Nel ’74 sparò a un uomo in fuga verso ovest. Ora un ex agente della Stasi rischia 12 anni di carcere

Un ex agente della Stasi, ormai 80enne, rischia 12 anni di carcere per l’omicidio di Czeslaw Kukuczka, un pompiere polacco di 38 anni

Nel marzo del 1974 Kukuczka si era presentato all’ambasciata polacca di Berlino Est, chiedendo il permesso per andare a Berlino Ovest, per raggiungere i propri familiari e minacciando di far esplodere una bomba in caso di rifiuto. La richiesta venne accolta, ma secondo due storici l’ambasciata polacca informò segretamente la Stasi, la polizia segreta della Germania dell’Est. Arrivato al terzo ed ultimo checkpoint, quello di Friedrichstrasse, Kukuczka venne sparato alla schiena da una distanza di due metri. Ad ucciderlo fu Martin Naumann, ex agente della Stasi, oggi accusato dell’omicidio dell’uomo polacco. L’ordine era di “renderlo innocuo”, termine utilizzato nei documenti della Stasi per indicare l’eliminazione di oppositori politici. Per decenni il caso è rimasto irrisolto, solo l’anno scorso la procura di Berlino ha deciso di riaprire le indagini. Il processo iniziato a marzo 2023 sta per chiudersi, con il verdetto finale atteso il 14 ottobre.

L’apertura del caso

Le indagini sull’uccisione di Kukuczka iniziarono solamente negli anni ‘90, dopo la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione della DDR. Tuttavia, nel 2005, il caso venne archiviato per insufficienza di prove. Solo nel 2016 furono scoperti nuovi documenti dell’archivio della Stasi che evidenziavano ulteriori dettagli sull’omicidio, tra cui la notizia che Naumann avrebbe addirittura ricevuto una medaglia per l’esecuzione. Di fronte a queste nuove prove, il tribunale polacco di Posen emise un mandato d’arresto nei confronti dell’ex agente nel 2021. Tuttavia, la richiesta di estradizione fu respinta. Lo scorso ottobre, la procura di Berlino ha deciso di riaprire il caso, portando finalmente Naumann a processo per omicidio colposo.

Il processo

Il 14 marzo 2023 è iniziato il processo al Tribunale penale di Moabit a Berlino. Sin dall’inizio Naumann ha negato tutte le accuse e ha rifiutato di rilasciare testimoniare o dichiarazioni. L’accusa guidata dal procuratore Henrike Hillman conferma la validità della prove, grazie anche alla testimonianza di tre donne che all’epoca, ancora bambine, erano in gita a Berlino Est e si trovavano sul luogo dell’omicidio. Hillman aggiunge che l’accusato avrebbe potuto sparare Kukuczka a un braccio o una gamba, riuscendo così a neutralizzarlo ugualmente.
Nonostante ciò la difesa, rappresentata da Andrea Liebscher, sostiene che le prove non siano comunque sufficienti e che la vittima fosse consapevole del rischio che stava correndo con la sua minaccia di far esplodere la bomba. Per questo Liebscher chiede l’assoluzione dell’ex agente. Il verdetto della Corte è atteso per lunedì 14 ottobre 2024.

L’importanza del processo

Il processo a Martin Naumann rappresenta molto di più di un semplice giudizio su un caso isolato.
Tra il 1961 e il 1989, centinaia di persone persero la vita tentando di fuggire dalla Germania dell’Est o di oltrepassare il Muro di Berlino. In molti casi, i responsabili non furono mai portati davanti alla giustizia, anche a causa dei ritardi nelle indagini
Il caso Naumann mette in luce le sfide che il sistema giudiziario tedesco deve ancora affrontare per fare luce sui crimini commessi durante il regime comunista della DDR. L’esito del processo sarà significativo non solo per la famiglia di Czeslaw Kukuczka, ma per tutte le vittime della repressione comunista e i tanti che attendono ancora giustizia. 
La fine dei regimi comunisti nei paesi dell’ex orbita sovietica, in seguito alla caduta del Muro di Berlino e alla dissoluzione dell’URSS, ha presentato a questi paesi lo stesso problema: se processare o meno gli ufficiali e i funzionari per gli orrori perpetrati durante i regimi totalitari. Nella maggior parte dei casi si è deciso di non processarli, non solo per la lentezza delle indagini, ma anche per l’età degli accusati, che come nel caso di Naumann, sono ormai anziani.

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