Cohousing: non solo appartamenti, a Berlino si condividono anche i palazzi
In una piccola traversa di Frankfurter Allee, nel cuore di Friedrichschain, si nasconde una piccola perla di architettura contemporanea. Non visibile dalla strada, si trova un palazzo di 4 piani che all’esterno si distingue per un misto di superfici vetrate, lastricate di legno e tratti di cemento vivo.
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La particolarità di questo edificio, non è però il suo stile moderno e piacevole, bensì è il progetto che esso simbolizza a destare la nostra attenzione. I dieci nuclei familiari che vivono negli appartamenti aderiscono infatti ad un cohousing.
In uno di questi appartamenti ci aspetta Andrea, altoatesino di nascita ma berlinese da abbastanza anni per capire che un’idea come la sua è realizzabile. Accogliendoci nel grande open space del suo appartamento, la prima cosa che ci racconta è, effettivamente, che cosa un cohousing sia.
Un progetto del genere prevede un aggregato di alloggi privati, che siano “accompagnati” da spazi comuni cui fine sia quello di vivere insieme gestendo questi spazi comuni in maniera collettiva in modo che si ottengano vantaggi sociali ed ecologici, oltre che economici. Ogni nucleo familiare vive in una casa propria, ma tutti i partecipanti al progetto hanno l’intenzione di supportarsi a vicenda e vivere momenti e spazi insieme. Sono molti i progetti di cohousing presenti sui territori, sia tedeschi che italiani; ognuno presenta le sue peculiarità, ma quello di F’hain ha connotazioni molto ben definite. Davanti ad una tazza da the, Andrea continua spiegandoci come è nata la loro idea. Durante gli studi sociologici, si interessa a questo tipo di “modus-vivendi” e una volta a Berlino, diversi amici coltivano la stessa intenzione di creare un co-housing.
Dalla semplice chiacchiera, nata durante una vacanza di una decina di anni fa, le famiglie intenzionate a partecipare ad un progetto simile si cominciano ad organizzare e i due principali promotori, sono proprio Uli, artista, e Chris, architetto tedesco che si occuperà poi della progettazione dell’edificio. La condivisione di spazi sta anche nello scheletro di questo, infatti ogni appartamento è diverso dagli altri: i soffitti hanno altezze diverse l’un dall’altro e i muri non hanno mai la stessa disposizione. Questo significa che le decisioni architetturali per una casa influenzano anche quelle adiacenti.
Gli spazi comuni in questo caso specifico, sono l’immancabile grande giardino dotato di bellissime giostre di legno per i bambini.
Meno classico è invece l’appartamento comune dell’ultimo piano. Utilizzato per gli eventi che ogni famiglia propone alle altre (che viene poi segnalato sulla grande lavagna all’ingresso del palazzo), questa piccola casetta è dotata di cucina e bagno, il tutto in miniatura, dato che il suo pezzo forte è l’enorme terrazzo che si estende per quasi tutto il tetto dell’edificio. E’ qui che la maggior parte delle attività vengono svolte, dal più classico dei barbecue, ai brunch domenicali consumati sotto il sole.
Nei sotterranei esiste anche una grossa cantina che presto verrà allestita come laboratorio di falegnameria, la nostra “guida” ci spiega che molti inquilini hanno questo hobby, si è quindi deciso comunemente di allestire l’officina. Per ora, solo uno splendido calcetto occupa la grossa stanza, mentre fuori dalla cantina notiamo una piccola cassettina affissa al muro. Serve a contenere le chiavi della Fiat Punto di Andrea che ora è messa a disposizione per tutti gli abitanti della casa. Dentro, troviamo anche una calamita con uno schema del parcheggio fuori. Serve a segnalare la posizione dell’automobile per l’utilizzatore successivo, semplice ma efficace.
Tornati nel grande open space, dove Andrea vive con il suo fidanzato Max, fanno la comparsa due gattoni che passeggiano sonnecchianti per l’appartamento. Dopo il car sharing, veniamo a contatto con il cat sharing del cohousing. I gatti in totale sono tre (qualche minuto dopo ci raggiungerà anche l’ultimo della compagnia) e anche se hanno una padrona, sono liberi di muoversi per tutti gli appartamenti.
Mentre scopriamo anche l’altra parte della casa, dove una parte al momento è abitata da una ragazza, sentiamo la porta bussare, è Juno, seconda di due figlie di Sandra, che vive dirimpetto ad Andrea e Max. Pare si sia di nuovo fulminata una lampadina in cucina, il nostro cicerone ci lascia per qualche minuto e va a risolvere il problema nell’altra casa. Questo piccolo episodio ci dà l’assist per sapere come si svolge la vita quotidiana all’interno di un cohousing, come funziona quel “supportarsi” che ci era stato presentato all’inizio. Per esempio chi ha figli può lasciarli in altre case di chi, nel momento del bisogno, ha tempo e voglia. Sempre per i bambini vengono organizzati piccoli momenti ricreativi gestiti di volta in volta da un “grande” che propone l’attività. Al piano di sotto visitiamo la casa di Anja, pasticcera provetta che periodicamente organizza grandi cene per chiunque voglia partecipare.
Lo spirito è quello della condivisione, pur avendo uno spazio proprio ed una sfera privata. “In una giornata storta, nulla evita di chiudere la porta a chiave e stare in solitaria per un pò” specifica Andrea. Il tempo a nostra disposizione termina e noi ci congediamo dagli inquilini del cohousing tra grossi sorrisi e ringraziamenti verso chi ha aperto le porte della propria casa.
La sensazione è quella che l’idea funzioni bene e che ogni parte del suo insieme faccia il necessario per mantenere viva quest’idea, che per molti può sembrare utopistica, ma nella realtà dei fatti presenta poche variazioni in quella che è una normale vita spesa in un agglomerato di case, anche se qui ci troviamo in una grossa metropoli e tutto è un po’ più impersonale.
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