.
http://https://www.youtube.com/watch?v=7tXcB_bszCc
[adrotate banner=”34″]
SEGUI TUTTE LE NEWS SU BERLINO, SEGUI BERLINO MAGAZINE SU FACEBOOK
[adrotate banner=”34″]