Tedeschi con il senso del ritmo? In Germania il tango è leggenda
Alle orecchie di molti “tango tedesco” appare un ossimoro. Eppure il legame tra questi due elementi è fatto di un filo doppio: non solo la Germania contribuì in maniera determinante allo sviluppo della musica per tango, ma fu proprio in Germania che quest’arte trovò una seconda patria, dopo i bassifondi di Buenos Aires e Montevideo.
Ma andiamo con ordine. Nel 1846 Heinrich Band, un tedesco originario di Krefeld, inventò quello che diventerà lo strumento per eccellenza del tango: il Bandoneon. Il suo arrivo in Argentina si deve grazie agli immigrati salpati dall’Europa. Secondo alcuni c’è in particolare un nome da tenersi a mente, quello di un marinaio inglese che probabilmente ne portò il primo esemplare oltre oceano: Thomas Moore. Quando a Buenos Aires si conobbe il bandoneon, intorno ai primi anni Venti, questa specie di fisarmonica divenne strumento chiave della “Orquesta Tìpica” e scalzò il violino, la chitarra, e anche il pianoforte e la fisarmonica. Il suo suono languido e struggente rappresentò meglio di qualsiasi altro l’essenza dell’arte tanguera. I testi che si innestano sulla musica trattano spesso argomenti “scomodi”; nei primi anni del Novecento tanghi e milonghe, infatti, rappresentarono un luogo dove poter denunciare le ingiustizie e contribuirono a sfatare l’idea che la canzone dovesse essere solo un intrattenimento senza alcun contenuto sociale e politico.
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Dopo che il bandoneon arrivò in Argentina, fu il tango, inteso come musica e danza, a giungere in Europa. Reputato, però, peccaminoso e troppo sensuale, nel 1913 fu proibito in Baviera, attraverso la promulgazione di un decreto speciale del Kaiser Guglielmo II. Ironia della sorte, dopo non troppi anni, non solo questo genere si arroccò in territorio tedesco appassionando il popolo teutonico, ma addirittura si sviluppò, proprio nella moralista Germania, una corrente tedesca del tango argentino. Nomi famosi legati all’arte tanguera, uno fra tutti Carlos Gardel, si esibirono in tutta Europa, ma con particolare frequenza in suolo tedesco. Si sviluppò qui una corrente di musicisti e di interpreti, che con l’aria di Buenos Aires avevano ben poco da spartire. In particolare a Berlino, complice anche la presenza di un centro per la produzione di dischi, che nel primo Novecento rappresentava la conditio sine qua non per la diffusione della musica, molti musicisti si dedicarono ad una lettura personale della passione sudamericana. Non si vollero limitare ad eseguire i pezzi più celebri e i passi più difficili del tango. Essi elaborarono, invece, una propria interpretazione dell’originale argentino, che prenderà proprio il nome di “tango tedesco”. Forse gli mancava un po’ del tormento e dello struggimento sudamericano, ma d’altra parte questo genere aveva assunto in Europa, in primo luogo, un significato economico e commerciale. Molti compositori di operette, per esempio, integrarono alcune caratteristiche tipiche della musica per tango nelle loro composizioni, per aggiungere quel tocco esotico che faceva sgorgare abbondanti applausi dal pubblico seduto a teatro.
Una volta messo piede in Germania il tango si contamina ulteriormente con gli influssi provenienti dall’est Europa e dalla musica gitana. I testi parlavano tedesco e trattavano argomenti sempre cari alla contemporaneità, perdendo talvolta quella sfumatura di critica sociale che invece era più frequente in quello di Buenos Aires. Durante il nazionalsocialismo pare che, a differenza del jazz, il tango non fu vietato. I musicisti e i compositori ebrei di musica per tango ricevettero, naturalmente, sempre meno commissioni, a favore degli autoctoni tedeschi. Fu così che l’arte tanguera perse uno dei contributi più antichi della sua storia. Fin dalle sue origini, infatti, è profonda l’impronta ebraica nella produzione di tanghi: l’Argentina ospitò nelle sue terre una fetta consistente di ebrei emigranti. C’è la famosa Ich hab kein Heimatland (“Non ho nessuna patria”), un testo doloroso scritto nel 1933 da Friedrich Schwarz, un giovane compositore ebreo sulla via della deportazione. Egli stesso nella sua ultima lettera aggiunge a questa sua ultima composizione la specificazione di “tango ebreo”, Judischer Tango.
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La storia del tango in Germania rimane ancora per molti versi un argomento “oscuro”, poco studiato, che non può vantare contributi significativi specialistici che ne permettano una conoscenza più approfondita. Che però la Germania abbia un legame così stretto con questo aspetto della cultura sudamericana, non è poi difficile da notare. Solo Berlino ospita alcuni tra i più rinomati musicisti contemporanei dediti alla musica per tango e c’è un’offerta vivace di corsi, concerti, associazioni di amatori.
Insomma, la storia rimane incerta ma la passione tedesca per il colore e il calore del tango è, invece, costante nel tempo.
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Per assaporare quest’atmosfera un po’ antica ci sono due posti in particolare che è consigliabile visitare: la Clärchens Ballhaus, che oltre a essere un posto meraviglioso anche solo da vedere, organizza nelle sue splendide sale dei corsi di tango, e lo Strandbar dove qualche giorno la settimana ci sono delle serate di tango, aperte a chiunque voglia esibirsi. E’ un luogo romantico, sulla Sprea, che si affaccia davanti all’Isola dei Musei. Indimenticabile.
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